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Quando Duns Scoto vinse la disputa sull’Immacolata e risolse per la Chiesa un mistero teologico
NEWS 9 Dicembre 2017    

Quando Duns Scoto vinse la disputa sull’Immacolata e risolse per la Chiesa un mistero teologico

di Roberto Spataro SDB

da «Don Bosco-Torino»

 

Uno straordinario chiarore soprannaturale illuminò il volto del Papa, il Beato Pio IX, commosso al punto da interrompersi più volte per il singhiozzo e le lacrime, quando la mattina dell’8 dicembre 1854, alla presenza di duecento cardinali e vescovi, proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.

Un colpo di cannone fu sparato da Castel Sant’Angelo: era il segnale affinché le campane di Roma suonassero a festa dalle undici alle dodici. L’esultanza dei romani fu condivisa dai cattolici di tutto il mondo. Anche a Torino, nell’Oratorio di Valdocco, immensa fu la gioia di Don Bosco e di Domenico Savio, il fondatore della “Compagnia dell’Immacolata”.

In realtà, il Popolo di Dio, guidato dal sensus fidei, cioè dalla capacità infusa dallo Spirito Santo che abilita alla comprensione delle realtà di fede, più con il cuore che con la mente, aveva sempre creduto che la Madonna fosse stata concepita priva del peccato originale. I fedeli partecipavano volentieri alle feste liturgiche che si celebravano per onorare questo suo privilegio e, in preghiera, si affollavano dinanzi agli altari intitolati all’Immacolata Concezione.

Per giungere alla definizione del dogma, tuttavia, era necessario un argomento teologico “forte”. E questo fu fornito al Papa da un grande teologo francescano, vissuto nel XIII secolo. Si tratta di Duns Scoto. Chiamato così perché nato in Scozia, studiò nell’università più importante del suo tempo, quella di Parigi, e, conseguiti brillantemente i gradi accademici, insegnò teologia in Inghilterra e poi in Francia e Germania.

Muore in questo Paese, a soli 43 anni, lasciando, però, un numero considerevole di opere dove il suo pensiero colpisce per acutezza e profondità. Giustamente è stato definito “doctor subtilis”.

Come tutti i francescani, anche Duns Scoto nutriva una grande devozione per la Madonna. Mosso da tale sentimento di pietà filiale, questo eccellente teologo volle rispondere all’obiezione, apparentemente insormontabile, che molti ponevano riguardo alla Concezione Immacolata di Maria. Questi sostenevano che poiché Cristo è il Redentore di tutti gli esseri umani, se si afferma che la Madonna è nata senza il peccato originale, si nega l’universalità dell’azione salvifica di Cristo, cosa evidentemente contraria alla Rivelazione.

Quei pensatori, che pure amavano la Madonna, ritenevano che ella fosse stata santificata nel grembo di sua madre, sant’Anna, o al momento della nascita, ed in modo superlativo, ma pur sempre dopo essere stata segnata dal peccato originale.

Ed ecco il colpo di genio di Duns Scoto, che giustamente Papa Giovanni Paolo II definì “cantoredell’Immacolata Concezione”.

L’argomento da lui elaborato è tecnicamente definito “redenzione preservativa”. Parte da una premessa inoppugnabile: la mediazione salvifica di Cristo è stata perfetta. Questa perfezione comporta che almeno una creatura sia stata preservata in anticipo, ancora prima del suo concepimento, dal peccato originale. Questa creatura purissima è la Madre del Signore, cui si addiceva il “non plus ultra” della santità proprio a motivo della sua missione nella storia della salvezza. Ecco le parole di Scoto: “Cristo esercitò il più perfetto grado possibile di mediazione relativamente a una persona per la quale era mediatore. Ora per nessuna persona esercitò un grado più eccellente che per Maria. Ma ciò non sarebbe avvenuto se non avesse meritato di preservarla dal peccato originale”.

Da quel momento, non soltanto la gente semplice e pia, ma anche i dotti e i sapienti aderirono senza riserve alla convinzione che la Madonna, la creatura più pura e bella, è stata concepita del tutto immune dal peccato originale. Teologi come San Pietro Canisio e San Roberto Bellarmino spiegavano questo insegnamento nei loro catechismi, molto diffusi e studiati. Santi predicatori, come Alfonso de’ Liguori, parlavano con trasporto di questo privilegio mariano, infiammando i loro ascoltatori. In molte università spagnole ed italiane i professori giuravano di difendere questa dottrina fino alla morte, se fosse stato necessario.

Si giunse così all’8 dicembre del 1854 quando Papa Pio IX, con la sua infallibilità in materia di fede, dichiarò l’Immacolta Concezione un articolo di fede da credersi. Merito anche di quel teologo francescano che aveva fatto capire, più di cinque secoli prima, che la Madonna, senza peccato originale, è il capolavoro della Redenzione di Cristo.