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Il diktat della “Chiesa Rep”: niente preci per i defunti
NEWS 30 Maggio 2019    di Andrea Zambrano

Il diktat della “Chiesa Rep”: niente preci per i defunti

 

 

Vietati i Rosari, ma vietate anche le preghiere per i defunti. Specie se fatte da un avversario politico. Il nuovo fronte che ha investito il senatore leghista Simone Pillon spiega bene come oggi ad essere osteggiato non sia tanto l’essere cattolici, ma il rivendicarlo in uno spazio civile e aperto. Pillon è stato letteralmente massacrato da tutti i generali del clan Repubblica, da Michele Serra a Massimo Giannini di Radio Capital (stessa famiglia) per essersi permesso di pregare per l’anima di Vittorio Zucconi, scomparso l’altro giorno. Ebbene: con un post semplice semplice Pillon aveva detto: «Prego per lui, perché al di là delle inutili e faziose celebrazioni di Repubblica, si salvi l’anima. Ora, dove si trova, vede tutto molto più chiaramente». Apriti cielo. Ecco quanto gli ha detto il direttore di Radio Capital: “Questo signore è un miserabile e Vittorio non ha bisogno delle sue preghiere. Provvederà da solo alla cura della sua anima senza l’aiuto peloso di Pillon”. Non da meno le reprimenda appuntita di Michele Serra che accusa Pillon di sequestro di persona post mortem e lo invita a pensare all’anima sua perché “alla nostra provvediamo noi”.

A prima vista le parole di Pillon potrebbero sembrare un’intromissione nella vita di una persona – Zucconi – che non conosceva e che si sta giudicando in modo inopportuno. E questa è la lettura superficiale che il clan Rep ha dato di questa vicenda.

In realtà le cose stanno diversamente. Anzitutto perché Pillon non ha fatto nient’altro che pregare per un’anima, ma oggi anche il solo farlo è considerata una “bigotteria” da oscurantisti e quasi una violenza, se la preghiera non è richiesta.

Ma è bene capire perché l’esponente del Carroccio si sia interessato all’anima di Zucconi. Non per narcisismo, ma per un fatto personale, che lo aveva coinvolto qualche mese prima, come un tranello.

Nel settembre scorso Zucconi lo chiamò su Radio Capital per parlare di affido condiviso, il progetto di legge promosso proprio da Pillon, ma una volta stabilito il collegamento telefonico venne aggredito dal giornalista che lo incalzò chiedendogli di confermare o meno una intervista precedente che il senatore aveva rilasciato alla Stampa riguardante l’aborto.

“Perché volete costringere le donne a non essere libere?”, chiese Zucconi, una, due, tre volte. Pillon fiutò la trappola e si limitò a rispondere di essere stato chiamato per parlare di affido condiviso, ma questi insisteva: “Perché lei ce l’ha tanto con l’autonomia delle donne?”. A nulla valsero le giustificazioni dell’avvocato bresciano di essere figlio di una madre e quindi di amare le donne. Come accade spesso i toni si accesero, ma più per la rabbia schiumante di Zucconi di fronte alle non risposte di Pillon a quelle che non erano più domande, ma un terzo grado. Zucconi, spazientito lo mandò a quel paese e gli fece togliere l’audio.

Oggi Pillon non gli dice “arrangiati”, ma prega per la sua anima, la sola cosa che cristianamente si possa fare per lui.

Ciò che è più sconcertante è la montante marea di fastidio, rabbia e diabolica inimicizia che compare sui social o sui giornali ogni volta che una persona prova ad alzare lo sguardo un po’ più in altro per invitare alla preghiera per le anime dei defunti. Era accaduta la stessa cosa anche a Costanza Miriano, la giornalista Rai che pochi giorni dopo il terremoto di Norcia venne letteralmente massacrata perché di fronte alle rovine delle sue amate città umbre avanzò un invito a pregare per le anime di tutte le persone morte. Un invito banale, se detto al chiuso di una chiesa da un vescovo, ma un insulto se fatto invece sulla pubblica piazza. Perché di vita eterna, di giudizio, di Paradiso e Inferno non si può parlare pena appunto l’accusa di oscurantismo e di crudeltà. Eppure chi odia così tanto la preghiera vicaria per le anime in fondo si fa chiesa di se stesso e non riesce a vedere lo sguardo innamorato di Dio e preferisce catalogare la fede come superstizione e la richiesta di indulgenza – notò la Miriano – come un rito magico. E’ una mancanza di uno sguardo di amore per la quale, anche stavolta non c’è da far nient’altro che…pregare.

 

 


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