Il caso dei due pugili giunti alla finale del torneo olimpico (al momento che scrivo uno dei due ha vinto la medaglia d’oro) ha suscitato un dibattito mediatico e sportivo che trova precedenti forse solo nello scandalo del doping di Stato delle atlete del blocco sovietico dopo la caduta del muro di Berlino.
Da un lato c’è il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) che ha ammesso i due atleti alle competizioni femminili basandosi sul certificato anagrafico e sul livello ormonale al di sotto di un valore soglia. Si rammenti che questo standard consente anche ad atleti transgender biologicamente maschi di misurarsi in competizioni femminili.
Dall’altro c’è l’associazione Internazionale di Boxe (IBA) che nel 2023 ha squalificato i due pugili perché l’esame genetico effettuato nel 2022 e ripetuto nel 2023 in due laboratori differenti accreditati ufficialmente di due Paesi differenti, effettuato dopo le lamentele ricevute da atlete e federazioni pugilistiche nazionali, hanno appurato la presenza del genoma maschile in entrambi i casi. L’espulsione, ratificata da 16 membri su 18 della dirigenza (un voto contrario e un astenuto) è divenuta legalmente definitiva perché uno degli atleti non ha addirittura presentato ricorso, mentre l’altro ha rinunciato a dargli seguito.
LO SCONTRO TRA CIO E IBA
Dal contrasto è nato una querelle che ha visto lo scontro aperto tra CIO e IBA. Vediamo gli elementi principali che sono emersi.
Che il CIO non fosse stato informato, è smentito dallo stesso portavoce del Comitato Olimpico che ha ammesso al giornalista del Daily Mail, Mark Keegan, di avere ricevuto l’informativa di sospensione del 5 giugno 2023 da parte dell’IBA.
Perché il CIO non ha preso in considerazione i risultati dei test? Ha risposto lo stesso portavoce: «Non riconosciamo i test IBA sul sesso perché non sono leciti. Nessuno vuole tornare ai giorni in cui si facevano il test del sesso […] è una questione di diritti umani. Non sono test leciti».
Ora per fare comprendere ciò di cui si parla, materialmente i test in questione sono fatti attraverso un semplice prelievo del sangue, oppure sono fattibili attraverso il prelievo con una piccola spazzolina strofinata nella cavità orale per raccogliere alcune cellule. Nel caso dei due pugili, il prelievo è stato effettuato col consenso dei due e i risultati sono stati loro notificati. Dunque si afferma che indagare la natura biologica maschile o femminile di una persona che volontariamente intende partecipare a competizioni sportive, sarebbe una violazione dei diritti umani, mentre di converso, non lederebbe alcun diritto costringere atleti biologicamente femmina a misurarsi con atleti biologicamente maschi, persino in sport ad alto contatto fisico come il pugilato.
LE DICHIARAZIONI DEL CIO
La posizione del CIO è stata confermata dal suo presidente, il tedesco Thomas Bach, che ha dichiarato: «abbiamo due pugili che sono nate donne, sono cresciute come donne, hanno passaporti femminili, e hanno gareggiato come donne per anni. Questa è una chiara definizione di donna».
Come siano nati i due pugili, non si capisce come il presidente del CIO possa affermarlo, dal momento che il CIO ha rinunciato a ogni accertamento sulla biologia degli atleti. Riguardo al resto, i casi di Brenda/David Reimer negli USA e i casi di Joella/Joel Holliday in Inghilterra, entrambi nati biologicamente maschi e con genitali ambigui, cresciuti come femmine, con documenti femminili (Joella), ma poi tornati al genere maschile una volta appresa la propria natura di maschio, dimostra che la definizione di Bach è insostenibile.
Se già con queste dichiarazioni il presidente del CIO appariva assai confuso, con la dichiarazione resa alla stampa successivamente ha tolto ogni dubbio. Ha dichiarato infatti che non esiste un modo scientificamente certo per distinguere un uomo da una donna. Se ci fosse, ha detto, il CIO lo adotterebbe ben volentieri.
Senza volere indulgere sulla contraddittorietà di questa posizione con la precedente in cui forniva “una chiara definizione di donna”, c’è da rimanere basiti: nessun uomo potrebbe essere certo che la propria moglie è una donna e viceversa e nessun essere umano potrebbe essere “scientificamente certo” di essere egli stesso uomo o donna.
