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Il senso di Agassi per il limite
NEWS 12 Febbraio 2018    

Il senso di Agassi per il limite

Il Patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, cita Andre Agassi. Lo fa a Villa Salus, a Mestre, domenica 11 febbraio, durante la visita che compie all’ospedale retto dalle suore Mantellate Serve di Maria, in occasione della Giornata del Malato.

«Cito una frase che mi ha colpito», ha detto il Patriarca, «e che Andre Agassi scrive nella sua biografia “Open”. Il libro è una critica feroce contro suo padre, un pugile che aveva combattuto anche alle Olimpiadi e che aveva deciso che uno dei suoi quattro figli avrebbe dovuto diventare campione per eccellenza. In effetti ci riuscì con il più piccolo, Andre. Ed è lui stesso che parla di una macchina inventata dal padre, il Drago, che buttava migliaia di palline alle quali il figlio doveva rispondere nel modo giusto. E quando questo non avveniva, il padre diventava un despota. Poi arriva il grande successo; eppure, questo tennista che in 21 anni di carriera ha guadagnato 181 milioni di dollari e che ha vinto tutti i tornei internazionali del Grande Slam, ad un certo punto scrive: “L’avevo dimenticato, ma è nei corridoi degli ospedali che si capisce davvero che cosa è la vita”».

Il Patriarca cita il tennista perché trova significativo che una leggenda del tennis, allevato per essere una macchina sportiva, ci aiuti a riflettere su una questione fondamentale. «Cioè il fatto», spiega monsignor Moraglia, «che noi comprendiamo che cosa è la nostra vita quando ci imbattiamo nei nostri limiti. Credo che questo valga anche per un medico: che è più medico quando si è imbattuto personalmente in situazioni in cui ha toccato con mano i limiti umani. È allora che alla competenza e all’efficienza si aggiunge l’umanità».

La vita umana, ha concluso il Patriarca di Venezia, «a differenza di quanto dice la cultura dell’efficientismo, del successo e dei risultati, ha un senso e un valore da scoprire e realizzare anche quando prende la forma della sofferenza. Una sofferenza non certo ricercata, ma affrontata e condivisa, affinché la nostra società e cultura mantengano un volto umano». (fonte)


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