Fondata nel 1947 dal mitico Padre Werenfied van Straaten (“Padrelardo”), Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene migliaia di progetti pastorali in 140 Paesi del mondo. Parla il presidente, padre Joaquin Alliende-Luco
Innanzitutto un’opera pastorale. Il resto – il modo in cui il Vangelo si fa azione pratica – è il lavoro quotidiano dell’intelligenza, della sensibilità, della capacità di soccorrere i fratelli sofferenti.
Dal 1947 L’Associazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) sostiene i cristiani perseguitati o in difficoltà. Nell’ultimo decennio, benefattori di 17 nazioni hanno finanziato ogni anno oltre 6.000 progetti diversi in 140 Paesi del mondo. Un impegno multiforme, il cui filo conduttore è ben espresso dal titolo del progetto di aiuto alla popolazione cilena dopo il terremoto del febbraio 2010: “Ricostruiamo il Cile con Cristo”. Lo scopo primario dell’azione missionaria di ACS è salvare le anime perché Cristo viva nel cuore di ogni uomo. Una limpidezza di giudizio radicata nel tempo e nella fedeltà alla Chiesa, che proprio per questo mobilita un’azione caritativa straordinaria e priva di equivoci. Per salvare le anime può essere necessario costruire chiese, seminari o pozzi, celebrare l’Eucarestia e acquistare biciclette, automobili, piccole barche o muli perché i sacerdoti missionari portino ovunque la notizia di Cristo risorto. Dal 2008 la presidenza internazionale di ACS è affidata a padre Joachin Alliende-Luco. Cileno, classe 1935, esperto di religione popolare e autore di testi poetici e liturgici, padre Joachin è un torrente in piena: «Noi cristiani siamo universali, non internazionali: questo è un potere troppo grande e fa tremare il potere. Noi siamo intrinsecamente una cosa sola: non può non importarci di quello che accade ai nostri fratelli nei diversi angoli del mondo!».
Nelle sue parole appare evidente che lo scopo della missione non è l’assistenza sociale, ma l’annuncio del Vangelo, unica vera possibilità di salvezza, a ogni uomo. Padre Alliende-Luco preferisce mostrare i fatti. Ha tra le mani un recente, emblematico libretto: «Quest’opera è un fatto concreto e importante: è la traduzione in arabo – un’ottima traduzione – delle catechesi del Papa per l’anno paolino. Così mettiamo la parola del Papa nelle mani di vescovi che sono in una situazione tremenda: il volume, che è stato inviato a tutti i vescovi dei Paesi arabi, fornisce una memoria dell’anno paolino, oltre che un aiuto pratico per preparare omelie e discorsi».
La comunicazione della fede è il cuore della missione: «Il fondamento di tutto è che il Verbo si è fatto carne. Il punto essenziale è l’incarnazione della Parola. Come già per san Paolo, la parola dipende dalla predicazione: come si può credere se nessuno predica? Come si può predicare se non si è mandati? Questa è l’urgenza basilare».
Si tratta di un impegno oggi sostenuto da 550.000 donatori e da conferme importanti, come quella dell’allora cardinal Joseph Ratzinger, un punto di riferimento sicuro per padre Alliende: «È sempre stato un benefattore di ACS. Poco prima che fosse eletto Papa gli è stato chiesto perché aiutasse la nostra opera e lui ha risposto: “Perché ACS sa qual è la necessità più grande dell’uomo, che è la persona di Cristo”. Per questo il nostro scopo primario è l’aiuto all’evangelizzazione diretta, alla costruzione della visibilità della Chiesa». Nasce da qui l’impegno a favore di seminaristi, sacerdoti e vescovi, così come la costruzione di nuove chiese: «Il tempio è segno della visibilità locale della Chiesa, perché il Verbo si è fatto carne in un luogo concreto. È un aspetto essenziale: il tempio non è solo funzionale a celebrare l’Eucarestia, ma è il luogo della permanenza della presenza. Recentemente ho incontrato un vescovo africano che mi ha detto: “Sono grato ad ACS perché comprende che in Africa abbiamo bisogno di chiese e non soltanto di sale multiuso”. La cultura africana ha il senso del luogo sacro, dello spazio in cui la persona incontra la santità visibile, locale, personale di Cristo nella Chiesa».
In questa prospettiva, il sostegno materiale e spirituale è sempre l’esito pratico di un progetto in cui l’annuncio si fa cultura: con il medesimo spirito ACS finanzia gli strumenti di comunicazione cattolici e rifornisce biblioteche, pubblica il Vangelo e libri religiosi in diverse lingue, costruisce edifici di culto, fa giungere ogni anno oltre un milione di intenzioni per Messe ai sacerdoti poveri, fornisce mezzi di trasporto per l’apostolato, soccorre le popolazioni colpite da calamità naturali, provvede il necessario per vivere alle suore dedite al servizio del prossimo.
