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Non tutti i musulmani russi condanno l’ISIS. Parlano di un complotto occidentale ordito contro l’islam
NEWS 20 Novembre 2015    

Non tutti i musulmani russi condanno l’ISIS. Parlano di un complotto occidentale ordito contro l’islam

di Nina Achmatova

 

La reazione della comunità musulmana russa a quanto successo prima in Sinai, con la catastrofe dell’A321, e poi  in Francia il 13 novembre, non è una condanna “così unanime come vorrebbe fare credere la propaganda ufficiale e i leader politici e spirituali musulmani leali al potere”. A scriverlo è uno dei massimi esperti dell’islam russo, lo studioso Aleksei Malashenko nella sua ultima analisi pubblicata sul sito del Carnegie Center di Mosca. Lo studioso fa notare che non esistono sondaggi su come i musulmani in Russia valutino i tragici eventi avvenuti, “ma è improbabile che diano un giudizio preciso sulla questione”. “L’umma russa – scrive Malashenko – conta 16,5 milioni di musulmani, si tratta di cittadini russi, più circa 4 milioni di migranti dall’Asia centrale e dall’Azerbaijan, con i quali si arriva a circa 20 milioni di persone”. ll numero è consistente e l’esperto fa notare che al suo interno i fedeli si rapportano in modo diverso allo Stato islamico, alle azioni della Russia in Siria e ai recenti attacchi terroristici.

Come le autorità russe, i rappresenti del clero e i leader politici musulmani – uno su tutti il ceceno Ramzan Kadyrov – danno una interpretazione comune al radicalismo islamico come qualcosa fomentato dall’Occidente, con l’obiettivo di destabilizzare la regione ed eliminare la presenza e l’influenza russa. L’esperto ricorda che il capo dell’associazione delle comunità musulmane, Muhammad Saliakhetdinov, ha commentato gli attacchi a Parigi invitando a “cercare i mandanti non tra i musulmani”, perché “l’Isis è controllato dall’esterno”. Una posizione simile è stata espressa anche da Kadyrov, convinto che lo Stato islamico sia stato creato dalle agenzie di intelligence occidentali. A suo dire, atti come la strage di Parigi sono volti a “incitare il sentimento anti-musulmano”. Il vice presidente del consiglio dei muftì di Russia, Rushan Abbiasov ha assicurato che l’Isis non ha nulla a che fare con l’islam.

Secondo Malashenko, queste dichiarazioni hanno lo scopo di “de-islamizzare” il fenomeno dello Stato islamico, e più in generale il fenomeno del radicalismo religioso, presentandolo come strumento anti-islamico utilizzato dall’esterno per screditare  l’islam. Il terrorismo diventa così – si legge nello studio del Carnegie – una “malattia, se vogliamo anche un tumore maligno, che si può rimuovere solo con l’aiuto di un intervento di forza e chirurgico”. Lo studioso però mette in guardia da questo atteggiamento che “volutamente ignora il fatto che l’islamismo abbia una tendenza politico-religiosa comune diffusa in tutto il mondo musulmano, che si basa sull’idea di poter costruire uno stato e una società sulle tradizioni islamiche”. Questa idea, fa notare Malashenko, è condivisa da un gran numero di musulmani; Isis è solo “una manifestazione, la più radicale, di questa tendenza”.

Gli islamisti estremisti (che in Russia si chiamano spesso salafiti o wahabiti) sono attivi in Russia anche al di fuori del confine storico del Caucaso settentrionale. “Sono in Siberia e nell’Estremo oriente russo”, avverte Malashenko, secondo il quale “stanno cercando di stabilire il controllo sulla moschee, in cui più dei due terzi degli imam hanno sui 70 anni e non sono in grado di motivare a sufficienza il loro gregge”. Il loro posto è insidiato da giovani e ambiziosi imam, scrive l’esperto, molti dei quali laureati all’estero, principalmente in Paesi arabi, e che hanno posizioni radicali. “In Russia operano migliaia di circoli salafiti, spostati qui dall’Asia centrale dal partito Hizb al-Tahrir”,sottolinea lo studioso, mentre continua il reclutamento di giovani, tra cui anche molte donne, nelle file dello Stato islamico. Secondo diverse stime, nell’Isis combattono tra i 2 e i 7mila musulmani russi e il numero di chi simpatizza per il Califfato potrebbe aggirarsi intorno al mezzo milione, ipotizza Malashenko. Anche tra i “potenziali militanti Isis”, la maggioranza è contro l’uso di metodi terroristici;  quello che attira è “l’idea di creare uno Stato islamico basato su giustizia sociale, uguaglianza, una sorta di ‘democrazia islamica’, particolarmente interessante nel contesto di crisi economica che vive la Russia e di corruzione e crescente disuguaglianza”.

La guerra contro l’Isis, come pure le operazioni militari russe in Siria, sono percepite da molti musulmani come una guerra contro l’islam e per la quale i nemici devono essere puniti. Così l’attentato all’Airbus o la strage di Parigi, come fu per l’11 settembre, non hanno generato per forza la solidarietà della comunità musulmana con i Paesi colpiti, visti invece come avversari su cui vendicarsi.

Limitarsi a pensare all’Isis come a qualcosa di “esterno” non aiuta la Russia, dove – come in Francia – uno dei canali più attivi per il reclutamento di miliziani è nell’immigrazione. “In Russia, dopo gli attacchi di Parigi, la comunità di immigrati rischia di essere messa sotto controllo speciale sulla base del principio già adottato negli Usa della ’tolleranza zero’, a seguito del quale ogni minima violazione della legge sull’immigrazione può portare all’immediata espulsione dal Paese”.

I musulmani in Russia sembrano vivere così tra paura, sentimento anti-occidentale (in cui ormai è compresa anche la Russia) e necessità di dimostrare lealtà alle autorità. È di questi giorni la notizia di una stilista musulmana russa Zuhra Abusha, che ha presentato un modello di hijab (velo) con stampato il volto di Vladimir Putin. “Così non ci guarderanno male e con sospetto in strada e possiamo esprimere il nostro amore per la Russia e il nostro presidente”, ha spiegato.