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Tutta l’importanza e la bellezza delle scuole parentali. Intervista a don Stefano Bimbi
NEWS 13 Gennaio 2017    

Tutta l’importanza e la bellezza delle scuole parentali. Intervista a don Stefano Bimbi

di Fabrizio Cannone

 

In forma ampliata, un’intervista di don Stefano Bimbi apparsa sul quotidiano La Verità.

Che l’istruzione dei bambini e dei giovani sia una delle priorità di ogni società autenticamente civile, ecco un’affermazione che dovrebbe essere condivisa da tutti ed universalmente. E in larga misura lo è. Il problema quindi non è qui a monte, ma piuttosto a valle. Cos’è infatti un ragazzo istruito, educato e tendenzialmente maturo, quale dovrebbe essere al momento del diploma di (raggiunta) maturità?

Le idee in proposito della neo-ministra della scuola Valeria Fedeli sappiamo quali siano: sostituire le idee tradizionali di bene, di giusto, di morale, con il loro opposto. Ovvero l’acme della nouvelle vague scolastica, iniziata nel 1968, passata attraverso le riforme scolastiche degli anni ’70-’90, e ora diventata la scuola pubblica europea: laica, non-discriminativa (neppure tra chi studia e chi ozia), e aperta ad ogni esperienza possibile (tranne che ai valori tradizionali della cultura classica e cristiana, della moralità, del rispetto dell’autorità del docente, dell’auto-controllo, eccetera).

Non quindi una cultura scolastica fondata sul dovere di acquisire elementi e informazioni (il che sarebbe nozionismo), ma sul rimuovere i “determinismi” che la famiglia e la biologia avrebbero imposto ai bambini. Come dire: bambini non si nasce (per natura), ma si diventa (per cultura)…

L’ideologia multi-sessista e demo-totalitaria poi la fa da padrona. Così se un bambino dell’asilo vuole giocare coi suoi pari (di sesso e di preferenze), ecco che allora andrà psicanalizzato e corretto, al limite redarguito per inculcargli fin da subito, i “valori” della non-discriminazione, dell’accoglienza e dell’uguaglianza, e della sessualità libera e poliforme.

In Francia e negli Stati Uniti queste tendenze pedagogiche micidiali sono già molto avanzate, e si potrebbero fare tanti esempi in tal senso. Alcuni anni fa un ministro francese della scuola, Vincent Peillon, a cui la “dottoressa” Valeria Fedeli sembra ispirarsi, disse che la scuola laica e pubblica doveva assurgere al ruolo di Chiesa, formando nei bambini e nei ragazzi le regole di condotta dell’adulto di domani. Il medesimo ministro voleva “cancellare i determinismi” nei bambini, cioè sopprimere la loro visione della sessualità e della famiglia tradizionale, della religione e della nazione (visti come indotti, irrazionali e violenti).

Per ottenere tal “bambino nuovo” da lui auspicato, il Peillon, in carica dal 2012 al 2014, appoggiò il libercolo “Tous à poils” (di Claire Franek e Marc Daniau, uscito nel 2011), ovvero “Tutti nudi”. Gli autori dell’’infame pamphlet opinavano che facendo spogliare interamente studenti e insegnanti, magari in piscina, scomparissero in qualche modo magicamente tutti i pregiudizi dei ragazzi, come il razzismo, l’omofobia, il sessismo, il moralismo, la religione…

La scuola in Francia, che spesso è l’avanguardia e il laboratorio, di quello che poi accade in Italia, è diventata un disastro sia per queste teorie bislacche fondate sulla non-discriminazione, sia per l’immigrazione extra-europea che ha evidentemente aggiunto problemi a problemi (in molte scuole di Parigi, Lione o Marsiglia sono più numerosi gli alunni stranieri che i francesi).

