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L’Italia per Sawan Masih, cristiano condannato a morte dall’assurda legge pakistana sulla blasfemia
NEWS 3 Aprile 2014    

L’Italia per Sawan Masih, cristiano condannato a morte dall’assurda legge pakistana sulla blasfemia

Qualche giorno fa il Tribunale di primo grado di Lahore, in Pakistan, ha condannato a morte Sawan Masih, il 26enne cristiano accusato d’aver insultato il profeta Maometto.

Nel marzo 2013, la denuncia contro Masih scatenò l’ira di oltre tremila musulmani che si scagliarono contro il quartiere di Joseph Colony, dove l’uomo viveva, incendiando 178 abitazioni, oltre 20 negozi e due chiese. Più di 400 famiglie cristiane sono rimaste senza casa, eppure gli 83 uomini ritenuti colpevoli dell’attacco sono stati tutti rilasciati su cauzione. Mentre Sawan è stato condannato a morte.

L’Associazione Pakistani Cristiani in Italia, fondata e diretta da Shahid Mobeen, docente della Pontificia Università Lateranense, ha pertanto deciso di lanciare lancia la campagna di raccolta-firme “Salviamo Sawan Masih”.

Per aderire, da subito, basta inviare una e-mail con i proprio nome e cognome all’indirizzo

salviamosawanmasih@yahoo.it

La condanna assurda di Sawan Masih «è l’ennesima beffa ai danni della comunità cristiana del Pakistan», ha detto Shahid Mobeen, intervistato da La nuova Bussola Quotidiana in concomitanza della conferenza stampa di sensibilizzazione indetta ieri a Roma dall’Associazione che egli dirige, in collaborazione con alcuni parlamentari italiani rappresentati dall’on. Paola Binetti. «L’interesse dei parlamentari italiani è di grande conforto. I cristiani pachistani capiscono così di non essere soli, in un paese in cui le minoranze religiose sono discriminate e dove l’islam è assai radicalizzato. Ogni nazione vuole avere piena autonomia all’interno dei propri confini, ma possiamo considerare i diritti umani materia di giurisdizione nazionale? Non dimentichiamoci che il Pakistan è un firmatario della Convenzione Onu e come tale deve garantire pari diritti a tutti i cittadini, di qualsiasi credo essi siano».