Si chiama Peter Oliver, è un uomo di 61 anni e soffre da moltissimo tempo di depressione, al punto che, la sua, è diventata una situazione cronica, ma non ci pensa neanche a porre fine alla sua durissima vita e lo racconta su un blog, a commento della risoluzione legislativa canadese che, dal 17 marzo 2027, permetterà anche a chi è affetto solo da un disagio mentale di accedere al suicidio assistito.
La vita di Peter Oliver non è certo una passeggiata. Come racconta egli stesso, è afflitto da più di quarant’anni(dunque da più di metà della sua vita) da una depressione “cronica” «il che significa che è una condizione a lungo termine e non c'è motivo di credere che sarà mai alleviata. È anche costante, il che significa che non c'è mai un'occasione in cui non provo un certo livello di depressione. A volte è debilitante, il che significa che profondi sentimenti di stanchezza, disperazione, pessimismo, disperazione e pensiero autocritico diventano così opprimenti che, in alcune occasioni, devo ritirarmi in una stanza buia per diverse ore e sedermi in silenzio fino a quando questi sentimenti dannosi non si alleggeriscono».
Una condizione così difficile e complessa che ha richiesto l’assistenza di 4 psicologi e 1 psichiatra che gli hanno fornito 100ore di supporto professionale. I farmaci, l'esercizio fisico, la meditazione, la terapia cognitivo-comportamentale, la comunità di supporto, la dieta corretta, la lettura, gli hobby, il diario e la preghiera sono tutti mezzi di supporto con cui l’uomo cerca di combattere. «Nonostante tutti questi interventi, la mia depressione rimane costante, cronica e talvolta debilitante».
Tuttavia, la sua, è una vita molto attiva. Come egli stesso racconta: «La mia formazione professionale comprende studi di infermieristica psichiatrica, una laurea in filosofia e un master in teologia pastorale. Ho lavorato in una varietà di posizioni lavorative (fattoria, fabbrica, edilizia) ho prestato servizio come assistente per un uomo morente, sono stato assistente di un insegnante che si occupava di bambini gravemente disabili, ho lavorato come assistente pastorale in una parrocchia cattolica romana, ho fornito servizi di cappellania e attualmente sono il direttore esecutivo della Catholic Health Association del Saskatchewan».
Insomma, per quanto schiacciante e devastante, la sua depressione non gli ha certo impedito di avere una vita piena e addirittura a servizio e sostegno del prossimo. Ma non finisce qui, perché Peter aggiunge anche che 8 anni fa ha dovuto affrontare un cancro al colon e, mentre era ancora in ospedale, ha dovuto apprendere la notizia ferale del suo licenziamento. «Includo questo perché sembra importante riconoscere che le sfide della salute mentale sono ulteriormente complicate da altri eventi della vita».
La depressione di Peter, come sottolinea, è una croce praticamente ereditaria: suo padre ne ha sofferto per tutta la vita, ma non aveva i mezzi per curarsi, a differenza sua. «Non ha avuto l'assistenza che io ho avuto il privilegio di ricevere - racconta Peter- Era un disturbo dell'umore che trovava espressione nel comportamento ruminante (in ore di parolacce durante la notte), nel rifiuto di fare il bagno, negli scoppi d'ira e nella comunicazione paralizzata. Questi sono stati alcuni degli ingredienti primari della mia infanzia». Mentre sua madre, la ricorda come una donna forte e piena di grinta che raccolse le sfide grandi di questa situazione, crescendo da sola i suoi 6 figli.
Per questo l’uomo, si mostra indignato di fronte alla risoluzione legislativa canadese che, dal 17 marzo 2027, permetterà anche a chi è affetto solo da un disagio mentale di accedere al suicidio assistito e, quindi il suo caso potrebbe essere tranquillamente preso in considerazione. «Una valutazione positiva significherebbe che il governo del Canada ritiene che una risposta legittima alla mia condizione è quella di farsi iniettare da un medico una sostanza velenosa nel mio braccio causandomi la morte. SONO OFFESO! ».
La rabbia di Peter riguarda l’atteggiamento pilatesco del governo canadese: «Il governo del Canada, al quale è affidata la responsabilità di favorire la pienezza di vita dei suoi cittadini, è pronto ad attuare una legislazione che dice: "Siamo d'accordo con te. Starai meglio da morto!" ». Quello che si aspetta dal governo canadese è un messaggio di incoraggiamento che garantisca a chi soffre di poter affrontare l’afflizione e la prova, sostenuti adeguatamente dalle istituzioni.
«Non si possono servire due padroni. Non si può costruire una grande nazione che contemporaneamente si aspetta che i suoi professionisti medici forniscano guarigione, speranza e incoraggiamento, sostenendo al contempo una legislazione che prevede un mandato per medici e infermieri per uccidere i pazienti depressi. Il risultato è inevitabile: il rispetto dei cittadini per le persone con problemi di salute mentale si eroderà e la nostra nazione comincerà a glorificare il suicidio assistito». Per cui, conclude Peter con decisione: «Come persona la cui famiglia ha lottato a causa della salute mentale e che incontra quotidianamente sfide per questo motivo, questo non è ciò di cui abbiamo bisogno e non è ciò che vogliamo!» (Foto: Imagoeconomica)
ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!