A riferire l’accaduto uno degli anestesisti presenti al risveglio straordinario. Secondo il suo racconto una donna si era recata in ospedale per una doppia endoscopia. Un esame di routine, che solitamente si esegue in sedazione profonda con assistenza anestesiologica in Day hospital. Solitamente i pazienti si svegliano dieci minuti dopo la fine della procedura ma questa mamma di 36 anni non si è risvegliata, anzi, il suo cuore aveva smesso di battere.
A quel punto le viene effettuata la rianimazione e il battito riprende. A quel punto i sanitari si convincono che la donna abbia avuto un ictus e la mandano a fare una risonanza magnetica per scoprire che l’encefalogramma era semplicemente piatto: morte celebrale. A quel punto il trasferimento in terapia intensiva con tanto di respiratore. Due giorni dopo il marito chiede che la donna possa sentire la voce della figlia di soltanto un anno e a quel punto la giovane mamma, 36 anni, si risveglia, in perfette condizioni.
Siamo negli Stati Uniti. A raccontare la vicenda è Padre Michael Orsi, della diocesi di Camden, nel New Jersey, da sempre impegnato sul fronte della difesa della vita, dal concepimento alla morte naturale. Ed è lui che, riporta LifeSiteNews, si fa garante di aver verificato con infermieri, medici e anestesisti di quanto accaduto, certificato anche dal medico curante della donna, Omar Hussein, secondo cui non c’è modo di spiegare scientificamente l’accaduto
La vicenda si inserisce all’interno di un dibattito acceso Oltreoceano. Proprio il mese scorso, il New York Times ha pubblicato i risultati di uno studio, il più ampio mai condotto sul tema, che ha rilevato come almeno un quarto dei pazienti diagnosticati in coma, stato vegetativo o stato di minima coscienza hanno in realtà una certa consapevolezza.
Il report ha esaminato 353 pazienti che presentavano una lesione celebrale frutto di ictus, incidenti o attacchi cardiaci, di questi 241 erano stati diagnosticati come in coma, in stato vegetativo o con solo una minima coscienza. L’esperimento consisteva nel dare ai pazienti comandi verbali, come dire loro di immaginare di nuotare o di aprire e chiudere le mani. Per 60 dei 241 pazienti, circa un quarto quindi, c’erano prove che potevano ancora svolgere quei compiti nella loro testa, quindi segni di evidente attività celebrale. Lo studio si riferisce a questo come “dissociazione cognitivo-motoria”.
I risultati suggeriscono che la consapevolezza nascosta è più comune di quanto si pensasse in origine. «È una scoperta incredibile, ma anche un po’ spaventosa», ha affermato Caroline Schnakers, vicedirettore del Casa Colina Research Institute. Il team ha misurato l’attività mentale dei pazienti tramite test delle onde cerebrali e risonanze magnetiche funzionali. A differenza di una risonanza magnetica standard, che produce immagini 3D del cervello, una risonanza magnetica funzionale misura l’attività nel cervello in base al flusso sanguigno. Quando alle persone coscienti viene detto di seguire un comando, certe aree del cervello diventano più attive e il flusso sanguigno verso queste aree aumenta.
Tuttavia, non tutti gli ospedali dispongono di questa tecnologia, e i test sono ancora in corso. Ma la medicina è in continua evoluzione e questo potrebbe cambiare la prospettiva in molti dei casi oggi definiti senza speranza, anzi ormai già perduti.
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