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13.12.2024

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«Il male si vince solo con il bene», il martire Popiełuszko è ancora vivo
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21 Ottobre 2024

«Il male si vince solo con il bene», il martire Popiełuszko è ancora vivo

Dobbiamo “chiedere di essere liberi dalla paura, dal terrore, ma soprattutto dal desiderio di vendetta. Dobbiamo vincere il male con il bene”. Perciò è importante “mantenere intatta la nostra dignità di uomini, per questo non possiamo fare uso della violenza”. Questo l’invito rivolto ai fedeli durante la celebrazione della sua ultima messa da don Jerzy Popiełuszko, il giovane prete polacco che diverrà simbolo della lotta per la libertà del suo popolo negli anni drammatici della transizione dalla dittatura comunista alla democrazia. È il 19 ottobre 1984, da tre anni ha pieni poteri il generale Jaruzelski, che vuole soffocare il dissenso e far cessare gli scioperi nei cantieri navali e nelle miniere. Poche ore dopo aver pronunciato in chiesa quelle coraggiose parole, don Jerzy viene rapito da tre membri del Servizio di sicurezza del ministero dell’Interno, rinchiuso nel bagagliaio di un’auto, picchiato selvaggiamente e torturato. Sarà poi gettato, forse ancora vivo, nelle acque del fiume Vistola, che bagna Varsavia. Il suo corpo sarà ritrovato il 30 ottobre successivo e la notizia della sua tragica fine scuote profondamente tutta la Polonia e commuove l’intero mondo libero.

Gli aguzzini responsabili materiali dell’efferato delitto verranno individuati, processati e condannati a lievi pene detentive, i mandanti invece rimarranno nell’ombra. A quarant’anni da quel brutale assassinio, il libro Jerzy Popiełuszko martire del comunismo (Edizioni Ares) ripercorre la parabola umana e spirituale dell’eroico sacerdote, restituendoci – grazie alle testimonianze di chi l’ha conosciuto – la gigantesca figura di un uomo di fede che credeva fermamente nello stretto legame tra verità, giustizia e amore. Gli autori sono Grzegorz Górny e Włodziemierz Rędzioch, la presentazione del cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi. “Quando in Italia si seppe dell’uccisione”, scrive Semeraro, “io ero un giovane sacerdote, e ricordo che fin da subito si disse che Popiełuszko era da ritenersi un martire”. Al funerale parteciparono un milione di persone e la sua tomba – su cui pregò il 14 giugno 1987 anche Giovanni Paolo II, durante il suo terzo pellegrinaggio in patria – divenne meta di un ininterrotto pellegrinaggio, che continua ancora oggi.

Il sacrificio di don Popiełuszko non fece cessare la strage ad opera del regime dei preti cattolici ritenuti scomodi. Il 20 gennaio 1989 don Stefan Niedzielak, il cappellano degli ambienti indipendentisti, è picchiato a morte da “sconosciuti” nella sua canonica; dieci giorni dopo, in circostanze fino ad ora non chiarite, muore don Stanisław Suchowolec, cappellano di Solidarność a Białystok. Dopo le elezioni del 4 giugno 1989, che vedono il forte arretramento nei consensi del partito comunista polacco, l’11 luglio sempre del 1989 viene ucciso un altro sacerdote legato a Solidarność, don Sylwester Zych. Finalmente il 17 settembre 1993 l’ultimo soldato russo lascia la Polonia. L’8 febbraio 1997 viene avviato il processo di beatificazione di don Jerzy, che verrà solennemente proclamato beato il 6 giugno 2010 a Varsavia, in una piazza Piłsudski gremita di folla.

Che lezione ci lascia padre Popieluszko? In quel tragico 19 ottobre di quarant’anni fa, forse presago dell’imminente fine della sua esistenza terrena, disse che “può vincere il male solo chi è pieno di bene; chi si cura dello sviluppo e dell’arricchimento di sé con quei valori che rendono figli di Dio nella dignità umana”. Così “vincere il male con il bene è restare fedeli alla verità”, quella verità che, “come la giustizia, è unita all’amore e l’amore costa”. In un’altra occasione aveva affermato con chiarezza, quasi fosse il suo testamento spirituale: “Dobbiamo dire la verità, quando altri tacciono. Esprimere amore e rispetto, quando altri seminano odio. Stare in silenzio, quando altri parlano. Pregare, quando altri bestemmiano. Aiutare, quando altri non vogliono farlo. Perdonare, quando altri non ci riescono. Rallegrarci della vita, quando altri la disprezzano”. Leggere questo libro, che ci aiuta a non cancellare la memoria di don Jerzy e le atrocità compiute dal comunismo, “sarà un bene per tutti”, sottolinea il cardinal Semeraro, “perché attraverso il sacrificio dei martiri Dio cambia i cuori degli uomini”.

(Foto Wikipedia pubblico dominio)

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