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Gianfranco Maria Chiti: granatiere, repubblichino, salvà ebrei e partigiani, si fece frate. Verso gli altari
NEWS 13 Maggio 2015    

Gianfranco Maria Chiti: granatiere, repubblichino, salvà ebrei e partigiani, si fece frate. Verso gli altari

di Ester Palma

 

E’ stato militare, repubblichino, ha combattuto sui fronti croato, greco e russo, ha salvato nel 1944 circa 200 partigiani dalla fucilazione, inventandosi un corso speciale per arruolarli nella sua compagnia dei Granatieri, facendoli poi tornare alle loro case. Ma il suo desiderio più profondo era di diventare frate cappuccino. Ci riuscì a 58 anni, ormai congedato dall’esercito col grado di generale, dopo essere stato anche inviato dell’Onu in Somalia. Gianfranco Maria Chiti morì a 83 anni, nel 2004, e ora la Santa Sede ha autorizzato il vescovo di Orvieto, monsignor Benedetto Tuzia, ad aprire la causa di beatificazione e canonizzazione di un ex ufficiale della Repubblica Sociale Italiana.

«Il nome di Chiti – scrive il quotidiano della Cei, Avvenire – risulta nel “Libro dei giusti” della Sinagoga di Torino per aver salvato alcune famiglie ebraiche». Gli stessi meriti lo salvarono dall’epurazione, e nel 1948 Chiti venne reintegrato nel nuovo Esercito italiano. A 50 anni è colonnello e comandante della scuola per allievi sottufficiali di Viterbo. Sotto di lui si formeranno intere generazioni che ancora oggi lo ricordano per la ferma disciplina ma anche per la carità, la generosità verso tutti e la devozione alla Madonna delle Grazie di Pesaro, città d’origine della sua famiglia: in ogni campo o caserma dove veniva inviato faceva subito sistemare un’immagine della Madonna. A 57 anni viene promosso al grado di generale di brigata. L’anno seguente si congeda e entra come novizio nel convento dei cappuccini di Rieti. Il 12 settembre 1982 fu ordinato sacerdote nel Duomo di quella città. A Orvieto, dove fu mandato, si dedicò a restaurare un vecchio convento abbandonato e ormai ridotto ad un rudere, facendone in poco tempo luogo confortevole di raccoglimento e di preghiera. Confidò ad alcuni amici che erano andati a trovarlo: «Non sono venuto qui soltanto per restaurare questo convento, ma soprattutto per restaurare il mio spirito e quello di chi vorrà venire in questa oasi di accoglienza». Fino al 2004, anno della sua morte girò incessantemente per tutta l’Italia come predicatore e padre spirituale.