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Sinodo, i vescovi africani resistono all’agenda gay
NEWS 26 Ottobre 2018    di Ermes Dovico

Sinodo, i vescovi africani resistono all’agenda gay

I vescovi africani presenti al Sinodo sui giovani hanno opposto una forte resistenza ai tentativi di inserire la terminologia gay nel documento finale, che secondo il programma dovrebbe essere votato domani, paragrafo per paragrafo, per ognuno dei quali è richiesta la maggioranza dei due terzi. In particolare, dopo lo scandalo suscitato tra i fedeli, sembra che l’acronimo Lgbt (usato per la prima volta in un testo ufficiale della Chiesa, ossia l’Instrumentum Laboris, il documento preparatorio dei lavori sinodali) rimarrà fuori dal documento finale.

In un’intervista pubblicata questo martedì dal National Catholic Register, il camerunense Andrew Nkea Fuanya, vescovo di Mamfé, ha spiegato che «la Chiesa non deve rifuggire dalla verità» e aggiunto: «Penso che nessun vescovo dell’Africa voterà un articolo che abbia [il termine] Lgbt. Noi non lo voteremo. Nel nostro gruppo abbiamo detto che se vuoi parlare di omosessualità fai riferimento a questo numero del Catechismo della Chiesa cattolica», dove ai punti 2357-2359 si ricorda che gli atti omosessuali «sono contrari alla legge naturale», si raccomanda di accogliere con «rispetto, compassione, delicatezza» le persone con tendenze omosessuali, che «sono chiamate alla castità» e ad «avvicinarsi alla perfezione cristiana» con l’aiuto della preghiera e della grazia sacramentale.

Il vescovo camerunense, rispondendo a un paio di domande dell’inviata di LifeSiteNews, ha ribadito il no a cambiare l’insegnamento di sempre sull’omosessualità anche durante la riunione con la stampa di mercoledì 24 ottobre, affermando che se si trovasse a presentare a mille giovani della sua diocesi un documento con l’acronimo Lgbt «il 99.9% alzerebbero le mani e chiederebbero: “Cos’è quello?”». Fuanya ha anche denunciato la colonizzazione ideologica a danno dell’Africa, dicendo esplicitamente che «alcuni governi occidentali» e «gruppi di pressione» offrono aiuti al suo continente ma «li legano a questi acronimi» e alla legittimazione di aborto e omosessualità.

Al briefing con i giornalisti era presente anche il cardinale tedesco Reinhard Marx (nella foto in alto, divulgata da LifeSiteNews, accanto a Fuanya), membro del C9 e tra i prelati più in vista nel promuovere le istanze gay, tanto che a febbraio aveva aperto alla possibilità di «benedire» le coppie omosessuali, in chiaro contrasto con l’insegnamento costante della Chiesa. Dopo l’intervento del vescovo africano, Marx ha preso la parola dicendo che «la questione della sessualità non dovrebbe essere sfruttata in una battaglia ideologica». Secondo il presidente della Conferenza episcopale tedesca, la sessualità «potrebbe essere l’argomento di un intero sinodo», mentre «la questione dell’omosessualità non è mai stata tra gli argomenti centrali del Sinodo». Marx ha inoltre affermato che «ci sono lobby da ogni parte: lo sono anche quelle che cercano di evitare qualcosa», come presumibilmente l’arcivescovo di Monaco e Frisinga considera chi cerca di custodire intatto il deposito della fede, con particolare riguardo alla morale sessuale.

Che nei giorni del Sinodo ci sia stato da combattere sul punto lo confermano le parole del cardinale sudafricano Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, il quale ha detto al Register che i vescovi africani «hanno respinto in modo deciso» ogni tentativo di includere l’agenda omosessualista nel documento finale. Secondo Napier, in tema di morale, nella bozza «alcune cose sono piuttosto deboli» ma nel complesso si tratta di un’«analisi abbastanza buona». Ad ogni modo, riferisce ancora il Register, alcuni rappresentanti sinodali – specialmente di lingua tedesca – che avrebbero voluto inserire il termine Lgbt nel documento finale starebbero cercando di favorire l’uso di espressioni che fungano in qualche modo da futuri grimaldelli, come «qualità delle relazioni umane», «chiarire l’antropologia» o «nuova antropologia». Si vedrà.

Intanto, il vaticanista Sandro Magister ha fatto notare che nella terza settimana del Sinodo, quella dedicata a discutere la terza parte dell’Instrumentum Laboris (cioè la parte dove compare l’espressione «giovani Lgbt»), nessuno dei novatori sia uscito particolarmente allo scoperto. Anzi, il gruppo linguistico Anglicus B, moderato dal cardinale Blase Cupich (uno dei maggiori sostenitori di padre James Martin) e ritenuto tra i più insidiosi per la dottrina, nelle poche righe scritte dedicate al tema dell’omosessualità si è richiamato in modo esplicito all’insegnamento del Catechismo.

Secondo Magister è verosimile che sia stato lo stesso papa Francesco a frenare l’agenda gay al Sinodo, vista anche la recente emersione di scandali causati in prevalenza da ecclesiastici con tendenze omosessuali: come riportato dall’Osservatore Romano, il Papa «ha preso parte personalmente» la sera di lunedì 22 ai lavori di redazione del documento finale. Nella costituzione apostolica sul Sinodo dei vescovi (Episcopalis Communio) si afferma che il documento finale «è offerto al Romano Pontefice, che decide della sua pubblicazione» e dunque Magister argomenta che Francesco «ha fatto uno strappo, per seguire il più possibile da vicino la composizione del testo».


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