Il figlio non è possesso, ma prestito che l’uomo riceve da Dio. E la paternità è spirituale prima che biologica. Il genitore – anche adottivo – è colui che educa. Cioè che fa crescere l’uomo nella verità.
Due sono le paternità possibili: quella fisica e quella educativo-spirituale. Senza la seconda, la prima è solo inganno; in assenza della prima, la seconda è dono grande.
Se è vero che poter dire di un figlio che è carne della propria carne ed ossa delle proprie ossa è gioia senza eguali, è anche vero che troppo spesso la gioia si stempera in delusione, dolore e tragedia, se a questa prima appropriazione non fa seguito il dono dell’educazione. Il figlio non è possesso, ma prestito: Dio ci affida una nuova creatura, una nuova anima, perché – come nella parabola dei talenti – sappiamo farla crescere e fruttificare in attesa del suo ritorno.
La paternità è più spirituale che biologica: l’amore verso i figli si dimostra nella pazienza e nella dedizione dedicate all’accoglimento prima e all’educazione poi: in ordine logico più che cronologico.
C’è a questo proposito un profondo e straziante errore nella società di oggi: quello che definisce la genitorialità come il possesso di un figlio. Il desiderio di dare alla vita una nuova creatura sembra essere più che l’adesione ad un progetto divino, la soddisfazione di un bisogno egoistico.
Tant’è che oggi nel linguaggio comune si usa, purtroppo, sempre di più dire che «si fa un figlio» piuttosto che «si ha un figlio»: la differente consonante separa due mondi molto lontano tra loro. Fare implica il dominio sulla cosa prodotta, avere impone l’accettazione di un dono dato da altri.
La nostra può essere definita la generazione dei “figli del desiderio”: non tanto il frutto di un dono, di una scoperta, di una accettazione, quanto piuttosto l’esito di un business plan che ha considerato con attenzione budget, scadenze, tempi, inconvenienti, non conformità e così via. La conseguenza, secondo uno studio francese, è che i genitori sembrano essere totalmente soddisfatti dall’arrivo di questi figli budgettati da non avere poi più aspettative sulla loro maturazione.
Il padre spirituale è colui che genera ed accompagna alla vita dello spirito. Da san Paolo ai giorni nostri, gli esempi di grandi figure ci aiutano a capire come la genitorialità è molto di più che la semplice, e peraltro amabilissima, generazione fisica. Pensiamo a don Giussani e a San José Maria de Balaguer. Molti fra quanti li conobbero affermano: «è stato come un padre per me». Il santo fondatore dell’Opus Dei era conosciuto e chiamato con un solo nomignolo: el padre, il padre. Dunque, il tema della genitorialità spirituale è al centro del rapporto tra genitori e figli: l’uomo ha bisogno di una relazione per crescere, senza la quale non potrà evolvere come persona, ed è nella qualità di questa relazione che si gioca il vero amore che lega genitori e figli.
Perché l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio e Dio è relazione ed amore: come ha detto Giovanni Paolo II, «Dio nella profondità del Suo mistero non è una solitudine, ma una famiglia, dato che in Se stesso Egli ha la paternità, la filiazione e l’essenza della famiglia, vale a dire l’amore». La persona umana, creatura, non può esistere se non in relazione con altri. La relazione privilegiata è ovviamente quella tra genitori e figli, relazione che è capace di applicare l’autorità, il potere di tirare fuori, di far crescere, l’uomo nuovo nell’uomo potenziale che sta nel figlio.
È uno sforzo immane, a volte dolorosissimo, ma altrettanto intriso di gioia e di soddisfazioni. E che non hanno nulla, o poco, a che vedere con la generazione biologica.
L’adozione di un figlio ha dunque senso nell’immenso e meraviglioso campo della genitorialità spirituale: quelle coppie che non possono avere figli biologici possono esercitare la loro paternità in modo altrettanto decisivo per far crescere, nella luce di Dio e nello sviluppo delle qualità umane, figli che apparterranno loro molto di più che a coloro che li hanno semplicemente generati.
Creature che scopriranno così il senso dell’amore e dell’amore divino e potranno incamminarsi su quel sentiero che Dio ha scelto per loro prima della creazione del mondo.
Dossier: Quando il figlio non arriva
IL TIMONE – N. 44 – ANNO VII – Giugno 2005 – pag. 46