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13.12.2024

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Luciano Garibaldi, il ricordo di un giornalista che ha cercato la verità
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29 Novembre 2024

Luciano Garibaldi, il ricordo di un giornalista che ha cercato la verità

Passato lo scritto, entrai nella sede dell’Ordine dei Giornalisti a Roma, in Lungotevere de’ Cenci, per sostenere l’orale dell’esame da professionista. La prima persona che incontrai quel 17 marzo 2005 fu Luciano Garibaldi (foto), che non mi fece gli auguri e pronunciò parole sul mio futuro che taccio per vergogna. Luciano è morto venerdì a Milano a 88 anni. Era così semplice e immediato che, quando lo conobbi, tanti anni prima, volle, io implume, passassi al «tu». L’ho sempre ritenuto un dono troppo sproporzionato, bene inteso mica per l’età. Nonostante i suoi auspici, però, non ho evidentemente imparato nulla di questo mestiere, visto che ne sto violando una delle regole principali: mai ricordare un personaggio crogiolandosi nei “io lo conoscevo”. Epperò lo conoscevo quell’uomo che ha indossato il mestiere del giornalista come uno di quegli abiti stilé e al contempo fitting che non ti leveresti mai, e mi ha sempre fatto sorridere (glielo dissi, ne sorrise pure lui con quella sua risata pastosa) il fatto che un antigiacobino come lui, un monarchico (nutriva forti dubbi sulla regolarità del 2 giugno 1946), un cattolico, un uomo sul serio di Destra portasse il cognome di quel furfante di Giuseppe Garibaldi.

Era nato a Roma nel 1936 ma era poi diventato così genovese da padroneggiare l’accento a perfezione. Plasmato dalla cultura cattolica di parrocchia quando le parrocchie erano parrocchie, i bombardamenti alleati della guerra negli occhi e nelle orecchie, abbandonò l’università per alimentare il fuoco del giornalismo. Centinaia di articoli e una quarantina di libri dopo è palese come avrebbe potuto essere lui a insegnare a tanti baroni universitari lo stile, la retorica, il metodo.

Professionista dal lontano 1957, ha collaborato con un numero enorme di testate, ma come non menzionare la sua ricostruzione a puntate dell’attentato fallito ad Adolf Hitler sentiti i sopravvissuti, la prima corrispondenza che sia mai stata pubblicata dalla Cecoslovacchia invasa dai sovietici nel 1968 per il settimanale Gente, lo scoop dei diari del terrorista neofascista Mario Tuti finanziato da Muhammar Gheddafi?

Assunto nel 1974 a Il Giornale, caporedattore centrale a Gente nel 1976 e a La Notte nel 1984, ha collaborato a lungo con Avvenire, L’Indipendente, Il Tempo, Quattroruote, Storia illustrata, ancora Il Giornale, Studi Cattolici e Il Timone.

Il suo cimento è stata la storia, cui ha dedicato vere e proprie perle. Per ricordare tutte quelle sue pagine che non tramonteranno mai ci vorrebbe un libro (ecco una buona idea che cedo gratuitamente a uno dei suoi editori), ma, anche qui, impossibile scordare, fra tanti saggi e inchieste importanti sulla Seconda guerra mondiale, il terrorismo o le foibe, il bellissimo L’altro italiano. Edgardo Sogno: sessant’anni di antifascismo e di anticomunismo (Ares, Milano 1992) dedicato a un eroe ingiustamente calunniato e poi dimenticato; La pista inglese (Ares, 2002), poi rivisitato e ampliato come Mussolini: The Secrets of His Death (Enigma, New York 2004), dove sostiene che non i partigiani, ma un commando britannico abbia eliminato il Duce per zittire gli anche recentissimi trascorsi di Winston Churchill, divenuti scomodi, con il capo del fascismo italiano, trascorsi volti a premere sul Führer affinché si volgesse solo contro Mosca; O la Croce o la Svastica (Lindau, Torino 2011), dove racconta dell’antinazismo di Papa Pio XII; Gli eroi di Montecassino (Mondadori, 2012) sui polacchi del generale Władysław Anders che liberarono l’Italia; o I giusti del 25 aprile. Chi uccise i partigiani eroi (Ares, 2005) sugli antifascisti non comunisti.

Un giorno del 1972 la sua penna senza compromessi lo mise nel mirino del terrorismo rosso. Fece come consigliò la Questura e si allenò con quel revolver che poi mise in fuga due malintenzionati. Il pentito Leonardo Marino chiese a lui di rivedere il prezioso testo in seguito pubblicato come Così uccidemmo il commissario Calabresi (Ares 1992). Non smettere di cercare la verità della storia, Luciano: là dove sei ne hai una visuale impagabile.

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