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Wojtyla, Paolo VI e Humanae vitae
NEWS 10 Marzo 2018    di Giulia Tanel

Wojtyla, Paolo VI e Humanae vitae

Si è svolto mercoledì a Roma, presso l’Università Lateranense, un incontro di presentazione del libro Karol Wojtyla e l’Humanae Vitae, a firma dell’Arcivescovo di Cracovia padre Pawel Stanislaw Galuszka. Presenti all’evento i cardinali Gerhard Müller e Walter Brandmüller, il domenicano polacco padre Wojciech Giertych e l’ex vice-presidente della Pontificia accademia per la vita, monsignor Jean Laffitte e il professor Livio Melina.

L’incontro è stato un’occasione per ribadire la posizione della Chiesa in materia di contraccezione – ma non solo –, dal momento che a cinquant’anni dalla pubblicazione della Humanae Vitae sono ancora in molti, anche all’interno della stessa gerarchia ecclesiastica, a porla in discussione, se non a criticarla apertamente.

Il professor Livio Melina, nel rispondere a una domanda relativa a una lettera scritta nel 1969 dall’allora Arcivescovo Wojtyla a papa Paolo VI, con la quale avrebbe chiesto al pontefice di dichiarare infallibile l’Humanae Vitae, ha sottolineato un concetto importante: la differenza tra una definizione dogmatica ex cathedra e l’autorevolezza del magistero universale ordinario, che di fatto fissa la posizione della Chiesa rispetto a uno specifico tema, sottraendolo dall’essere possibile oggetto di una discussione teologica.

Come riportato da LifeSiteNews «In questo senso, la lettera del 1969 – ha affermato Melina – invita semplicemente papa Paolo VI a riconfermare ciò che dice l’enciclica Humanae Vitae, cioè che l’insegnamento appartiene al magistero ordinario universale, che secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, in Lumen Gentium, 25, è infallibile. Quindi, non la definizione ex cathedra di una nuova verità dogmatica secondo l’insegnamento del Vaticano I, ma piuttosto il riconoscimento della verità come magistero universale ordinario di ciò che è scritto nella stessa Humane Vitae».

Questo anche alla luce del fatto che il futuro papa Giovanni Paolo II, come affermato ancora dal professore, aveva come parametro di riferimento un concetto fondamentale, ossia che «l’insegnamento morale della Chiesa non è una decisione arbitraria e il Magistero non è un esercizio di potere ma è un servizio alla verità». In tal senso, «la Chiesa non ha il diritto e non ha la presunzione di definire o di cambiare “la Dottrina”, ma ne è semplicemente depositaria e testimone».

A fare eco a queste affermazioni è stato l’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (2012-2017), cardinale Müller, il quale ha affermato – riporta ancora LifeSiteNews – che «non è assolutamente necessario fare una definizione ex cathedra» rispetto al divieto dell’uso di metodi contraccettivi contenuto nella Humanae Vitae, dal momento che questa posizione «[…] appartiene all’antropologia cristiana. Dio è il Creatore e i genitori sono servitori della Divina Provvidenza, la quale include l’esistenza degli uomini».

Un problema “interpretativo” simile, ha quindi proseguito il cardinale, lo si ravvisa oggigiorno rispetto alla questione delle ordinazioni sacerdotali femminili, insistentemente invocate in taluni ambienti; tuttavia, anche in questo caso la posizione della Chiesa è precisa e definita, tanto che – ha affermato con nettezza il cardinale – «[…] il papa non ha il potere di cambiare questa dottrina».

Massima fedeltà alla posizione magisteriale di sempre, dunque, e nessun segno di apertura: le discussioni teologiche possono concentrarsi su altro.


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