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La Malaysia conferma. I cristiani non possono dire «Allah» perchè l’islam ha il monopolio totale di Dio
NEWS 23 Gennaio 2015    

La Malaysia conferma. I cristiani non possono dire «Allah» perchè l’islam ha il monopolio totale di Dio

La Corte Suprema della Federazione della Malaysia ha respinto il ricorso presentato dalla Chiesa Cattolica sull'uso della parola “Allah” come termine per indicare “Dio” sulle colonne del settimanale cattolico "Herald".

La Corte Suprema, terzo grado di giudizio, non ha esaminato nel merito la questione, ma si è limitata a stabilire se, nei precedenti processi, si fossero verificati vizi di forma. I cinque giudici della giuria hanno votato all'unanimità, negando la possibilità di ogni ulteriore azione legale perché “non vi sono stati errori procedurali” nei precedenti gradi di giudizio. Il giudizio primo grado era stato a favore della Chiesa ma, in secondo grado, l’Alta Corte aveva emesso una sentenza in favore del governo malaysiano, vietando l’uso della parola Allah all’Herald, nella sua edizione di lingua "bahasha malaysia", quella in cui i fedeli cristiani, per definire o invocare Dio, utilizzano il termine "Allah".

Raggiunto dall’Agenzia Fides, S. Ecc mons. Julian Leow afferma: “Come cristiani in Malaysia cercheremo di essere uniti nell’operare sempre per il dialogo e per l’armonia tra le etnie e le fedi. Questo processo è finito, dopo sette anni di battaglia legale. Vogliamo buttarci alle spalle questa vicenda e andare avanti con fede. La speranza che nutriamo è che comprensione e il rispetto reciproco siano sempre un punto fondante nella convivenza sociale e religiosa in Malaysia”.
“E’ vero che questo del termine Allah – sottolinea mons. Leow – è un punto importante per i due terzi della popolazione cattolica malaysiana, che parla le celebra il culto in lingua locale, il bahasha. Quello che speriamo e chiediamo è che il verdetto sia confinato solo alle colonne dell’Herald”.

La Chiesa malaysiana ricorda oggi quanto ribadito in passato anche da esponenti del governo malaysiano che nel giudizio costituisce “la controparte”. Nel 2007, infatti, fu il Ministero degli Interni a vietare all’Herald l’uso della parola “Allah”. “L’interpretazione della sentenza – puntualizza l'Arcivescovo – non va estesa anche alle liturgie, al culto e alla Bibbia. Lo speriamo che questo sia definitivamente chiarito, anche se vediamo che alcuni verrebbero intenderla in questo modo”.