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12.12.2024

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«Ogni offesa a Dio è già stata portata da Cristo sulla Croce». Ecco come un cristiano deve rispondere alla cerimonia della Olimpiadi
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5 Agosto 2024

«Ogni offesa a Dio è già stata portata da Cristo sulla Croce». Ecco come un cristiano deve rispondere alla cerimonia della Olimpiadi

Pubblichiamo uno stralcio, in una nostra traduzione di lavoro, dell’introduzione alla Messa pronunciata sabato scorso da monsignor Nicolas Brouwet (foto nell’articolo), vescovo di Nimes, nella cattedrale della città francese. (fonte: Diocesi di Nimes)

Fratelli e Sorelle, ho voluto celebrare questa Messa, che è la Messa consueta della Cattedrale, sempre seguita dall’adorazione del Santissimo Sacramento, dopo la forte emozione suscitata dalla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici venerdì scorso, e nella quale, giustamente o erroneamente, venne vista come una rappresentazione della Santa Cena in quello che venne poi presentato come un banchetto pagano degli dei dell’Olimpo.

Ho proposto molto rapidamente che nelle comunità si celebri una messa e si organizzi un momento di culto, come facciamo qui, perché la questione è come reagiamo a ciò che abbiamo inteso come una parodia del Vangelo e una mancanza di rispetto per la fede cristiana.

Questo ci interroga sulle nostre risposte di oggi e su quelle di domani, perché questa non è né la prima né l’ultima volta in cui ci sentiremo sfruttati o messi da parte.

Le tentazioni sono 4:

➢ La prima è l’invettiva. Ha l’apparenza di un dialogo, ma è un dialogo di sordi. È un vicolo cieco perché non produce altro frutto se non la rabbia.

➢ Il secondo è lo scoraggiamento. Ci arrendiamo nella tristezza, nel disgusto e nella delusione. È anche questo un vicolo cieco perché da questa tristezza non esce nulla di buono.

➢ La terza tentazione è il confinamento in una cerchia di persone che condividono esattamente le stesse idee. È rassicurante, ma alla fine soffoca perché non c’è più spazio per un’altra prospettiva e per la libertà della mente.

➢ La quarta tentazione è la polarizzazione sul rispetto dei propri diritti. È molto attuale. Non è né proibito né superfluo far valere i propri diritti – in particolare il diritto di rispettare le proprie opinioni religiose – ma questo legalismo ci esaurisce e non arriva al fondo delle cose.

Un’altra forma di risposta ci viene data nella celebrazione della Messa. Perché lì, di fronte a ciò che crediamo di comprendere, di sentire come un’offesa o un disprezzo, stiamo davanti al Signore, confessandogli, in tutta semplicità e umiltà, che Egli ha un popolo che Gli appartiene, che lo adora, che lo loda, che canta la sua lode, in risposta al dono che fa di se stesso e della sua Parola viva. Questo è ciò che dà senso e gioia a tutta la nostra esistenza, anche di fronte alle prove e alle sfide.

Fondamentalmente siamo già stati salvati. Ogni offesa contro Dio è già stata sopportata da Cristo nella sua offerta sulla croce; è davanti a Lui che li confessiamo. E tutte le nostre preoccupazioni e dubbi trovano una risposta definitiva in questa fede in Gesù Salvatore.

Da questo punto di vista, meditare il libro dell’Apocalisse può esserci di grande aiuto.

La liturgia celeste qui descritta è una liturgia di lode all’Agnello immolato e al Re dei re e Signore dei signori.

Lo celebrano coloro che gli stanno attorno con le fronde di palma in mano perché hanno attraversato la grande prova, quella di una vita terrena fatta di fedeltà e peccati, di vittorie e fallimenti, di dubbi e confessioni di fede, a volte per il punto del martirio.

Stiamo già vivendo con fede su questa terra la liturgia che celebreremo in cielo: quella della lode e dell’adorazione resa a Dio che vuole attirare a sé tutta l’umanità.

La Messa e l’adorazione ci riportano ad affrontare la nostra vocazione profonda. Danno senso, incoraggiano, consolano e riparano profondamente ciò che è stato ferito, offeso, rotto.

Ed è quando siamo tornati a questo atteggiamento confessante che siamo pronti ad andare oltre: il dialogo, perché è sempre fruttuoso quando è avviato nella pace dello Spirito, nella ricerca della giustizia e nell’affermazione dei propri diritti. Ma sempre in modo evangelico: nella carità, nella verità, nell’umiltà.

Questa è la risposta cristiana, mi sembra. Non è principalmente quella di un’attivista, ma quella di un confessore. È raccontando al Signore la nostra gioia di essere suoi discepoli e la grande speranza che ci abita attraverso la sua morte e la sua risurrezione che troveremo poi l’atteggiamento giusto, la risposta adeguata da dare. Sarà una testimonianza dell’autenticità della nostra fede. […]

*Vescovo di Nimes

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