Domani l’azzurra Angela Carini dovrà affrontare l’atleta algerino transgender Imane Khelif sul ring. Fregandocene del politicamente corretto dovremmo dire: il mondo intero domani vedrà una donna presa a pugni da un uomo. Come se non ci fosse bastata la scabrosa cerimonia d’apertura o l’immediato licenziamento per la battuta “sessista” del telecronista Bob Ballard. Adesso anche la violenza.
Il pugile Khelif, dopo essere stato escluso insieme al taiwanese Lin Yu-tin dai Mondiali di pugilato dell’anno scorso per aver fallito la verifica ormonale (dovremmo stupirci?), ha ora superato i test di idoneità di genere, noti come “test di verifica del sesso”. Tuttavia, il 29 luglio il Cio (Comitato olimpico internazionale) ha confermato che entrambi gli atleti transgender potranno partecipare alle Olimpiadi. E che cosa sarebbe cambiato in un anno? Di certo nessuna magia – ce ne sarebbe voluta una simile a quella della fata Smemorina che trasforma i topolini in cavalli, per intenderci – semplicemente i Mondiali sono di competenza dell’International Boxing Association (non riconosciuta dal Comitato olimpico), mentre i Giochi olimpici fanno capo alla Boxing Unit.
Il presidente della prima, Umar Kremlev, per spiegare il motivo dell’esclusione del 2023 aveva riferito: «Entrambe le atlete squalificate avevano cromosomi XY. Per questo erano state estromesse dagli eventi sportivi, “in modo da garantire integrità e equità della competizione». Di tutt’altro avviso è la Boxing Unit, per la quale «tutti gli atleti che partecipano al torneo di pugilato dei Giochi olimpici di Parigi 2024 rispettano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione, nonché tutte le norme mediche applicabili in conformità con le regole 1.4 e 3.1 dell’Unità di pugilato di Parigi 2024». La Boxing Unit del Cio, che da tempo adotta regole orientate all’“inclusività”, ha semplicemente tagliato al testa al toro: non effettua la “verifica del sesso”.
La protesta si infiamma su più fronti. «Pugile trans dell’Algeria – bandito dai mondiali di boxe – può partecipare alle Olimpiadi e affronterà la nostra Angela Carini», scrive sui X Matteo Salvini, riportando l’esperienza dell’atleta messicana Brianda Tamara che dopo aver combattuto contro Khelif aveva dichiarato: «I suoi colpi mi hanno fatto molto male. Non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni di pugilato, né nel mio sparring con gli uomini. Grazie a Dio quel giorno sono uscita dal ring sana e salva, ed è un bene che finalmente se ne siano resi conto».
Prosegue il leader della Lega: «Uno schiaffo all’etica dello sport e alla credibilità delle Olimpiadi. Basta con le follie dell’ideologia “woke”!». Il deputato Rossano Sasso, capogruppo in commissione Cultura, Scienza e Istruzione ha commentato: «È giusto far combattere qualcuno che ha, per sua natura, una maggiore prestanza fisica contro una donna? Nel nome di una sedicente inclusività si è superato il limite della decenza. […] Solidarietà a tutte le atlete costrette a combattere contro uomini, nel nome della follia ideologica woke della sinistra». «Un cattivo esempio che va contro il codice morale dello sport», chiosa il presidente della commissione Sport a Palazzo Madama.
Anche il mondo della boxe si fa sentire. Il campione britannico Derek Chisora su X ha condiviso un video di un combattimento di Imane Khelif con una domanda nella didascalia: «È giusto?». Anche l’ex campione del mondo Barry McGuigan è intervenuto sui social: «È scioccante che sia stato permesso loro di arrivare fino a questo punto. Cosa sta succedendo? […] È patetico, gli uomini diventano donne per avere un vantaggio nello sport. Cosa fanno le autorità al riguardo? Nella boxe o in qualsiasi altro sport da combattimento è un crimine. Non dovrebbe accadere, ma se sfuggono alla rete e vengono catturati, dovrebbero essere imprigionati».
Il portavoce del Comitato olimpico internazionale, Mark Adams, ha riferito che le regole per competere nella categoria femminile sarebbero «complicate», specialmente «per quanto riguarda la domanda sul testosterone e sull’attraversamento della pubertà maschile, abbiamo emesso un documento di riferimento a tutte le federazioni. E tutti vorrebbero avere una sola risposta: sì, no, sì, no. Ma è incredibilmente complesso». A sua detta gli esperti sanno riconoscere «dove c’è un grosso vantaggio che chiaramente non è accettabile, la decisione va presa a quel livello». Cogliamo l’assist di Adams per concludere che è vero, quando il parlare non può essere limitato a “sì” e “no”, allora è certo che c’è lo zampino del maligno. E pare evidente. (Fonte foto: Ansa/Facebook)
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