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«L’unico a godere è il diavolo», le Chiese d’Oriente di fronte al conflitto in Ucraina
NEWS 28 Febbraio 2022    di Redazione

«L’unico a godere è il diavolo», le Chiese d’Oriente di fronte al conflitto in Ucraina

«Le guerre sono una sconfitta per tutte le parti coinvolte. L’unico a godere è il diavolo, che già danza sulle teste dei cadaveri e gioca con il dolore delle vedove, degli orfani e delle madri in lutto», sono le parole di Anba Raphael, Vescovo copto ortodosso a capo della diocesi che comprende la parte centrale del Cairo. Parole reali che non si nascondono dietro ad allarmismo o commiserazione, ma colgono nel segno la tensione che stanno vivendo i responsabili e le intere comunità delle Chiese d’Oriente davanti al conflitto in atto in Ucraina.

Negli ultimi anni, il Presidente russo Vladimir Putin aveva assunto l’immagine di difensore delle comunità locali cristiane, anche per questo i Patriarchi e gli esponenti autorevoli delle Chiese d’Oriente sono rimaste sconcertate di fronte agli attacchi. Nell’ultimo periodo poi l’Ucraina era diventata lo specchio delle lacerazioni più profonde all’interno del Cristianesimo ortodosso che avevano portato alla spaccatura tra Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e Patriarcato di Mosca con contrasti alimentati da sentimenti nazionalisti e di ordine geopolitico. Il conflitto si è aggravato in particolare dopo il 6 gennaio 2018, quando il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli concesse il cosiddetto “Tomo di Autocefalia” alla Chiesa ortodossa ucraina, con l’intento di legittimare dal punto di vista canonico una compagine ecclesiale ucraina sciolta da ogni vincolo di soggezione gerarchica nei confronti del Patriarcato di Mosca.

Di fronte alla campagna militare avviata dalla Russia sul territorio ucraino i Patriarchi e i rappresentanti ufficiali di diverse Chiese ortodosse tentano con le loro parole e preghiere di fare da guida alle tante comunità che in questo momento vivono un disorientamento spirituale molto doloroso. Il Patriarca Ilya II, Primate della Chiesa ortodossa autocefala della Georgia così si esprime: «Sappiamo, sulla base dell’amara esperienza della Georgia, quanto sia importante l’integrità territoriale di ogni Paese», riferendosi al 2008 quando le forze armate russe intervennero con la giustificazione di tutelare le prerogative di autonomia delle regioni dell’Ossetia e dell’Abkhazia.
Il Patriarca Daniel, Primate della Chiesa ortodossa di Romania, ha dichiarato di aver «preso atto» della campagna militare condotta dalla Russia nei confronti di «uno Stato indipendente e sovrano», auspicando che le diplomazie del mondo raggiungano il dialogo per allontanare l’ipotesi di una guerra che colpirebbe l’Ucraina e tutta l’Europa.

Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, “primus inter pares” tra i Primati delle Chiese ortodosse, ha espresso il suo «profondo dolore» verso un atto che ha definito di «palese violazione di legittimità internazionale», manifestando il suo sostegno al popolo ucraino. «Dobbiamo pregare affinché il nostro Dio, il Dio dell’amore e della pace, illumini la dirigenza della Federazione Russa, in modo che possa riconoscere le tragiche conseguenze delle sue decisioni e azioni, tali da poter innescare anche una guerra mondiale», ha poi aggiunto. Medesimi sentimenti di vicinanza sono stati espressi dall’Arcivescovo Ieronymos di Atene, a capo della Chiesa ortodossa di Grecia. Anche il Metropolita Onofry, a capo della Chiesa ortodossa ucraina rimasta legata al Patriarcato di Mosca, ha pubblicato un suo messaggio in cui definisce «invasione» l’attacco avviato dalla Russia nel territorio ucraino – messaggio che è stato poi rimosso dal sito ufficiale di tale compagine ecclesiale.

Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill ha diffuso un messaggio, pubblicato il 24 febbraio, in cui afferma di farsi carico «con profondo e sentito dolore» delle sofferenze provocate dagli «eventi in atto», non entrando troppo nel merito delle ragioni e delle responsabilità. Egli parla da Primate «di una Chiesa il cui gregge si trova in Russia, Ucraina e altri Paesi», esprimendo vicinanza a «tutti coloro che sono stati colpiti da questa tragedia». Il Patriarca russo invita poi tutte le parti in conflitto a fare «tutto il possibile per evitare vittime civili» facendo leva sulla secolare storia in comune che hanno i popoli russo e ucraino, fin dal Battesimo della Rus’ del principi San Vladimir. Ha poi concluso: «Credo che questa affinità data da Dio aiuterà a superare le divisioni e i disaccordi sorti che hanno portato all’attuale conflitto», invitando tutti a prestare ogni soccorso alle popolazioni che subiranno il conflitto.

Ma Kirill ha parlato anche ieri, domenica 27 febbraio, ancora una volta però evitando di stigmatizzare in modo diretto le azioni militari russe. «Dio non voglia», ha detto, «che l’attuale situazione politica in Ucraina, Paese fratello a noi vicino, consenta alle forze del male, che da sempre combattono l’unità della Rus’ e quella della Chiesa russa, di prevalere». E ancora: «Possa il Signore mantenere unita la nostra Chiesa. Il Signore protegga dalla guerra fratricida i popoli che fanno parte dello stesso spazio, quello della Chiesa ortodossa russa. Non diamo a potenze esterne oscure e ostili l’opportunità di prenderci in giro…».

Gli ha in qualche modo risposto l’arcivescovo ortodosso ucraino Epifanij, della Chiesa Ortodossa Ucraina (OCU), da qualche anno in aperta controversia con il Patriarcato di Mosca. «Purtroppo», si legge in una lettera aperta da lui firmata, «è già chiaro dalle sue precedenti dichiarazioni pubbliche che mantenere l’impegno di Putin e della leadership russa è molto più importante per Lei [Patriarca Kirill, ndr] che prendersi cura del popolo ucraino, alcuni dei quali lo consideravano il loro pastore prima della guerra». E infine una chiusura che non richiede troppi commenti. «Pertanto, mi rivolgo a Lei, capo della Chiesa ortodossa russa e le chiedo di mostrare almeno pietà verso i suoi concittadini e verso l’intero suo gregge. Se non può alzare la voce contro l’aggressione, aiuti almeno a portare via i corpi dei soldati russi che hanno pagato con le loro vite le idee della “grande Russia”».


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