Il 17 luglio, un giorno dopo la festa della Vergine del Carmelo, si ricordano le 16 carmelitane scalze che difesero la fede durante la Rivoluzione francese. Fu una profezia di quasi un secolo prima ad anticipare che sarebbero state loro a porre fine al “regno del terrore”.
Si dice che nel 1693, nel convento carmelitano di Compiègne, a nord-est di Parigi, una carmelitana, suor Elisabeth-Baptiste, vide in sogno alcune suore del suo convento nella gloria del Cielo, vestite con manti bianchi e ciascuna con una palma in mano. Prefigurazione del martirio che si compirà con l’arrivo della Rivoluzione. Nel settembre 1792, quando la madre priora sentì crescere nella comunità il desiderio di martirio, propose alle monache di compiere un atto di consacrazione con il quale «la comunità si offrisse in olocausto per placare l’ira di Dio e che questa pace divina, che il suo caro Figlio era venuto a portare al mondo, potesse essere restituita alla Chiesa e allo Stato». Così, ogni giorno, tutta la comunità rinnovava la sua consacrazione.
Dopo lo scoppio della Rivoluzione francese, nel 1789, fu istituito il cosiddetto “regno del terrore” con esecuzioni pubbliche e l’uso della ghigliottina, ad opera di Maximilien Robespierre. Nel 1792, l’abitudine religiosa fu dichiarata illegale. La superiora del convento santa madre Teresa di sant’Agostino permise allora di leggere la profezia di suor Baptiste che lei aveva trovato anni prima nel monastero. Qualche tempo dopo, le suore dovettero fuggire dal convento a causa della dura persecuzione religiosa e offrirono la loro vita al Signore per la salvezza della Francia, in modo che meno persone morissero nella ghigliottina e per raggiungere la libertà di coloro che sono stati imprigionati ingiustamente.
Le religiose furono arrestate e mandate a Parigi, dichiarate «nemiche del popolo» e condannate a morte. Nel processo, le monache furono accusate anche di «aver preteso esporre il Santo Sacramento sotto un baldacchino a forma di manto reale». Secondo il giudice anche questo era «indizio certo di affezione alla idea della sovranità reale, e perciò alla famiglia deposta (di Luigi XVI)». Le suore non volevano accuse confuse e chiesero che fossero specificate, finché l’accusatore non specificò che erano fanatiche per «quella vostra affezione a credenze puerili: quelle vostre sciocche pratiche di religione». Era il 17 luglio, giorno della Madonna del Carmelo. Quel giorno dell’anno 1794 le coraggiose suore lungo tutto percorso che le conduceva al luogo dell’esecuzione cantarono degli inni sacri. Vestite con i loro mantelli bianchi, le religiose discesero dai carretti, si misero in ginocchio e intonarono il Te Deum e il Veni Creator Spiritus.
Giovanni Paolo I faceva riferimento alle 16 carmelitane scalze nell’Angelus del 24 settembre 1978: «Durante il processo si sentì la condanna: a morte per fanatismo. E una nella sua semplicità ha chiesto: “Signor Giudice, per piacere, cosa vuol dire fanatismo?” e il giudice: “È la vostra sciocca appartenenza alla religione”. “Oh, sorelle!, ha detto allora la suora, avete sentito, ci condannano per il nostro attaccamento alla fede. Che felicità morire per Gesù Cristo!”. Sono state fatte uscire dalla prigione della Consiergerie, le hanno fatte montare sulla fatale carretta, durante la strada han cantato inni religiosi; arrivate al palco della ghigliottina, uno dopo l’altra si sono inginocchiate davanti alla Priora e hanno rinnovato il voto di obbedienza. Poi hanno intonato il Veni Creator; il canto, però, si è reso via via sempre più debole, man mano che le teste delle povere suore, ad una ad una, cadevano sotto la ghigliottina. Rimase ultima la Priora, suor Teresa di sant’Agostino; e le sue ultime parole furono queste: “L’amore sarà sempre vittorioso, l’amore può tutto”. Ecco la parola giusta, non la violenza può tutto, ma l’amore può tutto».
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