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Pazza di fede. A 91 anni, dopo 1.200 chilometri a piedi, Emma Morosini è arrivata a Lujà¡n
NEWS 21 Marzo 2015    

Pazza di fede. A 91 anni, dopo 1.200 chilometri a piedi, Emma Morosini è arrivata a Lujà¡n

Ce l’ha fatta ancora una volta Emma Morosini. Giovedì scorso l’infermiera in pensione di Castiglione delle Stiviere (MN), 91 anni di età, è arrivata alla Basilica di Nuestra Señora de Luján, vicino a Buenos Aires, dopo un pellegrinaggio a piedi lungo 1.200 chilometri, iniziato il 27 dicembre nella provincia di Tucumán. Al suo arrivo la “abuela peregrina”, come l’hanno chiamata i media argentini, munita del suo piccolo trolley, con il suo giubbotto catarifrangente con sopra l’immagine del Papa, è stata accolta da fotografi, cameramen e da una piccola folla. Aveva intenzione di arrivare un po’ prima, il 17 marzo, ma una caduta e un breve ricovero in clinica per accertarne le condizioni hanno modificato lievemente la sua tabella di marcia.  

Negli ultimi 23 anni, dopo una promessa fatta alla Madonna, Emma ha raggiunto a piedi e in solitaria tutti i più importanti santuari del mondo, macinando circa 30mila chilometri con le sue scarpe da ginnastica. Nelle sue avventure si è affidata alla Provvidenza e a uno speciale “lasciapassare” che porta con sé: una lettera del suo parroco, don Giuliano Spagna, che garantisce come Emma non sia matta, ma solo «pazza di fede».

La sua storia è stata raccontata dalla rivista Credere, nel novembre 2013. La riproponiamo di seguito.

Pellegrina a 90 anni per ringraziare Maria.
di Ilaria Nava

«Se sono in Europa, per risparmiare, cerco di dormire all’aperto: trovo un prato e sistemo l’ombrello che porto sempre con me. Mi sveglio la mattina dopo, pronta per ripartire per i miei 20 o 30 chilometri quotidiani». A Emma Morosini, ex infermiera, 90 anni il prossimo gennaio, camminare piace proprio. Per lei è passione, sacrificio, contemplazione e preghiera: «Mi piace, perché il mondo è bello, ma io lo faccio prima di tutto per la Madonna». E così, in poco più di vent’anni, ha percorso trentamila chilometri a piedi, quasi sempre verso una meta mariana. Nessuno dei più grandi santuari nel mondo le è estraneo: Lourdes, Guadalupe, Fatima, Siracusa, Aparecida, Pontmain, Loreto, Czestochowa, San Giovanni Rotondo, Santiago, Gerusalemme. Tutto comincia quando Emma, all’età  di 67 anni, subisce una importante operazione chirurgica, che può esserle fatale. «Se uscirà viva, andrà a Lourdes a piedi», promette alla Madonna.

Abita al primo piano di una piccola casa a Castiglione delle Stiviere, comune dell’alto Mantovano che ha dato i natali a san Luigi Gonzaga. Mi apre la porta, sorridente. Temevo di incontrare una persona un po’ strana, invece è materna e accogliente e il suo sguardo ha la serenità  di chi, alla fine della vita, è contento di come ha vissuto. Subito, sotto il golfino e la gonna al ginocchio, mi balzano agli occhi le sue moderne scarpe da ginnastica. Con quelle ha da poco percorso duemila chilometri, da Salvador de Bahia ad Aparecida. Là per caso si è trovata nel giorno in cui papa Francesco, davanti alla patrona del Brasile, ha celebrato con i giovani l’inizio della Giornata mondiale della gioventù. «Quando parto, non posso calcolare esattamente la data del mio arrivo» ci spiega Emma «e per me è stata una piacevole sorpresa trovare il Papa, anche se ormai è la terza volta che ci vado. So che, all’incirca, posso impiegare due mesi, ma dipende dalla strada che scelgo di fare e da quello che succede durante il viaggio».

In effetti, durante i suoi viaggi di peripezie ne sono successe davvero tante, ma il fatto che Emma alla fine se la cavi sempre sembra confermare che forse davvero dal cielo qualcuno veglia sui suoi rocamboleschi viaggi. Una notte, per scampare alle vipere del prato, decide di dormire nello spartitraffico dell’autostrada. In un’altra occasione semina un malintenzionato infilandosi in un cancello che si apre inaspettatamente accanto a lei. Durante un altro pellegrinaggio, sta per perdere la Messa. Si trova in un paesino della Francia e scopre che la celebrazione si svolge a 15 chilometri di distanza, impossibile da raggiungere nelle due ore che mancano all’inizio della Messa. Arriva puntualissima: proprio quando si stava scoraggiando, è passata una Ferrari e il guidatore si è fermato per chiederle se aveva bisogno di qualcosa. Così Emma arriva in chiesa in cinque minuti a bordo di una fiammante Rossa.

Non è un caso che le incredibili avventure di Emma Morosini sia solo l’ultimo dei diari che scrive al termine di ogni viaggio. Piccole vicende per testimoniare la sua grande fede, il costante abbandono alla Provvidenza e anche la generosità  delle tante persone che incontra. Come Irma Harro, dipendente dell’aeroporto di Monterrey in Messico, a cui Emma chiede indicazioni appena scesa dall’aereo: vuole andare al santuario di Guadalupe, che dista più di mille chilometri, ma non sa che direzione prendere. Di fronte al suo stupore, Emma spiega che è una pellegrina italiana e che vuole andarci a piedi. «Qui non siamo in Europa, l’ammazzeranno subito!». Alla fine l’impiegata insiste per ospitarla a casa sua, le compra il biglietto e la costringe a salire sul treno diretto al santuario. Emma riesce a percorrere a piedi solo il ritorno, non senza ripassare da Monterrey per salutare Irma.

Negli anni si è costruita una rete di amici, con cui si sente e a cui scrive, dalla Terra Santa alla Spagna, dal Brasile alla Polonia. Ma c’è chi la apprezza anche nel suo paese, come don Giuliano Spagna, parroco di Castiglione, che per l’Anno delle fede ha organizzato una serata con la testimonianza di Emma: «Il suo pellegrinare è un’esperienza di Dio continua, aiuta tutti noi a ricordarci che Dio ci è vicino con la sua Provvidenza ma spesso non ne sappiamo cogliere i segni». Di certo quella di Emma è un’esperienza fuori dall’ordinario e don Giuliano ha scritto una lettera che lei porta sempre con sé nei suoi viaggi, in cui garantisce: «Non è pazza: è pazza di fede».