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Nicaragua, il popolo si stringe attorno alla Chiesa perseguitata
NEWS 30 Luglio 2018    di Ermes Dovico

Nicaragua, il popolo si stringe attorno alla Chiesa perseguitata

In Nicaragua la Chiesa continua a pregare e a chiedere preghiere per fermare l’ondata generale di violenze nel Paese centroamericano e le persecuzioni a cui la comunità cattolica è soggetta ormai da diverse settimane. Le forze governative che fanno capo al presidente Daniel Ortega, il settantaduenne politico e guerrigliero di ispirazione marxista, non perdonano alla Chiesa di aver denunciato la dura repressione messa in atto da agenti di polizia e bande paramilitari contro le manifestazioni di piazza cominciate il 18 aprile per iniziativa di studenti e pensionati e generate da una controversa riforma previdenziale, poi ritirata, che avrebbe aumentato i contributi richiesti a lavoratori e datori di lavoro.

In tale contesto, migliaia di nicaraguensi sono scesi in piazza sabato a Managua, la capitale, per manifestare solidarietà alla Chiesa e chiedere a vescovi e sacerdoti di continuare a far sentire la loro voce contro le azioni disumane dei sandinisti al potere, che sono arrivati a reprimere nel sangue anche figli e nipoti di ex compagni di rivoluzione, a conferma della falsità di un’utopia che pretenderebbe di donare pace, giustizia e libertà senza Dio.

I NUMERI DELLA REPRESSIONE

Nei primi cento giorni dall’inizio delle proteste, si contano 448 vittime, 2.830 feriti e 595 dispersi, perlopiù civili, secondo un rapporto pubblicato dall’Associazione per i diritti umani, una ong nicaraguense. Mentre il governo, che controlla buona parte dei mezzi di comunicazione, ha avviato una feroce campagna diffamatoria contro la Chiesa, accusandola di essere «golpista», diversi sacerdoti hanno rischiato la vita per salvare i giovani dai proiettili e tra il popolo è ancora vivissimo l’orrore dell’assalto paramilitare – nella notte tra il 13 e il 14 luglio – alla chiesa della Divina Misericordia di Managua, dove avevano trovato rifugio gli studenti dell’Università nazionale autonoma del Nicaragua, due dei quali morti durante gli attacchi. I sopravvissuti hanno potuto testimoniare che non sono state risparmiate nemmeno le immagini di Gesù e Maria e in questi giorni continuano a circolare foto di tabernacoli profanati, con il Corpo di Nostro Signore riversato a terra.

GLI ATTACCHI AI PASTORI

Nemmeno il clero è stato risparmiato dalla furia dei sostenitori del governo. Il 9 luglio, in una chiesa a Diriamba, sono stati feriti il cardinale Leopoldo Brenes e il nunzio Waldemar Sommertag, il 16 il vescovo Abelardo Mata si è salvato da un agguato, durante il quale il veicolo su cui viaggiava è stato crivellato di colpi d’arma da fuoco; la scorsa settimana ancora Brenes è stato spinto, colpito e graffiato mentre entrava nella basilica di San Sebastian, sempre a Diriamba, mentre il vescovo ausiliare di Managua, Silvio José Baez, è stato ferito a un braccio con un oggetto appuntito, come riferito dall’Associated Press. Nonostante la persecuzione, proprio Brenes ha continuato a esortare in questi giorni a non rispondere al male con il male, assicurando che «possiamo vincere l’odio con l’amore che Cristo ci dona».

LE «ARMI» DELLA CHIESA

Per vincere l’odio la Chiesa del Nicaragua ha sfoderato le sue armi, quelle celesti: il 27 luglio, per il secondo venerdì consecutivo, ha indetto una giornata di riparazione e intercessione per la pace, chiedendo ai fedeli di digiunare e diffondendo una preghiera di affidamento. I vescovi nicaraguensi hanno intanto scritto una lettera privata al presidente Ortega per chiedergli, secondo la ricostruzione di Vatican News, «se la Conferenza episcopale nicaraguense è ancora ritenuta dall’esecutivo una mediatrice per la promozione del dialogo nazionale».

LA LEGGE “ANTI-TERRORISMO”

I segnali giunti dal potere sandinista, la cui disumana reazione ha portato i manifestanti a domandare le dimissioni di Ortega con il fine di agevolare la formazione di un nuovo esecutivo, continuano tuttavia a non essere buoni. Anzi, secondo Paulo Abrao, segretario della Commissione interamericana per i diritti umani, la recente approvazione di una legge anti-terrorismo ha aperto la «terza fase», la più dura, della repressione, perché può essere usata strumentalmente per colpire chiunque protesti contro il governo.

L’APPELLO DI ACS A TUTTI I FEDELI: OFFRITE MESSE E PREGHIERE

La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), intanto, si sta impegnando per dare il suo sostegno ai cristiani e a tutto il popolo del Nicaragua, lanciando innanzitutto una campagna per offrire al Paese centroamericano le intenzioni delle Sante Messe, un aiuto chiaramente potentissimo e richiesto dallo stesso cardinale Brenes. Come ha affermato il cardinale Mauro Piacenza, presidente internazionale di Acs, si tratta di «un aiuto fondamentale per i ministri di Dio perché permette loro di vivere di quello di cui dovrebbero vivere, ovvero l’altare. Inoltre la Santa Messa ha un valore infinito per tutti e per tutto ed è il primo contributo alla pace. Un contributo ora più che mai essenziale per tutti i nicaraguensi».

Piacenza ha spiegato che «un compito centrale della missione di Acs che si accompagna all’aiuto concreto è quello di fornire informazioni costanti per stimolare la preghiera e l’attenzione di tutta la comunità cristiana e del mondo stesso verso drammi così crudeli e barbari». Perciò tutto passa dall’affidamento alla Provvidenza: «La preghiera è il pane di cui vive la Chiesa e il motore di tutto, è il primo pane, la prima forma di sostegno. Poi ovviamente dobbiamo pensare anche al resto».


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