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Sacerdoti irlandesi ambigui sul referendum per decidere sull’aborto
NEWS 12 Maggio 2018    di Giulia Tanel

Sacerdoti irlandesi ambigui sul referendum per decidere sull’aborto

Tra un paio di settimane, il 25 maggio, il popolo irlandese sarà chiamato al voto per decidere se introdurre o meno l’aborto nel Paese: il quesito referendario chiede infatti se la maggioranza dei cittadini intende abrogare l’Ottavo Emendamento della Costituzione (già confermato nel 1983), che fino ad oggi si poneva a baluardo della tutela della vita nascente, sancendo che il bambino nel grembo materno è cittadino irlandese fin da prima della nascita e che gode quindi degli stessi diritti della madre.

Come Il Timone ha già avuto modo di evidenziare, da diversi mesi il referendum ha assunto una valenza internazionale, soprattutto alla luce degli interessi economici direttamente collegati al mercato dell’aborto: non per niente il magnate George Soros si è esposto con la considerevole cifra di 150.000 dollari per finanziare – in maniera peraltro illecita – la campagna It’s Time promossa in Irlanda da Amnesty International.

Tuttavia, la speranza che la maggioranza della popolazione voti «No» e che l’isola presti fede alla sua radicata tradizione cattolica rimane viva, anche alla luce delle molteplici dichiarazioni rilasciate da vescovi e arcivescovi – tra i quali anche il primate d’Irlanda, monsignor Eamon Martin – volte a ribadire l’intrinseca illeceità di commettere un omicidio e a sottolineare l’unicità di ogni vita umana. Accanto a questo, la conferenza episcopale irlandese ha anche diffuso una lettera dal titolo Due vite, un solo amore (qui il testo integrale in inglese) nella quale si afferma, tra altri punti chiave, che «l’aborto […] è la distruzione diretta e intenzionale di un bambino non nato ed è gravemente immorale in tutte le circostanze. Non è un trattamento medico», chiudendo così ogni possibilità di interpretazione e fornendo ai fedeli una chiara indicazione di voto.

Alla luce di questo, sorprendono molto i contenuti di una lettera a firma dell’ACP – Association of Catholic Priest, resa pubblica il 5 di maggio, con la quale vengono sollevate alcune perplessità rispetto alle modalità con cui la Chiesa ha gestito il periodo pre-referendario. Scrivono infatti i reverendi: «In quanto associazione che rappresenta sacerdoti cattolici approviamo pienamente l’insegnamento cattolico secondo cui tutta la vita umana, dall’inizio alla fine, è sacra e che ogni persona umana condivide il fondamentale diritto alla vita». Tuttavia, continua il testo: «Non vogliamo dire a nessuno come dovrebbero votare. […] C’è indubbiamente un contenuto morale per questo referendum, ma come per molte altre questioni, ci sono anche dimensioni sociali, politiche e pastorali. Per questo motivo siamo preoccupati che alcune parrocchie cattoliche stiano permettendo che i loro pulpiti siano usati dai sostenitori durante la messa. Poiché ci sono, tra fedeli, cattolici che stanno andando in chiesa, una grande varietà di opinioni su questo voto, crediamo che questo sia inappropriato e insensibile e sarà considerato da alcuni come un abuso dell’Eucaristia. Crediamo che sarebbe meglio se questa pratica cessasse per il resto della campagna».

Il che, provando a tradurre in maniera più chiara i concetti (volutamente?) espressi con una certa ambiguità, pare voler significare: la Chiesa in certe questioni non dovrebbe entrare e la morale cattolica è da porre in subordine rispetto a questioni di carattere socio-culturale e politico.

Come si concilia questa posizione con, ad esempio, il capitolo quinto del Vangelo di Matteo, laddove si legge: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 13-16)? L’adesione al cattolicesimo si compone infatti della fede e delle opere e ogni cristiano, a maggior ragione se ha ricevuto il Sacramento della confermazione, è chiamato a essere testimone e araldo del Vangelo in ogni aspetto della sua quotidianità.


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