“Sven”, questo il titolo della docuserie disponibile da domani su Amazon Prime alla quale l’ex allenatore di Inghilterra, Roma, Lazio, Fiorentina, Sampdoria, Sven Goran Eriksson ha affidato il suo commiato, lo scorso gennaio ha infatti rivelato di avere un cancro terminale al pancreas con un’aspettativa di vita di un anno.
«Penso che siamo tutti spaventati dal giorno in cui moriremo, ma la vita riguarda anche la morte», ha detto l’allenatore nel trailer di lancio, «spero che alla fine la gente dirà, sì, era un brav’uomo, ma non tutti lo diranno. Spero che mi ricorderete come un ragazzo positivo che cercava di fare tutto il possibile. Non dispiacetevi, sorridete. Grazie di tutto, allenatori, giocatori, il pubblico, è stato fantastico. Non dispiacetevi, sorridete piuttosto, e pensate ai momenti belli. Grazie a tutti, giocatori, colleghi, presidenti, tifosi. Prendetevi cura della vostra vita, e vivetela fino in fondo», il tutto concluso con un «Ciao» finale.
Non sappiamo quanto Eriksson ne abbia consapevolezza, ma in quel saluto è contenuto un inno alla vita che vede l’esistenza di ogni persona sempre degna, anche quando si scontra col dolore e la sofferenza. Lontano dai riflettori e dagli applausi del pubblico ha così deciso di ripresentarsi davanti a una telecamera e girare per gli stadi gli ultimi mesi della sua esistenza con gratitudine e riconoscenza, la stessa «gratitudine pazza» di cui parlava Oriana Fallaci dopo il cancro. Sulla scia emotiva i media si riempiono di elogi, «commovente», «ha vissuto fino in fondo senza rimpianti né rimorsi», eccetera eccetera. Ma noi cogliamo una piccola quanto nitida sfumatura.
Quella vita che riguarda la morte, è la stessa vita che la società di oggi invita a stroncare. «Prendetevi cura di vostra vita fino alla fine» è invece un grido che mette a tacere l’ideologia sottesa all’eutanasia, più di quanto possa farlo ogni altro dibattito. Essere dalla parte della vita non è esclusiva del mondo cattolico. La Chiesa, in Gaudium et Spes, ci ricorda a tal proposito il valore della coscienza: «Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è a lui darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa’ questo, evita questo».
È in virtù di questo “Bene” che quando nel 2005 negli Stati Uniti venne uccisa Terry Schiavo – donna in stato vegetativo cui vennero tolti alimentazione e idratazione – Oriana Fallaci scriveva: «La parola eutanasia è per me una parolaccia. una bestemmia nonché una bestialità. Un masochismo. Io non ci credo alla buona-Morte, alla dolce-Morte, alla Morte-che-Libera-dalle-Sofferenze. La Morte è morte e basta. […] Il Testamento Biologico è una buffonata. Perché nessuno può predire come si comporterà dinanzi alla morte». Che la tua, Eriksson, possa essere una morte veramente buona, come l’incontro con la sola Sapienza che può insegnarci a contare i nostri giorni, così da «vivere fino in fondo», usando le tue parole. E che te possa divenire consapevole dell’Eterno al quale vai incontro. (Fonte foto: Ansa)
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