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Il senso di Sinisa per la libertà
NEWS 23 Gennaio 2020    di Andrea Zambrano

Il senso di Sinisa per la libertà

Andando all’osso viene fuori così: a sinistra hanno Massimo Bottura con le cene elettorali (dicono) a 1000 euro a cranio; a destra hanno Sinisa Mihailovic e la sua prova di eroismo di fronte alla malattia. Generalizzazioni? Non proprio, anche se quella della politica un tanto al chilo dovrebbe essere una tentazione da respingere. Per tutti, figurarsi per un cristiano…

Anzi, lo è, perchè il cristiano non cerca l’influencer che fa l’endorsement. Guarda ai principi: vita, famiglia, libertà di educazione. Da questo deriva tutto il resto della politica. Ma i principi in questa campagna elettorale in Emilia Romagna hanno latitato, non sono stati molto al centro del dibattito. E allora ci si affida alle immagini forti. Se è vero che la politica è anche immagine, allora è con queste immagini che bisognerà misurarsi.

Le parole dell’allenatore del Bologna non potevano che scatenare una reazione a catena dall’indignato al blasfemo. C’è anche chi ha ironizzato sulla sua malattia. «Sputa sulla sanità che l’ha curato»; «Di tumori se ne intende». Infamie belle e buone.

Certo, sarebbe sbagliato dire che chi ha attaccato indegnamente Sinisa sia un elettore del Pd. Sicuramente è qualcuno che dovrebbe vergognarsi. Ma l’immagine resta. E certifica che la punizione dalla tre quarti del serbo ha colpito al cuore la Sinistra. Perché di solito, il vip, il personaggio noto, l’influencer, da queste parti si esponeva solo se votava dalla parte giusta, cioè a sinistra. Se doveva votare a destra, se ne stava zitto. Chi è emiliano queste cose non deve neanche spiegarsele, le sa, fanno parte di un meccanismo inconscio dopo 70 anni di governo prima comunista, poi post comunista, poi Pd.

Invece è arrivato Sinisa, che da quando combatte la leucemia è stato adottato dai bolognesi come un figlio, rispettato, coccolato, perché ha restituito con coraggio l’affetto ricevuto, essendo un vero uomo. E per giunta cristiano.

«Voterei la Borgonzoni». E questo in Emilia non puoi dirlo se sei vip e coccolato, invece Sinisa ha sparigliato le carte. Ha visto la sua terra dilaniata da una guerra, non si fa certo imbavagliare per le sardine di piazza 8 agosto…

Che poi, a Bologna lui non ci vota nemmeno, ma fa o no parte di quel sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione, articolo 21: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola»? Chiaro? Avesse detto bene di Salvini in Lombardia, bella forza. Ma l’ha detto mentre sta vivendo un periodo della sua vita in Emilia. E questo non puoi dirlo. Perché in Emilia la libertà è esercitata solo se scendi in piazza intruppato con qualcosa e stavolta tocca alle sardine. Par di risentire Leo Longanesi: «Non è la libertà che manca in Italia. Mancano gli uomini liberi».

Però l’immagine resta: Bonaccini che passeggia per i mercati da Piacenza a Rimini attorniato da sindaci e assessori, dall’establishment, e che porta gli elettori a cena dallo chef stellato dell’osteria inarrivabile chiamata, cena delle beffe, “Osteria Francescana”. Dicono che gli invitati abbiano pagato 1000 euro. Sarà vero? Per ora non troviamo smentite.

Di là si cerca un popolo, si fanno i selfie con i barbieri che dopo 50 anni di Pci voteranno Lega. E si raccoglie il plauso di Sinisa, che incarna in un sol colpo sogni e speranze di una generazione: è ricco, ha avuto successo nella vita, ma senza farlo pesare a nessuno. E il dolore e il coraggio lo hanno avvicinato alla categoria degli eroi. Poi, che vinca il migliore, ovviamente.


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