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Muller: “Abusi non è clericalismo, ma allontanamento dalla Verità”
NEWS 20 Settembre 2018    di Giulia Tanel

Muller: “Abusi non è clericalismo, ma allontanamento dalla Verità”

Il cardinal Gerhard Müller, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, sostituito un po’ a sorpresa da Papa Francesco nel luglio del 2017, in un’omelia tenuta a Roma il 17 settembre è tornato a parlare dello scandalo degli abusi sessuali che sta scuotendo la Chiesa.

In proposito, Müller ha un’idea molto precisa rispetto alla radice del fenomeno: «Non è il clericalismo», riporta le sue parole LifeSiteNews, «qualunque cosa questo possa significare, bensì l’allontanamento dalla Verità e la licenza morale». Di fatto, ha specificato il cardinale, «il grave peccato contro la santità della Chiesa, senza alcun rimorso, è la conseguenza di una relativizzazione del fondamento dogmatico della Chiesa. Questa è la vera ragione della scossa e della delusione di milioni di fedeli cattolici».

Un’affermazione, questa, ripresa e puntualizzata dal cardinale anche in una dichiarazione inviata a LifeSiteNews per chiarire la sua posizione nei confronti di chi contestava la sua severità nel trattare i casi di abusi sessuali, in particolare rispetto ai processi canonici e alle punizioni inflitte, quando era a capo Congregazione per la dottrina della fede. «L’abuso sessuale di reati prevalentemente omofili», ha scritto Müller «non è radicato nella moralità sessuale della Chiesa, né nel celibato dei sacerdoti ma, piuttosto, nel lassismo della morale e nella violazione dei Comandamenti di Dio e nel mancato vivere il celibato. La ragione dell’adulterio, inoltre, non è l’indissolubilità del matrimonio, come è stato stabilito da Dio».

Tornando all’omelia tenuta qualche giorno fa, a supporto delle sue argomentazioni Müller ha citato eventi storici quali la «secolarizzazione della vita spirituale sulla scia dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese», ma soprattutto la spaccatura causata nel mondo cristiano dalla Riforma protestante. E qui il cardinale si è soffermato sulla parola “riforma”, che anche oggi ricorre spesso quando si parla di vicende interne alla Chiesa: un termine che nel XVI secolo venne utilizzato per coprire «l’eresia [all’origine dello scisma luterano, ndR] e la crescente divisione della Chiesa» e che anche oggi rischia di essere impiegato con la medesima accezione, anziché quale benefico «rinnovamento nella verità della Rivelazione e nell’imitazione di Cristo». Se, infatti, le cadute a livello di morale altro non fanno che rispecchiare una corruzione dottrinale, la vera riforma cui la Chiesa dovrebbe mirare è «la santificazione dell’uomo per Dio».

Allargando poi il discorso alla pastorale, l’ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede non ha usato giri di parole: «È un’eresia pensare di poter conservare l’insegnamento della Chiesa, ma inventare un nuovo approccio pastorale per amore della debolezza dell’uomo che ammorbidirebbe la verità della Parola di Dio e la morale cristiana». La luce che guida l’operato ecclesiale non deve infatti essere un mero miglioramento del mondo, come una qualsivoglia organizzazione di stampo sociale potrebbe avere a cuore, bensì deve sempre essere Nostro Signore, Colui che è «la via, la verità e la vita».

Per fuggire ai grandi pericoli odierni, che «sono il gas serra del peccato» e il «riscaldamento globale dell’incredulità e della disintegrazione della moralità», occorre quindi evitare di cadere nell’eresia cristologica che vede contrapposti «Gesù, “Maestro della Verità divina” e Gesù “Buon Pastore”», rimanendo ancorati al dogma cristiano, necessario fondamento della morale e della pastorale.


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