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14.12.2024

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I nuovi preti sono «giovani, sicuri di sé e conservatori», dice il New York Times
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17 Luglio 2024

I nuovi preti sono «giovani, sicuri di sé e conservatori», dice il New York Times

I preti cattolici appena ordinati negli Stati Uniti sono giovani, pieni di fiducia in se stessi e conservatori. Così, pochi giorni fa, il New York Times ha descritto i ragazzi che oggi scelgono il sacerdozio, i quali sono «prevalentemente conservatori nella loro teologia, nei gusti liturgici e nella visione politica». Parole, beninteso, ampiamente suffragate dai numeri, con oltre l’80% dei sacerdoti ordinati dal 2020 che si descrive teologicamente come «conservatore/ortodosso» o «molto conservatore/ortodosso». Ora, nessuno discute queste considerazioni e questi numeri, esiti di un sondaggio statunitense condotto su 3.500 sacerdoti e pubblicato dal Catholic Project presso la Catholic University of America.

Quello che è discutibile è il tempismo con cui il New York Times tenta di dare una notizia, sia detto con rispetto, nota alla stessa stampa statunitense da decenni. Era il febbraio del 1994, in effetti – una vita fa -, quando il giornalista Larry B. Stammer, sulle colonne del Los Angeles Times, sottolineava come «scoperta più grande l’ortodossia da parte dei nuovi e più giovani sacerdoti, più conservatori dei preti di mezza età che furono ordinati e maturarono il sacerdozio negli anni ’60 ai tempi del Concilio Vaticano II». Larry B. Stammer nel frattempo ci ha lasciati, ma quelle sue parole si sono non solo confermate, ma anche rafforzate a livello sociologico.

Non a caso, come abbiamo raccontato qui sul sito del Timone, il 1° maggio scorso, l’Associated Press poteva pubblicare un lungo servizio di Tim Sullivan e Jessie Wardarski in cui si afferma che «i preti progressisti che hanno dominato la Chiesa statunitense negli anni successivi al Concilio Vaticano II», di fatto, «ora hanno tra i 70 e gli 80 anni. Molti sono in pensione. Alcuni sono morti. I preti più giovani sono molto più conservatori». «Stanno solo aspettando di seppellirci», ha commentato con amarezza un prete di 72 anni sentito nell’inchiesta, che poggia su basi robuste. Beninteso: anche l’Associated Press non era certo arrivata presto sulla notizia, e non solo per il servizio di Stammer, ma pure per altre ricerche successive.

Ancora a fine 2023, infatti, sei ricercatori – Brandon Vaidyanathan, Christopher Jacobi, Chelsea Rae Kelly, Tricia C. Bruce, Stephen White e Sara Perla – hanno reso noto, per la Catholic University of America, quello che è lo studio più vasto degli ultimi 50 anni condotto sui preti cattolici: ne sono stati interpellati 10.000. Un lavoro che ha fotografato il clero americano da prima degli anni ’60 ad oggi riscontrando da una parte come il conservatorismo dei sacerdoti sia molto accentuato e, dall’altra, come viceversa il vento progressista si stia bruscamente arrestato. Tanto che oggi, secondo questa indagine – statisticamente ancora più vasta di quella raccontata dal New York Times – l’85% dei giovani preti si definisce «conservatori». Non è finita.

Esiste una robuta serie di evidenze – che non mancheremo di riportare sulle pagine della nostra rivista che suggerisce come, pur senza scomodare l’episcopato africano, perfino in vari Paesi d’Europa – Francia, Germania, nei Paesi nordici e nella nostra Italia -, avanza una generazione di giovani sacerdoti «prevalentemente conservatori nella loro teologia, nei gusti liturgici e nella visione politica». Di tutto ciò, però, si parla oggettivamente poco, pure in casa cattolica; quasi fosse scomodo. Come mai: forse perché nelle alte sfere ecclesiastiche oggi prevale una generazione di orientamento diverso? Forse perché gli stessi prelati conservatori temono di esporsi, per evitare polemiche sui media? O, semplicemente, perché questi nuovi sacerdoti devono ancora far strada? Probabilmente, c’è della verità in ciascuno di questi tre scenari. Una cosa è certa: in futuro, ne vedremo delle belle. (Foto: Pexels.com)

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