L’Abate Matthiey Raffray è un sacerdote cattolico francese membro dell’Istituto del Buon Pastore, società di vita apostolica di diritto pontificio, istituita nel 2006 dalla Congregazione per il Clero, i cui sacerdoti celebrano la Santa messa secondo il messale del 1962. Dal 2021 è Assistente del Superiore Generale. Teologo, filosofo e professore presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, ha pubblicato diversi libri ed ha una significativa presenza sui social media.
Ciò che però lo ha condotto agli onori della cronaca non è questo curriculum di tutto rispetto, bensì l’azione legale che il governo francese ha intrapreso nei suoi confronti per aver dichiarato che l’omosessualità, non la tendenza in sé ma gli atti (ovvero ciò che la Chiesa insegna nel suo magistero) è peccato. Ne ha parlato in un video pubblicato qualche giorno fa sul suo profilo Instagram, seguito da 60000 utenti. La caption che accompagna il video spiega chiaramente il senso del contenuto che si può fruire e che si immagina rivolto principalmente ai fedeli cattolici:
«Gesù Cristo è il nostro Salvatore: viene a salvarci dai nostri vizi, dai nostri peccati, prendendosi cura delle nostre ferite interiori e fortificandoci per mezzo della sua grazia. Ma c’è bisogno innanzitutto che riconosciamo i nostri errori e le nostre debolezze: sì, siamo tutti peccatori!» Potrebbe essere l’apertura di qualsiasi catechesi o meditazione quaresimale nella quale potremmo imbatterci andando in parrocchia, ora non più con la stessa certezza statistica, a essere onesti. Peccato per gli hashtag, un po’ più espliciti nell’indicare tra i molti vizi e peccati che possono ferirci e ostacolarci interiormente anche l’omosessualità. Ed è proprio questo riferimento che la sempre zelante sedicente comunità LGBTetc non ha lasciato passare senza appiccare i soliti roghi di commenti feroci, vittimistici, accusatori. Efficaci, purtroppo, al punto da ottenere l’avvio di un’azione legale a carico del sacerdote.
La dichiarazione più pesante in risposta alla breve catechesi del noto Abate sono quelle niente meno del Ministro per l’uguaglianza di genere, la diversità e le pari opportunità, Aurore Bergé, che ha bollato le parole del presbitero cattolico come “inaccettabili” e, sempre via social, ha dato seguito a tanto sdegno istituzionale: «In un messaggio pubblicato su X, ha detto di aver “chiesto alla delegazione interministeriale per la lotta al razzismo, all’antisemitismo e all’odio anti-LGBT (DILCRAH) di segnalare la questione al pubblico ministero sulla base dell’articolo 40” del codice di procedura penale. Il DILCRAH ha preso atto del messaggio del ministro e ha confermato di aver “notificato il pubblico ministero dei commenti omofobi fatti dal signor Raffray sui suoi social network”. Nel suo messaggio, la delegazione ha aggiunto: “Parlare di omosessualità come debolezza è vergognoso”.»
Ciò che viene contestato al sacerdote è di dire pubblicamente quello che la fede cattolica insegna e non può smettere di fare perché farebbe un torto a sé stessa e al bene più grande che è in gioco (e non è un gioco!): la verità sull’uomo e la salvezza delle anime. Sì, siamo peccatori, capaci di peccare in molti modi; in nostro soccorso viene la Grazia del Signore. Guai però ricordare come le pratiche omosessuali siano parte dell’elenco dei possibili peccati, perché in questo modo si osa sfidare un dogma laicista ormai ritenuto indiscutibile: non l’accettazione delle tendenze omosessuali, ma la promozione, addirittura la nobilitazione dell’omosessualità vissuta e praticata.
Fa sorridere il capo d’accusa perché l’inesistente, ma obbligatorio, termine pseudoscientifico di “omofobia” parla di paura; che paura può mai avere la Chiesa di Cristo di fronte al male se è l’unica a poter vantare a capo del proprio esercito il vincitore contro il principio di ogni male? Tant’è. In Francia e non solo lì ciò che è chiaramente sotto attacco è la morale cattolica e più a monte ancora la visione dell’uomo come creatura indebolita dal peccato e bisognosa di una salvezza che è entrata nella storia. Non si può dire, o meglio non si può dire “gratis”.
In un’intervista al settimanale Famille Chrétienne lo stesso sacerdote sotto accusa ha dichiarato come questo ultimo attacco sia l’ennesimo tentativo di
«intimidire l’insegnamento morale tradizionale della Chiesa cattolica: “È la moralità cristiana che è sotto attacco”, ha spiegato, aggiungendo che non stava facendo altro che citare il Catechismo della Chiesa cattolica, e in particolare §2357:
L’omosessualità si riferisce alle relazioni tra uomini o donne che sperimentano un’attrazione sessuale esclusiva o predominante per persone dello stesso sesso. Ha assunto forme molto diverse nel corso dei secoli e in culture diverse. Le sue origini psicologiche rimangono in gran parte inspiegabili. Sulla base della Sacra Scrittura, che la presenta come una grave depravazione, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. »
Nonostante altri procedimenti a carico di esponenti della chiesa cattolica in Francia siano finiti con un nulla di fatto, dal momento che non può essere considerato discriminatorio o incitante all’odio proporre gli insegnamenti della Chiesa in tema di moralità, questi episodi e i toni sempre più violenti addirittura assunti da cariche istituzionali confermano il clima di aperta ostilità nei confronti dei cristiani e di ciò che portano nel mondo. Ci si può chiedere, ancora una volta senza paura, chi spinge a odiare chi? Ma siamo cristiani, a certe cose siamo stati istruiti dal più Alto in carica.
(Fonte foto: Screenshot, Abbé Matthieu Raffray, YouTube)
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