Uno sguardo affinato dalla preghiera e ripulito dall’esercizio dell’umiltà è uno sguardo penetrante e capace di riconoscere chi ha di fronte, nel bene e nel male. Così è stato per padre Hamel, sacerdote francese della diocesi di Rouen, in Normandia, ucciso da due jahdisti all’età di 85 anni, mentre celebrava la Santa Messa. Sono passati quasi 8 anni da quel 26 luglio del 2016, ma fin da subito la chiesa parrocchiale dove il sacerdote è stato brutalmente assassinato è diventata meta di pellegrinaggio. Le ultime parole pronunciate dall’anziano sacerdote, riferirono i testimoni, sono state «Vattene, Satana! Lontano da me, Satana!»
«Uccidere in nome di Dio è satanico», aveva commentato il Santo Padre nell’omelia della messa celebrata a Santa Marta all’indomani del fatto e molte altre sono state le parole di lode e di gratitudine per la vita di questo martire – e «i martiri sono beati!», aggiungerà il Papa – per la sua vita nutrita dalla fede e spesa al servizio dei fratelli, anche i più lontani. Viveva in un quartiere con un’elevata presenza di immigrati e ha sempre intrattenuto buoni rapporti con la comunità musulmana, tessendo reti di dialogo con tutti.
Padre Jacques Hamel sta celebrando l’Eucarestia nella chiesa di Santo Stefano di Saint-Étienne-du-Rouvray, nei pressi di Rouen, quando due giovani terroristi lo costringono ad inginocchiarsi prima di sgozzarlo. Entrambi hanno 19 anni, sono di origini magrebine e si dichiarano fedeli all’autoproclamato stato islamico. Moriranno per mano della polizia intervenuta sul luogo dell’attentato. «Uomo buono, mite, di fratellanza, che cercava sempre di costruire la pace», dice ancora di lui Papa Francesco. «Dobbiamo pregarlo, che ci dia la mitezza, la fratellanza, la pace e anche il coraggio di dire la verità». Una verità che ha permesso all’anziano sacerdote di accusare il vero mandante di tanto odio e ha aperto al perdono dei suoi carnefici umani.
Il coraggio per la verità e il desiderio di testimoniarla deve avere assistito anche la regista del film dedicato alla sua storia, dal titolo “Che la nostra gioia rimanga”: «Cheyenne Carron, già conosciuta per una quindicina di film, ha voluto rendere omaggio a questo uomo di fede attraverso la sua opera e rivela nelle colonne di Le Figaro le ragioni che lo hanno spinto a lanciarsi in questo film», leggiamo su valeursactuelles.fr: «Essendo cristiana di origine Kabyle (berbera, NdR), questi drammi mi causano una sofferenza molto grande e creano in me una rabbia decuplicata, una vergogna molto profonda e un rifiuto violento. Andando sulla scena, mi sono ripromessa di fare un giorno un film sull’argomento».
La realizzazione della pellicola ha incontrato non pochi ostacoli, non ultimo la scarsa distribuzione, che rammarica profondamente l’autrice. Le riprese sono state realizzate nel presbiterio di Saint-Étienne-du-Rouvray, dove ha vissuto padre Jacques, e nella chiesa di Saint-Godard di Rouen per le scene dell’assassinio. Sarà proiettato in poche sale in Francia, ma sarà a breve disponibile on demand su Canal+ e in DVD.
Il martirio di padre Hamel sta portando frutti crescenti i cui segni sono visibili nella diffusione sempre più ampia della sua fama, dalla provenienza dei pellegrini che lasciano richieste scritte e preghiere, da tutta la Francia ma anche dall’Europa orientale, dalla Gran Bretagna e persino dal Giappone: «Il libro degli ospiti della chiesa – riferisce il sito kath.de – contiene voci con richieste di intercessione dell’abate Hamel per preoccupazioni concrete, per esempio per un bambino malato, un amico, il proprio matrimonio. Un pellegrino ha scritto: “Che la sua umile fedeltà alla sua stessa missione ci aiuti ad essere cristiani fino alla fine”». (Fonte foto: Screenshot TG2000, YouTube).
Potrebbe interessarti anche