Le tragedie e le croci del mondo non sono l’ultima parola della nostra esistenza. Ma non bisogna prestare fede a chi promette di eliminare i drammi dalla nostra vita. Solo Lui, Cristo, ci offre il vero riscatto
Mi capita soprattutto (e so che avviene a molti altri) se mi sveglio di notte. Sarà il silenzio che mi circonda, il raccoglimento in cui mi trovo immersa, l’atmosfera così diversa da quella del giorno. Sta di fatto che, invece di riaddormentarmi, spesso finisco per restare sveglia a pensare. E poiché la notte fa cadere quelle difese dietro le quali di giorno ci nascondiamo, ecco allora emergere davanti ai miei occhi la coscienza, in altri momenti sopita, di tutto quel bagaglio di male e di sofferenza, di tutto quell’immenso grido di dolore che sale dal mondo intero e che grava, come un inconscio angosciante, sulle nostre fragili spalle umane.
Se voglio fare qualche esempio, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Quel seme velenoso della guerra che si sposta ora qua ora là nel mondo, ma che non finisce mai di germogliare. Violenze di un popolo su di un altro, soprusi, intolleranze, lotte feroci tra etnie quando non tra religioni, che provocano migliaia e migliaia di morti. Gente costretta a lasciare il proprio paese o anche solo la propria regione, il proprio villaggio, le proprie radici. Drammi giganteschi, vite distrutte, famiglie spaccate per sempre.
E poi, la tragedia della povertà e della conseguente fame che riguarda ancora molta parte del mondo. Vite subumane, esistenze che sembrano votate al tentativo di sopravvivere a fatica, penurie che non consentono alcuna vera dignità e speranza. E, ancora, tutte le catastrofi naturali che non concedono praticamente mai una tregua. Ora è un terremoto a distruggere e ad uccidere, ora sono alluvioni e frane, ora sono eruzioni vulcaniche a togliere sonno e pace. Oppure, semplicemente, il manifestarsi ovunque e continuamente della fragilità della natura umana, accompagnata dalle tante malattie che ben conosciamo. In ogni istante negli ospedali, ma anche nelle case del mondo, ci sono milioni di individui che soffrono, malati terminali che stanno trascorrendo le ultime ore della loro vita, gente invalida che è costretta ad una esistenza limitata e spesso molto dura. Certo, la scienza ha fatto tanto per arginare i fenomeni naturali e anche per scoprire le cause di molte malattie e trovare sempre nuovi rimedi. Ma non possiamo farci troppe illusioni. Ci sono fenomeni inimbrigliabili nella loro potenza e vastità, mentre, sconfitta una malattia, si assiste allo svilupparsi di un’altra.
E poi, infine, forse ancor più impressionante perché in gran parte causata dagli uomini stessi, tutta quell’enorme massa di dolore che nasce dalla difficoltà presente in ognuno di noi di vivere in modo maturo, giusto, rispettoso della nostra dignità ma anche di quella degli altri. Perché, se è vero che ognuno di noi ha bisogno di pane e di casa, di lavoro e di pace, è altrettanto vero che ha anche un grande bisogno di dare e di ricevere amore. Cioè, di accogliere e di essere accolto. Sappiamo, invece, dalla esperienza concreta come spesso avvenga il contrario: e, cioè, che l’uomo, pur ri- Le tragedie e le croci del mondo non sono l’ultima parola della nostra esistenza. Ma non bisogna prestare fede a chi promette di eliminare i drammi dalla nostra vita. Solo Lui, Cristo, ci offre il vero riscatto conoscendo questo suo bisogno fondamentale, finisca spesso per tormentare se stesso e chi gli sta intorno, oppure per esserne tormentato. Generando così tutta una serie di pesanti catene fatte di incomprensioni, di rifiuti, di tradimenti, di smacchi, di imbrogli, di violenze che provocano drammi interiori (ed esteriori) di inaudita gravità. Quanto dolore aleggia a questo proposito nel mondo, quanta solitudine, quante possibilità sprecate, quante vite disgregate, quanta infelicità! Da sempre, ma forse (mi sembra) ancor più in questa fase storica, in cui l’uomo è stato così profondamente allontanato da se stesso e dalle sue radici divine in nome di ideologie che lo illudono di dare un senso alla vita e una soluzione ai problemi più gravi e che invece lo espongono a profonde sofferenze e delusioni. Pacchetti – queste ideologie – ben confezionati in carta luccicante, spesso affascinanti e seducenti. Quanti vi cadono e vi prestano fede! Penso anche solo al comunismo e al nazismo, con la loro terribile scia di sangue. Ma pure alla ideologia attuale, apparentemente meno dannosa e sanguinaria. A quel razionalismo che invece è fautore di tanto male – dunque di tanta sofferenza – perché propone ed esalta un uomo del tutto autonomo e padrone della propria vita e libertà. Un individuo così egoisticamente teso a realizzare i propri desideri, da essere sul punto di scardinare, con leggerezza inaudita, quei due pilastri che hanno tradizionalmente retto la vita sociale ed individuale: la differenza profonda e non cancellabile tra uomo e donna e – come conseguenza diretta – una famiglia retta su una loro feconda unione.