Tutto ciò in barba alle conoscenze di fisiologia della riproduzione.
COSA DICE LA SCIENZA
È indicativo che un uomo posto al vertice dello sport olimpico ignori la scoperta di una donna, la scienziata americana Nettie Steven’s, che nel settembre 1905 (sono trascorsi da allora 119 anni) pubblicava l’articolo scientifico “Studies in spermatogenesis with special reference to accessory chromosomy” con cui dimostrava che i maschi hanno un cromosoma che le distingue dalle femmine, il cromosoma Y.
Al momento della fecondazione viene deciso il sesso dell’essere umano. La madre fornisce la cellula uovo che ha sempre un cromosoma X. Se lo spermatozoo che si unisce alla cellula uovo (fecondazione) ha un cromosoma X, nascerà un essere umano femmina con due cromosomi X, uno del padre e uno della madre. Se invece lo spermatozoo ha un cromosoma Y, allora nascerà un maschio con un corredo cromosomico XY, in cui la X deriva dall’ovocita materno e la Y dallo spermatozoo paterno. Dalla differenza cromosomica acquisita al momento della fecondazione, si giunge alla differenziazione della gonade maschile (testicolo) da quella femminile (ovaio), alla differenziazione ormonale, alla differenziazione degli organi sessuali e ai caratteri sessuali extragenitali (mammelle, distribuzione adiposa e pilifera, solo per fare degli esempi tra una infinità). Questa è la fisiologia umana.
Tutto ciò che devia da questo processo, a qualsiasi livello (cromosomico, genetico, ormonale, recettoriale) fa parte della patologia in cui emergono uno o più difetti. Per questo si parla di sindromi: sindrome di Klinefelter, sindrome di Turner, sindrome della tripla X, sindrome di Morris completa, parziale, o lieve, sindrome di Swyer e molte altre ancora comprese nel termine omnicomprensivo di Disordini dello Sviluppo Sessuale (DSD).
GENDER THEORY
Fare apparire tali disordini, cioè patologie, come varianti intermedie di uno spettro compreso tra maschio e femmina poste alle due opposte estremità, è un’operazione ideologica introdotta dalla attivista LGBT Anne-Fausto Sterling che nel 1993 varò la teoria dei 5 sessi aggiornata nel 2000 per includere nella terra di mezzo tra maschio e femmina l’infinito e indefinibile caleidoscopio gender, come suggeritole da Suzanne J. Kessler, psicologa sociale, colonna del costruttismo sociale del genere. È una costruzione ideologica intellettualmente volta a persuadere che non esiste differenza basata sulla natura biologica e se la natura offre uno spettro che dal maschio arriva alla femmina e viceversa, passando attraverso un caleidoscopio di mutazioni, diventa più facile asserire quello che il presidente del CIO ha detto, che non esiste un metodo scientifico che distingue l’uomo dalla donna per cui diventa accettabile basarsi unicamente sulla anagrafe, su un foglio di carta che con intento inclusivo trasferisca in atto ufficiale legalmente vincolante la percezione e l’attribuzione del sesso, sulla costruzione del genere.
Stiamo descrivendo il nocciolo duro della teoria gender che però, secondo i suoi sostenitori non esiste ed è una invenzione della Chiesa. Il caso della box femminile alle olimpiadi di Parigi ha reso evidente l’approdo pratico delle premesse teoriche e ha il merito di averne rivelato l’assurdità.
Ed è triste dovere constatare quanto questo pensiero ideologizzato e reso dogma, che condiziona regolamenti e leggi attraverso una lobby che il giornalista Federico Rampini ha detto essere “potentissima e cattivissima”, vada a detrimento della tutela delle donne nei bagni pubblici, così come nelle prigioni statali e sempre più nello sport.
E non è meno triste dovere constatare come certi commentatori cattolici si siano esercitati in improbabili similitudini cliniche e medico-sportive per giustificare l’operato del CIO, mancando il nocciolo di tutta questa vicenda in cui si è privilegiato la costruzione politicamente corretta alla realtà, la cosiddetta inclusione alla equità nella competizione, le richieste di una minoranza fatta di donne maschi ai diritti delle donne femmine, le donne che abbiamo conosciuto per millenni e che fino ad oggi hanno salvato l’umanità dall’estinzione. (Foto Ansa)
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