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“Quarantena orante”: profilassi spirituale 3.0 contro il Coronavirus
NEWS 29 Febbraio 2020    di Giulia Tanel

“Quarantena orante”: profilassi spirituale 3.0 contro il Coronavirus

Scuole chiuse, Sante Messe cancellate, attività lavorative in bilico, supermercati presi d’assalto, intere famiglie costrette in casa per giorni… in certe zone d’Italia, il Coronavirus è (anche) questo. O, anche laddove non si è confinati in casa, questo piccolo virus proveniente dalla Cina ha – in maniera più o meno importante – condizionato lo scorrere della quotidianità.

Di fronte a questo ci sono diversi modi di porsi: c’è chi si rassegna e approfitta di una vacanza non pianificata, c’è chi vive nella paura e si isola, c’è chi si lamenta, c’è chi si ribella… e poi c’è chi, accanto al rispetto delle regole che sono state imposte, affianca una non meno importante “profilassi spirituale 3.0”: è questa l’iniziativa nata in Lombardia da un gruppo di persone legate a don Vincent Nagle. Il Timone li ha contattati e ha posto alcune domande a Luca Perrucci, in qualità di promotore.

Luca, com’è nata l’idea di quella che è stata ribattezzata “Quarantena orante”?

«L’idea è nata nei giorni in cui sono scoppiati i primi casi di Coronavirus in Italia, su impulso di una paura e di una preoccupazione rispetto a una prospettiva difficile com’è quella della quarantena, ma anche del richiamo forte all’essenza della nostra natura di esseri mortali. Tutto questo ha generato il desiderio di tornare a pregare in maniera più intensa, rivolgendosi all’unica Persona che ci può salvare. Ma non di pregare da soli, bensì con la compagnia e l’aiuto degli amici in Cristo che si radunano attorno a don Vincent Nagle».

In che cosa consiste l’iniziativa?

«La cosa è molto semplice. Abbiamo fatto un gruppo su Skype e chi vuole pregare con qualcuno, lancia la chiamata: chi può, risponde. Ad oggi i tre appuntamenti più gettonati sono la recita della Coroncina alle 15.00, il Santo Rosario alle 22.00 e l’Angelus a mezzogiorno. Poi ci sono altri appuntamenti più o meno fissi, come le Lodi, ma in realtà ognuno può chiamare in qualsiasi momento, anche solo per una preghiera veloce o per vedere un volto amico durante la giornata.

Nel concreto, dunque, questa iniziativa ci ha permesso di tornare a pregare nella quotidianità, non relegando il rapporto con il Signore “solo” alla Messa settimanale e, nel contempo, ha reso molto evidente che questo ci è possibile solo se siamo uniti ad altre persone, perché altrimenti le incombenze familiari finiscono per sovrastare tutto».

Quante persone, adulti e bambini, sono coinvolte in questa iniziativa?

«Per ora siamo 18 persone. Alcuni hanno figli, e anche molti, ed è bello vedere come partecipano anche loro alla preghiera».

Qual è lo scopo che vi prefiggete con questa iniziativa?

«L’obiettivo ultimo è quello di tenere accesa la fiaccola della fede, che altrimenti rischia di spegnersi in un battibaleno ma che ci è chiaro essere l’unico antidoto alla paura e l’unica cosa che ci permette di vivere in pienezza, facendo la Volontà di Dio e aiutandoci a mantenere viva l’amicizia con Gesù e anche tra di noi».

Nella vostra zona le Sante Messe sono state sospese: il fatto di pregare in comunione con altre famiglie vuole anche ovviare, seppure in maniera necessariamente parziale, a questa mancanza?

«Sì, anche se tutto questo ovviamente non riesce a sopperire alla mancanza della Messa: la mancanza dell’Eucarestia si sente, e ancora di più ora che stiamo entrando in un momento forte dell’anno liturgico».

La vostra idea dimostra che anche nella fatica e nella difficoltà è possibile far germogliare dei semi di bene, come quello di riunire tante persone attorno alla figura di Cristo. Da quando avete iniziato questa iniziativa, il vostro modo di vivere la quarantena è cambiato?

«Sicuramente è vero, nei momenti di difficoltà può germogliare tanto Bene. L’amicizia dei nostri fratelli in Cristo ci consola e ci sostiene tanto nell’affidarci al Signore e nell’avere speranza, anche perché in questo modo non ci sentiamo soli nella fatica e siamo stimolati a rimetterci sulla strada che porta al nostro compimento, che non è una via facile».

Cosa vorreste dire alle persone che, in altre zone d’Italia, vivono la vostra stessa situazione?

«Semplicemente che questa sia un’occasione per cercare Chi ci può salvare da questa nostra condizione umana e fragile».


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