Sono anni che i giovani – e i bambini, ahimè – vengono ingannati dalla massima del “nato in un corpo sbagliato”, a caro prezzo. Letteralmente e in tutti i sensi. Ieri Do No Harm (che raggruppa medici, infermieri, studenti di medicina, pazienti e politici che vogliono lasciare l’agenda politica dell’identità di genere fuori dall’istruzione medica, dalla ricerca e dalla pratica clinica) ha pubblicato un database nazionale – unico nel suo genere – di ospedali e strutture mediche che amministrano interventi irreversibili di cambiamento sessuale sui bambini negli Stati Uniti tra il 2019 e il 2023. E ciò che ne è venuto fuori spiega tante cose.
Risultati nazionali: 13.994 bambini hanno ricevuto trattamenti relativi al cambiamento di sesso, 5.747 interventi chirurgici di cambio di sesso eseguiti su bambini, 62.682 prescrizioni di ormonali e bloccanti della pubertà scritte per 8.579 pazienti pediatrici. Alla modica cifra totale di… almeno 119.791.202 dollari. Inoltre, il database Stop the Harm elenca le istituzioni e i centri più impegnati per la causa del “cambio di sesso”. L’elenco presenta circa 2000 strutture tra le quali i cosiddetti “Dirty Dozen”, ovvero gli ospedali più incriminati che promuovono trattamenti sui minori: Connecticut Children’s Medical Center, Children’s Minnesota, Seattle Children’s, Children’s Hospital di Los Angeles, The Children’s Hospital di Filadelfia (la cui clinica transgender è stata fondata nel 2014 ed è tra le prime quattro cliniche pediatriche della nazione)… per fare qualche nome.
Per inciso, non ci sorprende che compaia proprio il nome del centro di Filadelfia, visto che Rachel Levine – Segretario (trans) per la salute del governo Biden – nel 2021 ha dovuto testimoniare davanti alla commissione del Senato per la salute, l’istruzione, il lavoro e le pensioni, in merito ad alcune e-mail scambiate con un medico della clinica transgender del Children’s Hospital di Filadelfia. Questi aveva detto di non essere a conoscenza di alcuno studio medico dell’epoca che sostenesse gli interventi chirurgici irreversibili che la clinica aveva già eseguito sui minori. «Abbiamo avuto più di 10 pazienti che hanno subito un intervento chirurgico al petto di età inferiore ai 18 anni (a partire dai 15 anni) e un intervento chirurgico ai genitali», così aveva risposto spiegando che stava attualmente lavorando con i colleghi per «ottenere alcuni dati pre-post operatori per i migliori interventi chirurgici per i giovani sotto i 18 anni» e suggerendo che un assistente di ricerca dovesse fare una ricerca bibliografica per assicurarsi che «non si perdesse nulla».
Un enorme esperimento sui bambini, ecco che cos’è stato, ed è solo la punta dell’iceberg. «Con il lancio del database Stop the Harm, Do No Harm si impegna a esporre i pericoli della medicina di genere pediatrica sperimentale e porre fine a queste pratiche», ha detto il presidente di Do No Harm il dottor Stanley Goldfarb: «Questo progetto unico nel suo genere fornisce a pazienti, famiglie e politici una risorsa che rivela la pervasività dei trattamenti irreversibili per il cambiamento di sesso per i minori in America. Mentre questi dati rappresentano la punta dell’iceberg, questo è il primo passo per ritenere l’istituzione medica responsabile della partecipazione, e spesso della promozione, di interventi medici predatori e non scientifici per i bambini».
C’è bisogno di far sentire la propria voce. Così, mentre i medici e il personale sanitario (che sono degni di questo appellativo) si raggruppano per raccogliere dati e dimostrare l’infondatezza e la pericolosità di certe pratiche, le famiglie che si trovano ad affrontare in prima linea la battaglia contro la teoria che vorrebbe distruggere l’identità dei propri figli uniscono le forze (vedi GenerazioneD qui in Italia), anche noi ci impegniamo a dare voce a chi ci mette la faccia. Ecco perché abbiamo intervistato Luka Hein, ventenne originaria del Minnesota che si è pentita (e come lei molti altri, qui per leggere e abbonarsi) di aver iniziato il percorso di transizione di genere. Oggi sente la necessità di condividere la sua esperienza perché «ci sono bambini coinvolti in tutto questo», per questo sarà in tour con Pro Vita & Famiglia Onlus (qui le date e i luoghi). C’è bisogno di far sentire la propria voce, ma anche di ascoltare un’altra voce. Leggete l’intervista e ascoltate la sua storia. (Foto: Pexels.com/Pexels.com)
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