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Buone nuove dal Pakistan. In carcere alcuni degli assassini di Salman Taseer, islamico amico dei cristiani
NEWS 29 Luglio 2015    

Buone nuove dal Pakistan. In carcere alcuni degli assassini di Salman Taseer, islamico amico dei cristiani

della redazione di AiaNews

 

Una corte dell’antiterrorismo ha condannato ieri a cinque anni di carcere cinque parsone, accusate dell’attacco contro una fiaccolata organizzata lo scorso gennaio dalla società civile per celebrare il quarto anniversario della morte del governatore del Punjab Salman Taseer.

Il politico liberale era stato ucciso da un uomo della scorta per aver definito – durante un’intervista in cui difendeva Asia Bibi, madre cristiana detenuta per aver insultato il profeta Maometto – una “legge nera” la controversa legge sulla blasfemia. Suo figlio, Shahbaz Taseer è stato rapito nel 2011 e non si hanno notizie di lui.

La sera del 4 gennaio scorso, la fiaccolata si stava svolgendo nel migliore dei modi quando il gruppo è stato attaccato insieme al cameramen che li seguiva. L’intera nazione ha visto in diretta l’attacco, che è durato circa 20 minuti. Saeeda Deep, una donna che partecipava all’evento, stava portando la sua candela in ricordo del governatore assassinato quando un gruppo di giovani armati di manganelli ha caricato il gruppo: “Ho ricevuto dei colpi sulle spalle. Alcune persone mi hanno spinto via – racconta ad AsiaNews – e li abbiamo guardati innalzare poster e cartelli a favore dell’attuale governatore [appartenente alla Pakistan Muslim League ndr]. Ero spaventata e non sapevo cosa fare. Non ci aspettavamo una cosa così”.

Gli assalitori sono fuggiti all’arrivo della polizia. Deep, sostenitrice dell’Istitute of Peace and Secular Studies, racconta: “Ci siamo rifiutati di lasciare la stazione di polizia e siamo rimasti lì fino alle 23.30, fino a che [la polizia] non ha presentato il primo rapporto”.

Anche assistere alle udienze in tribunale è stato doloroso. Gli accusatori e i giornalisti sono stati umiliati da gruppi religiosi durante il processo. Deep ricorda che “gli accusati continuavano a ridere mentre un giornalista attaccato forniva la sua testimonianza. Uno dei membri del gruppo – continua la donna – mi ha mostrato il dito medio quando il giudice ha fatto una pausa. Avevano la stessa età dei miei figli: mi sono sentita indifesa. Questo è quello che accade quando la religione viene utilizzata in politica e le persone che la interpretano male sono al potere”.

A seguito dell’attacco, che ha messo a tacere il gruppi cristiani per i diritti umani, Deep ha organizzato proteste alla rotonda Liberty di Lahore, ogni fine settimana per tre mesi consecutivi.

La condanna dà però coraggio alle organizzazioni per i diritti umani nel Paese islamico e riconferma in parte la loro fiducia nel sistema. Samson Salamat, un altro accusatore nel processo, lo definisce “un buon inizio”. L’uomo si è infortunato il polso destro quando uno degli assalitori, col volto coperto da una sciarpa, ha tirato via il manifesto col ritratto del governatore. Samson dice di aver sentito dire: “Ti daremo una lezione per aver osservato il brsi (anniversario della morte) di un kafir (infedele)”.

Samson, che è direttore del Centro per l’educazione ai diritti umani, ha detto: “Apprezziamo le corti per aver affrontato i fanatici religiosi e coloro che organizzano assalti violenti. Nonostante ciò – avverte l’uomo – il principale colpevole, che appartiene ad una madrassa, non è stato ancora trovato e chiediamo il suo processo urgente. Ringraziamo anche i media che hanno fatto delle riprese tempestive e hanno aiutato nell’identificazione dei colpevoli”.