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Se manca il padre, aumentano i crimini
NEWS 3 Marzo 2020    di Raffaella Frullone

Se manca il padre, aumentano i crimini

«La mancanza della figura paterna alimenta i “crimini da coltello”». Le parole di Jackie Sebire (foto in alto) sono diventati titoli di apertura dei britannici Times, Bbc e Daily Mail. Psicologa forense con oltre 25 anni di esperienza nella polizia, autrice di numerosi articoli sugli abusi domestici e sulla gestione dei rischi, Jackie Sebire è stata nominata nel 2016 assistente capo della polizia del Bedfordshire e si occupa di affrontare la piaga della violenza giovanile in Inghilterra.

«Certo è molto facile incolpare la diffusione delle droghe, i tagli ai finanziamenti o social media – ha dichiarato – ma uno dei fattori principali in questo tipo di crimini è la mancanza di una figura paterna dentro casa. E poi c’è una mancanza non solo di padri, ma di modelli maschili positivi e così i modelli diventano gli spacciatori, gli sfruttatori, le reti organizzate. Credo che non si parli abbastanza di questo tema». La Sebire ha parlato al vertice del Consiglio dei capi di polizia nazionale e dell’Associazione dei commissari di polizia e del crimine dove ha ribadito: «Credo non si parli a sufficienza di questo problema. Non ci sono solo padri assenti, ma anche padri fisicamente presenti, ma assenti nella vita del bambino. Molti nemmeno si occupano di venire a riprendere i propri figli alla stazione di polizia, ed è un problema. I modelli di ruolo maschili positivi sono un fattore protettivo nella vita dei giovani»

Il segno che stiamo vivendo una fase di normalizzazione della violenza giovanile è dato, secondo la Sebire, dal fatto che i teenager non hanno nemmeno più paura di andare in carcere: «A loro non importa se saranno condannati, un coltello consente loro di svolgere la propria attività criminale, sia che vengano sfruttati sia che sia quello che scelgono di fare». Sempre più giovani dunque, girano con armi da taglio, comprese le ragazze «che stanno assumendo sempre più potere all’interno delle bande», che i bambini «che portano il coltello per proteggersi».

Secondo il Daily Mail lo scorso anno i «crimini da coltello» sono aumentati del 7%, raggiungendo il record di 45.000 reati. Non solo, uno studio della Commissione per l’Infanzia inglese ha rilevato che sono quasi 27.000 i bambini identificati come membri di una banda. Sempre lo scorso anno uno studio su adolescenti inglesi considerati vulnerabili ha messo in evidenza come quasi tre quarti di loro non vivessero con il padre.

Per noi sono numeri, o nomi che appaiono come meteore nella cronaca nera, in cui, come scrive Claudio Risé nel suo Il padre, libertà e dono «traspare la fatica di raccontare queste storie senza scontrarsi con i divieti del politically correct e dei suoi tabù a cominciare dall’eventuale collegamento tra sofferenza mentale e divorzio, aborto, libertà sessuale, singleness, alcolismo».

Rivolgendosi ai Cavalieri 2.0, nel dossier del mese di febbraio del Timone intitolato C’era una volta il maschio, Roberto Marchesini parlava così: «Il fatto è che nasciamo (anzi: veniamo concepiti) maschi; e abbiamo il compito di diventare uomini, Uomini compiuti, cioè veri uomini, eroi, cavalieri. E come se, assegnandoci un sesso, ci venisse assegnato un compito, un destino da compiere, una vocazione. Non scegliamo chi diventare: scegliamo di aderire a un progetto oppure di rifiutarlo. Per realizzare questo progetto abbiamo bisogno di una guida, di una indicazione». Di un padre insomma. E del Padre


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