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11.12.2024

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Abramo allontana Ismaele
31 Gennaio 2014

Abramo allontana Ismaele

 

 

Prima di proseguire nella storia di Abramo, facciamo cenno a un fatto scabroso che può scandalizzare chi legge la Bibbia. Lot, dopo un breve soggiorno a Zoar, andò ad abitare sulla montagna con le due figlie.
Esse pensarono, dopo la distruziene di Sodoma, che la loro stirpe si sarebbe estinta. Vogliamo perciò scagionare le figlie di Lot dall’accusa dell’ orribile peccato di incesto. Esse erano certe di essere ormai le sole donne viventi. Quindi, per avere una discendenza, fecero ubriacare il padre per fargli compiere ciò che, in piena coscienza, egli non avrebbe mai compiuto. L’atto in sé fu abominevole, ma non lo fu l’intenzione. Nacquero da quelle due unioni incestuose due figli: Moab e Ammon, nomi che ritroveremo nella storia d’Israele. Abramo, forse ancora ignaro della sorte di Lot, fu consolato dalla nascita di Isacco. È scritto che “il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto” per festeggiare quell’evento. “Ma Sara vide che il figlio di Agar… scherzava con il figlio Isacco. Disse allora ad Abramo: ‘Scaccia questa schiava e suo figlio”‘.
Il termine “scherzava”, secondo il senso ebraico, significa compiere atti immorali o perseguitare qualcuno per invidia. La richiesta di Sara “dispiacque molto ad Abramo”.
Scacciare Ismaele? Egli aveva 14 anni. Era suo figlio. Sembra che Abramo voglia opporsi decisamente a volere di Sara, al punto che, per indurlo a consentirvi,deve intervenire il Signore: “Ascolta la parola di Sara in quanto ti dice, ascolta la sua voce, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe.
Ma io farò diventare una grande nazione anche il figlio della schiava, perché è tua prole”. E Abramo ubbidisce. Invano cercheremmo nella Bibbia espressioni significative sullo stato d’animo dei suoi personaggi. Possiamo solo immaginare lo sforzo inaudito del santo patriarca nell’ubbidire a quei comandi: “Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre di acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il fanciullo e la mandò via”.
Di buon mattino, quando ancora tutti dormivano. È lui che prende quel pane, è lui che riempie di acqua quell’otre. È lui che prende Ismaele per mano e lo consegna a sua madre. Ismaele lo avrà guardato negli occhi con una tristezza infinita e avrà scorto negli occhi del padre una tristezza infinita. Forse Abramo si sarà imposto di non stringere a sé quel ragazzo per non correre il rischio di non lasciarlo più andare. AI Signore bisogna obbedire! Il Signore sa quello che fa.
All’ingresso della sua tenda, nella luce dell’alba, egli guarda Agar e Ismaele allontanarsi lentamente.
Signore, Signore, che cosa mi hai chiesto? Poi, quando non li vede più, forse si sente mancare. La tenda di Agar e di Ismaele è vuota. C’è ancora silenzio intorno.
Agar cammina a fatica per il deserto di Bersabea. Non sa più dove va.
L’acqua dell’ otre è finita. Di sete si può morire; ma ella non vuol vedere morire suo figlio. Lo fa sedere all’ombra di un cespuglio e si allontana un poco da lui. È scritto che Ismaele “alzò la voce e pianse”. Ma ecco che “Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: ‘Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. Alzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione.
Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d’acqua.
Allora andò a riempire l’otre e fece bere il fanciullo. E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d’arco. Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie dal paese d’Egitto”.
Se Agar avesse visto subito quel pozzo avrebbe pensato a un caso fortunato, ma non lo vide finché il Signore non le ebbe parlato. Ella doveva essere certa della sua protezione. Se questa storia è stata scritta, è perché Abramo ne venne a conoscenza e, ancora una volta, comprese che non si può dubitare della bontà del Signore. È scritto infatti: “Le vostre vie non sono le mie vie”.
(continua)

TIMONE N. 20 – ANNO IV – Luglio/Agosto 2002 – pag. 58

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