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Dio non si è sbagliato con la tua vita, parola di Costanza Miriano
NEWS 1 Settembre 2020    di Raffaella Frullone

Dio non si è sbagliato con la tua vita, parola di Costanza Miriano

Esce domani per Sonzogno l’ultimo lavoro di di Costanza Miriano: Niente di ciò che soffri andrà perduto – Mistica della vita quotidiana. Come sempre frutto di un intreccio di storie tra cielo e terra, come sempre destinato a far discutere, questa volta incentrato su quel dolore che graffia, scortica, soffoca, al punto che si vorrebbe scappare via per non penare più.

Niente di ciò che soffri andrà perduto … ma siamo proprio sicuri?

«Guarda, non cominciamo con le domande difficili, ché già questo libro sulla sofferenza è stato il mio più sofferto (e se non fossi rimasta bloccata a casa a causa del lockdown starei ancora cercando di scriverlo), per molti motivi. Intanto perché parlare di sofferenza cercando di rimanere un po’ leggeri – cosa che desideravo fare – non è sempre semplice, poi perché alcune storie che racconto qui riguardano persone a me molto care (è soprattutto un libro di storie). Comunque sì, sono proprio sicura. Non che ogni sofferenza sia un guadagno, ma che lo sia se accolta con la certezza che Dio è Padre, e portata con lui».

Come si passa dalla teoria alla pratica? Un conto è capire che l’unica via è quella di abbracciare la croce, un altro quello di superare il desiderio di voler fuggire dalla realtà in cerca di una umana consolazione…

«Penso che si debba supplicare lo Spirito Santo, in ogni secondo, senza interruzione come dice san Paolo. Lui è l’unico che può trasformare il nostro cuore. Il nostro cuore è pieno di cose cattive, di invidia, di desiderio di essere altrove, di accusare la nostra storia; il nemico numero uno è pensare che “sarebbe stato meglio se”. Invece con la grazia si può imparare a capire, ma davvero, con il cuore, che esattamente quella cosa che ci dà fastidio e che ci fa soffrire, quella che malediciamo, è proprio quella che ci salva. A volte non si capisce, e infatti spiegare il male è una delle più grandi tentazioni: il male è un mistero, non sempre tutto si spiega, ma quello che conta è fidarci di nostro Padre».

Con un libro sul dolore, e sulla necessità di abbracciarlo, qualcuno ti accuserà di essere masochista, non che sia una novità, le femministe ti vedono come fumo negli occhi. Cosa non riescono a capire in fondo?

«Non si tratta solo delle femministe. Dice san Paolo che la croce è stoltezza per i pagani: è ovvio, se io credo di sapere tutto e non penso che Dio, ammesso che esista, mi ami, voglio decidere tutto da solo. E così l’uomo contemporaneo avverte con fastidio tutto ciò che lo definisce, sembra limitarlo, persino l’essere maschio o femmina. Se invece io riconosco di avere dei limiti, e ho la grazia di credere che Dio è un Padre buono che mi ama illimitatamente, allora posso essere certa del fatto che tutto quello che arriva è qualcosa che Lui fa per me, per il mio bene. Dio fa bene tutte le cose, e anche dal male può trarre il bene. Da quel matrimonio “sbagliato”, da quella famiglia disfunzionale, da quei genitori imperfetti, da quelle difficoltà con il lavoro o con i soldi. Le femministe secondo me sono solo donne in cerca di uno sguardo pieno di amore e ammirazione. Se sapessero che è Dio il solo che le può guardare come loro desiderano… ».

Il dolore in questa vita acquista un senso soltanto nell’ottica dell’eternità, di cui però si parla poco, anche dentro la Chiesa, come mai?

«È vero, ci sono tanti pastori che hanno più a cuore gli aspetti sociali della fede che la vita eterna, ma anche noi fedeli non siamo molto diversi (d’altra parte come dice sant’Agostino la Chiesa, i tempi siamo noi). In realtà spesso anche noi abbiamo una fede che è pagana: pensiamo che se Dio esiste e ci vuole bene ci deve mandare bene le cose. Dal trovare parcheggio al sistemare un figlio, dalla salute al trovare casa. E quando ci succede qualcosa che ci sembra brutto pensiamo che ci stia facendo un dispetto, o che si sia distratto. Invece l’unica vera preghiera è dire a Dio “sia fatta la tua volontà”, nella certezza che la sofferenza accolta può trasformarci. Questo non significa che non si debbano chiedere le cose di cui abbiamo bisogno: grazie alle preghiere Gesù guarisce tanti malati, nel Vangelo e continua a farlo oggi. Lui desidera che chiediamo per educare il nostro cuore a un rapporto personale, da veri figli. Ma allo stesso modo, da figli del Re, dobbiamo essere certi che se qualcosa non arriva, Lui sa perché. Le storie che racconto in questo libro sono storie di persone che, spesso dopo un combattimento corpo a corpo con Dio, sono diventate certe del fatto che Dio fa bene tutte le cose, nella nostra vita. Le storie di David, Carmen, Anna si intrecciano a quelle di fratelli maggiori nella fede come Elisabeth Leseur, Giuseppina Bakhita, Benedetta Bianchi Porro… Ognuno di noi può trovare qualcuno che lo accompagni nel suo combattimento per cercare le tracce della provvidenza nella propria complicata, a volte incomprensibile vita».


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