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Politici “cattolici” che nel loro impegno divorziano dalla fede
NEWS 25 Maggio 2020    di Mario Palmaro

Politici “cattolici” che nel loro impegno divorziano dalla fede

Pubblichiamo uno stralcio di un’intervista del 2007 apparsa sul Timone n. 64. Mario Palmaro intervistava l’allora vescovo di Como, monsignor Alessandro Maggiolini: un botta e risposta su cui riflettere sempre, anche oggi.

Mario Palmaro: Vi sono politici che si dichiarano cattolici e dissentono apertamente dal Magistero e l’aspetto più sconcertante è che questi politici “disobbedienti” non sono dei contestatori della prima ora, delle schegge impazzite, ma persone nate e cresciute nel seno di istituzioni ecclesiali riconosciute e accreditate: sono uomini che ad esempio si sono formate nell’Azione cattolica, nelle Acli, nell’Agesci, nelle parrocchie… Luoghi che magari continuano a frequentare con convinzione. Come spiega questa contraddizione?

Mons. Alessandro Maggiolini: «Non basta avere tessere o distintivi per dichiararsi cattolici. Non bisognerà fare di ogni erba un fascio. Ma gradatamente ci si può mettere contro la Chiesa quasi senza accorgersene, se ci si illude che la Chiesa è nostra figlia e non nostra madre».

Mario Palmaro: La fede è una cosa, l’impegno politico un altro: come rispondere a chi si nasconde dentro questo “divorzio” della coscienza?

Mons. Alessandro Maggiolini: «L’impegno politico include poco o tanto sempre una legge morale “naturale” che è assunta, perfezionata e trasfigurata dalla fede. Il divorzio tra fede e impegno politico è un modo come un altro per non credere più, magari giustificando la separazione con pezzulli di Vangelo staccati dal contesto e non interpretati dalla Chiesa».

Mario Palmaro: Un certo tipo di cattolicesimo – che si è autodefinito “democratico” – oggi sostiene che il compito della democrazia non è quello di affermare una verità e un bene sull’uomo, ma di limitarsi a raggiungere una sintesi, una mediazione. In questo modo ci si condanna a una concezione formale della democrazia, nella quale qualsiasi contenuto può diventare legge dello Stato. Può spiegare come e perché questo modo di pensare è lontano anni luce dal Magistero millenario della Chiesa?

Mons. Alessandro Maggiolini: «A furia di ripetere formule vuote, non ci si rende più conto che si tratta di formule vuote. Che cosa significa “mediazione” se si vuole unire il niente con il niente? Se la fede ha un contenuto e la legge morale ha un contenuto, occorre fare sintesi di queste norme che dicono la verità e praticano il bene. Diversamente la democrazia diviene anarchia e l’insegnamento ecclesiale diventa invenzione che cambia col cambiare del giorno o del clima». (…)


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