Mi mettono i brividi tutte queste trappole così ben mascherate. Questi autentici tranelli all’interno dei quali si cela, ingombrante e inquietante, la presenza di quel “leone ruggente” – per dirlo con le parole dell’apostolo Pietro – che è sempre all’opera, che odia l’uomo e che per questo cerca di trascinarlo verso l’abisso.
Non è un bel quadro, lo ammetto. Anche se ad esso potrei certo contrapporre, con altrettanta verità, una lunga lista di ciò che di buono e di bello esiste al mondo. Ma l’una cosa non cancella l’altra e consola ben poco chi soffre e sta male.
C’è di che perdere la speranza? Credo, piuttosto, che occorra essere lucidamente realisti. E questo con l’aiuto del Vangelo, perché è proprio in esso che ci viene data la chiave per capire. Ci viene insegnato – attraverso la persona stessa di Gesù messo in croce ma poi risorto – che in questa vita bene e male sono presenze contemporanee delle quali dobbiamo accettare di fare esperienza fino alla fine della storia. Al punto che saranno proprio catastrofi naturali inaudite ad annunziare l’esito finale di questo mondo e ad introdurre cieli nuovi e terre nuove.
E che, dunque, se tutto questo è vero, è un profeta menzognero, al quale non prestare fede perché fonte di sventure ancor più grandi, colui che annunzia non un serio impegno per cambiare il cambiabile ma che – come annunciava il comunismo – c’è per la vita del mondo e dell’uomo la possibilità, affidata alla scienza o alle rivoluzioni sociali, di un cambiamento tale da eliminare il male del mondo. Questo non è vero, perché è la nostra vita stessa ad essere stata concepita dal Creatore in questo modo. Cioè, come una vita immersa nel tempo, destinata dunque a nascere e poi necessariamente a morire, almeno nella sua forma attuale. Fenomeno questo che non riguarda solo l’uomo ma anche la materia e l’energia che la compone e che si esprime in forme che variano continuamente. E, allo stesso tempo, una vita – almeno a livello umano – libera e dunque necessariamente chiamata a scegliere tra i due opposti: il bene e il male. Così, solo l’uscita dal tempo e l’ingresso nell’eternità porteranno la vera differenza e segneranno la divisione netta tra bene e male. Perché paradiso e inferno saranno esattamente questo: il primo sarà il bene assoluto, il secondo, purtroppo, il male assoluto. Così, se oggi tanto soffriamo per il dolore che assedia noi e i nostri fratelli in umanità è forse proprio perché, fatti come siamo per questo destino eterno di bene che alberga nel profondo del nostro cuore, ne sentiamo nostalgia e vorremmo giustamente goderlo con pienezza fin da ora. E invece, questo destino è una meta da raggiungere, passando attraverso il crogiolo del mondo. Questo è lo scacchiere in cui si svolgono il confronto e la lotta, dove siamo chiamati a batterci con il massimo impegno. Ma anche senza illusioni, con l’occhio puntato più in alto, perché la fede ci dice che tutto non finisce qui, che ci sono una giustizia e insieme una misericordia più grandi che vegliano sul mondo . Per questo i conti prima o poi torneranno, anche per coloro la cui bilancia per ora pende troppo e solo dalla parte più dolorosa.
E per questo credo possibile, nonostante uno spettacolo a volte davvero angosciante, alimentare la concreta speranza che, sotto apparenze negative, sta misteriosamente operando quella linfa redentrice che ci ha donato il Dio che si è incarnato. E che – Lui sì! – ha promesso e permesso il vero riscatto perché non nasce da illusori proclami di un progresso umano capace di cambiare da solo il destino del mondo e dell’uomo ma da una rivoluzione che passa attraverso la conversione individuale.
RICORDA
«Che Dio permetta il male fisico e morale è un mistero che egli illumina nel suo Figlio, Gesù Cristo, morto e risorto per vincere il male. La fede ci dà la certezza che Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene, per vie che conosceremo pienamente soltanto nella vita eterna».
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 324).
IL TIMONE N. 101 – ANNO XIII – Marzo 2011 – pag. 56 – 57