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Dopo Sanremo gli Oscar, è tutto un trionfo del politicamente corretto
NEWS 11 Febbraio 2020    di Raffaella Frullone

Dopo Sanremo gli Oscar, è tutto un trionfo del politicamente corretto

Paese che vai, sermone politicamente corretto che trovi, così anche la novantaduesima edizione degli Academy Awards ha visto i suoi protagonisti parlare diritti degli animali, di disuguaglianze di genere, di disappunto per l’assoluzione di Trump dall’impeachment e si è arrivati a citare fieramente Karl Marx.

Tra i tanti spicca Joaquin Phoenix, Oscar come miglior attore per la sua interpretazione nel film Joker, che premio in mano ha dichiarato: «Penso che il dono più grande che mi sia stato dato sia l’opportunità di usare la nostra voce per i senza voce. Sia che stiamo parlando di disuguaglianza di genere o di razzismo o di diritti indigeni o di animali, stiamo parlando della lotta contro l’ingiustizia». Attore pluripremiato, produttore, una vita segnata dalla prematura morte del fratello River e dalle dipendenze, Phoenix è da anni un attivista vegano. E lo ha ribadito: «Andiamo nel mondo naturale e lo deprediamo per le sue risorse. Ci sentiamo in diritto di inseminare artificialmente una mucca e quando lei partorisce rubiamo il suo bambino, anche se le sue grida di angoscia sono inconfondibili. E poi prendiamo il suo latte destinato al suo vitello e lo mettiamo nel nostro caffè e nei nostri cereali».

D’altra parte ormai qualunque palco, soprattutto se prestigioso, famoso e ambito, diventa una tribuna politica. Ne abbiamo appena fatto esperienza anche con l’ultima edizione del festival di Sanremo. “L’edizione delle donne”, l’hanno ribattezzata affidando la conduzione a due uomini e facendo ruotare una serie di accompagnatrici al femminile. Quella in cui Diletta Leotta, che il fratello chirurgo estetico specifica esser stata da lui solo una volta (ma non eravamo tutti plastic free?) ha tenuto un’omelia sulla bellezza naturale e il tempo che passa; in cui si è gridato allo scandalo perché della “fidanzata di” si è osato dire che era “la fidanzata di”; in cui tra le sette artiste che faranno un concerto contro la violenza sulle donne (ma poi, che significa un concerto “contro la violenza”? Ricorda molto la Francia che “contro” l’attentato al Bataclan canta Imagine disegnando per terra coi gessetti colorati) c’è Gianna Nannini che ha messo al mondo una figlia a 54 anni attraverso la procreazione assistita utilizzando il seme di un donatore anonimo e ha deciso di crescerla con una donna a cui si è unita civilmente. Ma che vuoi che sia, è il progresso. E poi lo fanno anche i calciatori blasonati come Ronaldo, perché giustamente l’utero in affitto non è mica solo cosa per coppie dello stesso sesso. Uguaglianza prima di tutto.

E ancora il bacio saffico prima e quello omo dopo con Tiziano Ferro, ça va sans dire, e Fiorello che ricorda che il cantante ha «un marito» che si chiama Viktor e poi un monologo, rilanciato sull’account ufficiali del Partito Democratico, in cui Tiziano Ferro parla dell’omosessualità senza nominarla, ma non può fare a meno di nominare Dio a sproposito. Su Achille Lauro si potrebbe anche stender un velo se non lo avesse già indossato lui stesso, è l’unico che ha l’attenuante di essere poco più di un signor nessuno e cerca di farsi notare come può, così prima si è (s)vestito praticamente come Jennifer Lopez al Superbowl, poi da Regina Elisabetta e poi mimando San Francesco si è buttato sul genere blasfemo. E tutti ad applaudire, come con Benigni che è riuscito riesce a infilare l’omosessualità nel Cantico dei Cantici e a uscirne nuovamente come il poeta dei nostri tempi. Grazie al cielo è finito, però si sa, The Show must go on, la prossima tribuna politica in paillettes è alle porte.


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