Così, la Fondation pour l’Ecole è sorta nel 2006 per promuovere le “scuole libere” cioè senza legami giuridici e finanziari con lo Stato. Nel settembre 2015 hanno aperto in tutta la Francia 67 scuole di questo tipo. Nel settembre scorso 93. Possono chiamarsi scuole parentali o familiari perché sono le famiglie che, associandosi e reperendo fondi, locali e docenti, organizzano dal basso questi istituti. La maggior parte dei quali non ha una vocazione religiosa specifica, sebbene le scuole cattoliche libere siano anch’esse in forte espansione.

Anche in Italia ci si sta organizzando in tal senso. Ne abbiamo parlato con don Stefano Bimbi (1970), giovane parroco a Staggia Senese, promotore di varie scuole libere (e cattoliche) in tutta la penisola, e ideatore del sito alleanzaparentale.it.

  1. Caro don Stefano, vuole presentarsi brevemente ai lettori.

La presentazione più stringata che mi viene in mente è che sono un sacerdote. Innamorato della Chiesa. Sono come il mercante di cui racconta Gesù: “Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”. Avevo una vita come tanti ragazzi di oggi, ma cercavo la felicità: quando ho capito dove si trovava, cioè con Gesù, non me la sono lasciata scappare. Avevo venticinque anni.

  1. Cosa la ha spinta a fare quello che fa?

Intende dire le attività della mia parrocchia? Le conferenze del centro culturale, il bonus bebè dal terzo figlio in poi, la scuola parentale, i corsi per fidanzati e i gruppi sposi, gli esercizi spirituali per giovani e adulti, il corso sulla dottrina sociale della chiesa, il catechismo per adulti?

Non basterà la mia vita per restituire a Dio ciò che mi ha dato, ma prima di tutto desidero solo portare Cristo come posso e dove posso… e siccome Gesù Cristo è il massimo bene possibile per ogni uomo, mi impegno farlo al massimo.

  1. Qual è la situazione dell’educazione parentale in Italia?

Ci sono moltissime famiglie che stanno scoprendo questa alternativa come la valida risposta alle loro aspirazioni nei confronti dell’istruzione dei figli. La scuola di oggi, seppure esistono molte valide esperienze didattiche e pedagogiche, ha tralasciato in molti casi di conservare il legame con la centralità della famiglia nell’educazione dei figli.

Inoltre, la ricerca pedagogica e anche le politiche educative, mirando giustamente a formare cittadini per il mondo del lavoro, tende a valorizzare competenze perdendo il coraggio di formare coscienze. Si è un po’ dimenticato il legame tra istruzione ed educazione, e la base valoriale che deve essere substrato di entrambe, pena la costruzione di un palazzo senza fondamenta: giovani e adulti deboli di fronte al mondo perché pieni di domande a cui non si è dato risposta.

Ecco. Le famiglie che hanno chiara questa evoluzione dell’istruzione cercano di rimediare con la scuola parentale.

  1. Quante scuole e bambini riguarda?

Difficile dirlo: nuove scuole aprono ogni anno, molte hanno una lunga storia, altre invece non riescono a sopravvivere. Non possiamo dare dati aggiornati (anche perché statisticamente esistono tante famiglie che hanno scelto di educare in proprio i figli, ma è difficilissimo stabilire quanti lo facciano a casa e quanti invece ricorrano a scuole parentali vere e proprie).

  1. Non c’è da temere che questi bambini siano come in una campana di vetro e abbiano in seguito più difficoltà all’università e nel lavoro dei loro coetanei?

No. Se il fine è la formazione di una personalità forte e sicura, va da sé che l’ambiente ristretto in cui i bambini sono seguiti da vicino e con un approccio personalizzato è una marcia in più, non una difficoltà. I bambini che crescono così sono più sicuri, spigliati, preparati.

  1. Queste scuole sono destinate ai soli cattolici?

L’istruzione parentale è responsabilità e scelta delle famiglie. Ciascuno le dà il contenuto che preferisce. Io le ho parlato delle scelte che più o meno accomunano le scuole di impronta cattolica che conosco, ma ovviamente esistono le esperienze più disparate in questo ambito.

Dal mio punto di vista, la nostra esperienza è valida perché recupera un compito fondamentale della Chiesa che si assume il proprio ruolo di insegnamento affiancando le famiglie.