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Dovremmo perdonare le offese ricevute  tante volte quante Dio perdona le nostre
NEWS 29 Novembre 2014    

Dovremmo perdonare le offese ricevute tante volte quante Dio perdona le nostre

dal Catechismo Tridentino

 

«Come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Questa particella: come, si può intendere in due modi; infatti ha forza di similitudine, quando chiediamo a Dio che, allo stesso modo che perdoniamo le ingiurie e le contumelie a coloro che ci hanno offesi, cosi egli condoni a noi i nostri peccati. Denota pure condizione; nel quale senso l'interpreta Cristo Signore in quel detto: Se perdonate agli uomini le loro mancanze, perdonerà a voi il Padre celeste i vostri peccati; ma se non perdonate agli uomini, nemmeno il Padre vostro perdonerà a voi le vostre mancanze (Mt 6,14).

Tanto nell'uno che nell'altro significato risalta per noi la necessità di perdonare; se vogliamo che Dio ci conceda il perdono dei nostri peccati, è necessario che noi cominciamo col perdonare coloro dai quali ricevemmo offesa. Anzi Dio tanto esige da noi di dimenticare i torti e di sentire mutua carità, da rigettare e disprezzare i doni e i sacrifici di coloro che non si sono riconciliati col perdono.

Anche la legge di natura richiede che ci mostriamo, verso gli altri, quali desideriamo che essi siano con noi; e impudente oltre ogni dire sarebbe colui che domandasse a Dio la remissione dei suoi peccati, e conservasse poi l'animo suo ostile verso il prossimo. Perciò devono essere sempre pronti al perdono coloro che hanno subito un'offesa. A ciò li spinge fortemente questa preghiera, e l'ordine di Dio che troviamo in san Luca: Se il tuo fratello pecca verso di te, riprendilo; e se è pentito, perdonagli. Se avrà peccato contro di te sette volte al giorno, e sette volte al giorno ritorna a te dicendo: Me ne pento, perdonagli (Lc 17,3). E nel Vangelo di san Matteo si legge: Amate i vostri nemici (Mt 5,44). L'Apostolo ancora, e, prima di lui, Salomone, ha scritto: Se il tuo nemico ha fame, nutrilo; se ha sete, dagli da bere (Rm 12,20 Pr 25,21). Lo stesso si riscontra in san Marco evangelista: Quando state pregando, se avete qualche cosa contro qualcuno, perdonate; affinché il Padre vostro nei cieli vi perdoni anch'egli i vostri falli (Mc 11,25).
 
Ma poiché nulla forse si compie con maggiore riluttanza, per difetto della nostra depravata natura, che il perdono delle ingiurie, i parroci dovranno ricorrere a tutta la loro forza d'ingegno e d'animo, per cambiare e piegare l'animo dei fedeli a questa mitezza e a questo amore cosi necessari al cristiano. Indugino nel riferire i testi sacri, nei quali si può udire Dio che ordina il perdono dei nemici.

Proclamino ancora questa verità assoluta e di grande efficacia sull'animo dell'uomo: che essi sono figli di Dio, purché siano facili a perdonare le ingiurie, e amino di cuore i loro nemici. Nell'amare i nemici trasparisce la somiglianza nostra con Dio nostro Padre, il quale si riconcilio col genere umano, a lui cosi nemico e molesto, redimendolo dall'eterna morte con la morte del proprio Figlio. Serva anche di esortazione e di precetto l'ordine del Signore nostro Gesù Cristo, che noi non possiamo non osservare, senza gran disonore e danno: Pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,44).