La cura dell’apostolato femminile è un ambito di intervento peculiare di ACS: «La presenza della donna è essenziale alla Chiesa: le suore missionarie sono agenti di evangelizzazione di primaria importanza e per questo noi procuriamo loro uno stipendio, borse di studio e interventi di formazione per la catechesi. Accanto a loro ci sono gli apostoli laici, segno di una nuova coscienza missionaria nel mondo civile e promotori di un impegno formativo rivolto alle famiglie, che sono il centro della catechesi e della tradizione, cioè del tradere, del trasmettere la fede. Perché dobbiamo sempre ricordare che l’uomo ha bisogno di molte cose, ma la cosa essenziale che la Chiesa deve dare è la presenza viva di Cristo tra gli uomini». Dalla necessità di portare l’annuncio del Vangelo alle popolazioni europee colpite dalla guerra nasce, nel 1947, ACS: il primo impegno del suo fondatore, padre Werenfried van Straaten, è una raccolta di lardo e beni di prima necessità presso i contadini di Belgio e Olanda, da destinare a coloro che il conflitto aveva privato del necessario per vivere. È il segno tangibile di un’attenzione ai fratelli in difficoltà che non abbandonerà l’opera. Vengono anche sostenuti con ogni mezzo i sacerdoti cattolici che assistono i profughi, fino a quando, nel 1950, con singolare fantasia missionaria, 35 pullman sono adibiti a “cappelle-volanti”, piccole chiese in movimento attraverso l’Europa per celebrare i sacramenti e portare aiuti concreti.
Il discorso di padre Alliende torna sempre all’origine, in cui già si evidenzia la caratteristica petrina dell’opera, in una fedeltà al Papa che, pur esprimendosi in ambiti diversi nel tempo, rimane assoluta: «La nostra opera nasce da un’iniziativa di Pio XII, che aveva chiesto all’abate generale dei premostratensi un prete che potesse alleviare la situazione drammatica dei 16 milioni di profughi della Germania Orientale. Padre Werenfried è il carismatico geniale che si è fatto strumento di carità e riconciliazione per popolazioni che hanno sofferto molto. Mirava innanzitutto a raggiungere il cuore delle persone: non chiedeva soldi, perché sapeva che chi ha il cuore dà anche i soldi, ma i soldi non possono dare il cuore. È stato un grande predicatore, indicando così come dimensione fondamentale della nostra opera l’evangelizzazione, soprattutto nei luoghi in cui la Chiesa è in pericolo, perseguitata, discriminata. È la Chiesa martire il caso serio della fede nel nostro tempo: di questa ci facciamo compagni. Proprio per questo, per offrire a tutti un’informazione sul rispetto del diritto a vivere ed esprimere la fede, dal 1998 pubblichiamo il Rapporto annuale sulla libertà religiosa nel mondo»
Il presidente di ACS ci tiene a chiarire che il fondamento e il fine dell’azione è il sostegno alle Chiese locali, in particolare a quelle che si trovano in condizioni difficili. Non c’è traccia di derive terzomondiste nelle sue parole: la Chiesa sofferente, nell’ultimo anno, è stata anche quella dell’Occidente ricco e progredito, vittima di un’offensiva di impressionante violenza. Anche la Chiesa di casa nostra è in pericolo? C’è un disegno per eliminare la presenza di Cristo nel mondo? Padre Alliende-Luco non ha dubbi: «Quando gli strumenti suonano la stessa musica è perché c’è un direttore. L’attacco è troppo armonico perché sia un’improvvisazione generale. È un’altra forma sottile di persecuzione, di discriminazione culturale; è una mentalità che vuole lasciare il fatto religioso al privato, alla coscienza, senza un’incidenza sociale e pubblica».
Catechesi di Benedetto XVI per l’anno paolino, in lingua araba
La copertina del volume Bulus ar-Rasul fi ta’lim qadasat al-Baba Benedictus as-Sadis Ashar (L’Apostolo Paolo nell’insegnamento di S.S. Benedetto XVI). L’opera è co-edita da Marcianum Press, l’editrice della Fondazione Marcianum del Patriarcato di Venezia, e dalla Librairie Pauliste di Jounieh (Libano), gestita dalla congregazione greco-cattolica dei padri paolisti. La traduzione, finanziata da Aiuto alla Chiesa che Soffre, è stata realizzata dalla Fondazione Internazionale Oasis e rivista da un gruppo di sacerdoti libanesi. La prefazione al volume è del Patriarca di Venezia, cardinal Angelo Scola.
IL TIMONE N. 102 – ANNO XIII – Aprile 2011 – pag. 52 – 53