E’ il titolo di un libro che elenca i martiri cristiani dalle origini dell’islam ad oggi. Abbiamo intervistato l’autore, Camille Eid. Tante vicende che lasciano un’impressione di violenza e di fedeltà.
La prima persecuzione musulmana contro i cristiani iniziò dieci anni dopo la morte di Maometto, in Arabia; l’ultima è fresca dell’altro ieri: e sporca di sangue la carta di Indonesia, Sudan, Pakistan, Filippine, Algeria, Egitto… Oltre 500 casi di martirio multiplo (dai singoli ai gruppi più vasti, ai massacri di massa) in 1350 anni: un fiume di morti per la fede di cui nessuno, finora, aveva quasi mai parlato. Eppure è il panorama che Camille Eid, un cattolico maronita libanese che da anni lavora in Italia come giornalista specializzato sul Medio Oriente e l’islam, ricostruisce nel suo ultimo documenta ti ssim o libro A morte in nome di Allah. I martiri cristiani dalle origini dell’islam a oggi (Piemme).
Eid, il suo libro allinea almeno 500 casi di martirio dei cristiani. Maometto aveva predicato la tolleranza, eppure – lei scrive – «nessuna dinastia islamica può pretendere di avere le mani pulite» in questi massacri. Da dove deriva questo particolare rapporto di amore/odio tra cristianesimo e islam?
«Il rapporto di amore-odio esiste singolarmente fra tutte e tre le religioni monoteiste, quindi anche con l’ebraismo. Per quanto riguarda quello tra islam e cristianesimo possiamo rilevare quanto il Corano esalti la figura del “Cristo figlio di Maria” e di sua Madre e parli con simpatia dei monaci cristiani. Nello stesso tempo, però, l’espansione dell’islam in Medio Oriente e nel Nordafrica è stata fatta a spese del cristianesimo, fiorente in quelle zone. In pochi anni, dopo la nascita dell’islam, ben quattro patriarcati cristiani (Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Babilonia) caddero in mano musulmana, mentre un quinto (Costantinopoli) subiva continui assalti. Lo stesso sistema di protezione (la dhimma) istituito per garantire, sotto il dominio islamico, un trattamento di favore alla “Gente del Libro” (cioè cristiani ed ebrei) ha finito per provocare un lento e inesorabile passaggio dei fedeli di queste religioni all’islam, sotto la spinta delle limitazioni loro imposte a livello sociale e della pressione fiscale che prevedeva. A ciò si aggiunge il fatto che la fede nella Trinità porta la maggioranza dei musulmani a considerare i cristiani come dei credenti che non hanno completato il cammino verso il monoteismo».
Anche i cristiani però hanno perseguitato l’islam (vedi il caso della Spagna al tempo della Reconquista), e finora era questo l’aspetto maggiormente sottolineato dagli storici. Dovendo fare un bilancio, anche se è sempre antipatico soppesare le sofferenze degli uomini, chi tra le due parti ha avuto più martiri secondo lei?
«Non c’è dubbio che anche i musulmani potrebbero censire molte vittime cadute per mano di cristiani. Il massacro perpetrato ultimamente in una città della Nigeria rappresenta un recente esempio a questo riguardo. La differenza sta comunque nel fatto che, mentre il musulmano trova nel Corano una giustificazione ai suoi misfatti contro gli “infedeli”, il cristiano non può pretendere di compierli in nome di Cristo. È effettivamente antipatico fare un bilancio, ma anche difficile, dato che bisogna appurare se il “martire” è caduto per motivi di fede oppure politici. Sono comunque sicuro che i cristiani ne uscirebbero come la parte più lesa. Per un motivo semplice: i territori riconquistati dalle nazioni cristiane sono limitati alla Penisola iberica e – sebbene parzialmente – ai Balcani. Il rapporto è, secondo me, di un martire islamico ogni dieci cristiani».
E chi ha avuto interesse finora a non parlarne? Da quando e perché è scesa questa sorta di censura sulla storia e sull’attualità dei cristiani martirizzati dall’islam?
«Direi da molto presto. I cristiani hanno preferito passare sotto silenzio i primi episodi di martirio per non venire meno alla dhimma, che vietava loro ogni contatto con il nemico, in quel caso i Bizantini. Denunciare quegli episodi alle autorità islamiche presentava poi altri problemi: ad esempio si poteva protestare per quelli provocati dai singoli cittadini, non certo per le uccisioni ordinate da un governatore o dallo stesso califfo… Per fortuna non sono mancati gli interventi di saggi musulmani, come l’imam al-Ouzai di Baalbek, che nell’VIII secolo ha rimproverato il governatore di Damasco per gli abusi commessi contro gli innocenti cristiani. È chiaro che quando i casi hanno assunto il carattere di una persecuzione generalizzata, come sotto i Fatimidi e i Selgiuchidi, l’eco è arrivata in Occidente e fu uno dei motivi della prima crociata. Il vuoto di documentazione è stato parzialmente colmato da alcuni cronisti musulmani, che ricordano martiri cristiani tralasciati dalle cronache delle varie Chiese. Ma è significativo il fatto che gran parte dei documenti relativi ai martiri siano stati redatti in lingue diverse dall’arabo, così da eludere il controllo statale”.
Si può dire che oggi ci sia una recrudescenza della persecuzione dei cristiani da parte dell’islam, rispetto al passato?
«Non credo che la situazione sia complessivamente mutata di molto. Ai massacri “ufficiali” commessi sotto l’impero ottomano a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento si sono sostituiti quelli compiuti da gruppi fondamentalisti più o meno con la complicità del governo, come è avvenuto in Indonesia e a Timor Est. Semmai, oggi i casi vengono denunciati più in fretta e non sempre possono essere commessi impunemente. Certi governi, come quello pachistano, sanno di essere sotto osservazione e cercano di circoscrivere il fenomeno».
Il martirologio da lei compilato è ecumenico, ovvero ha anche il merito di mettere in luce la fedeltà al Vangelo delle minoranze cristiane soprattutto orientali, spesso misconosciute in Occidente. C’è ancora un ruolo per queste Chiese, nel mondo di AI Qaeda, dell’lntifada e del terrorismo di matrice islamica?
«Ci tenevo parecchio all’aspetto ecumenico. In fondo, tutti i martiri sono accomunati nell’effusione del sangue per la fede in Cristo. Le Chiese orientali, sia quelle cattoliche sia la ortodossa, hanno pagato sotto l’islam un prezzo di gran lunga superiore a quello della Chiesa cattolica latina. Basta scorrere i nomi dei tanti martiri (circa 200 casi) venerati dalla Chiesa greco-ortodossa. Abbondano anche i martiri armeni e georgiani. I gruppi fondamentalisti non fanno alcuna distinzione tra le Chiese e, anzi, considerano i cristiani locali una specie di quinta colonna dell’Occidente “cristiano”. Alcuni sceicchi e muftì egiziani o siriani evidenziano invece la buona intesa che deve regolare i rapporti tra i cittadini a qualsiasi religione appartengano, facendo semmai la distinzione tra coloro che vivono da secoli nella “casa dell’islam” e quelli (gli occidentali) che vi giungono per appropriarsene. E i massacri perpetrati in Pakistan contro le comunità cristiane autoctone danno l’impressione che gli appelli di al-Qaeda contro i “crociati” trovano purtroppo un seguito».
Dossier: Islam. Guerra santa e terrorismo
IL TIMONE – N. 35 – ANNO VI – Luglio/Agosto 2004 – pag. 42 – 43