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Il dizionario dei luoghi comuni, manuale contro il politicamente corretto
NEWS 6 Ottobre 2019    di Andrea Zambrano

Il dizionario dei luoghi comuni, manuale contro il politicamente corretto

In tempi di dittatura del politicamente corretto, per poter parlare senza subire censure o ostracismi bisogna utilizzare quei codici di linguaggio indispensabili per farsi accettare in tutti i consessi. «Quando c’è l’amore c’è tutto» … «veramente, quella era la salute», rispondeva Massimo Troisi in Ricomincio da Tre alla sua fidanzata infedele, che cercava di farsi perdonare la scappatella. Ecco, questo è un luogo comune, un’espressione balsamica e apriscatole, facile da usare, senza scadenza e per nulla urticante come invece una bella verità da spiattellare in faccia. Eh sì, perché tra il dire che la fidanzata di Paolo “è brutta come i debiti” e che “è un tipo” passa tutta la differenza che sta tra l’essere veri e l’essere accomodanti.

È nato così il Dizionario elementare dei luoghi comuni. Frasi, detti, modi di dire alla luce del pensiero cattolico ed è questa la nuova pubblicazione a cura dell’Istituto di Apologetica che va ad arricchire la già nutrita “pattuglia” dei dizionari del Timone, creati per aiutare il cattolico di oggi a districarsi tra le rovine di una civiltà che ha dimenticato da dove viene e dove va.

A esplorare come novello Capitano Nemo tra le viscere linguistiche, morali, filosofiche e sociali dei luoghi comuni, è la penna sagace e profonda (ma questo non è un luogo comune) del filosofo e già firma del Timone Tommaso Scandroglio.

Nel leggerlo vi renderete conto di quanto sia rischioso cadere nel tranello del “luogocomunismo”. Siamo sicuri ad esempio che i figli devono fare le loro esperienze? Bisogna opporsi al fatto che vadano in vacanza con le proprie fidanzate o che abbiano rapporti sessuali prima del matrimonio e che vadano a convivere? Scandroglio nota che «relativamente alle azioni intrinsecamente malvagie e alle occasioni prossime di peccato, i genitori possono formulare giudizi certi anche senza ascoltare necessariamente il parere dei figli». Decisamente politicamente scorretto perché un “no”, in questo caso, non sarebbe affatto un luogo comune, ma sarebbe l’esercizio della virtù della prudenza. «I figli devono fare le loro esperienze solo se sono esperienze positive. In caso contrario i genitori devono trovare l’atto più efficace, in un dato contesto, per impedire-dissuadere quella scelta».


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