Domenica 5 settembre 2004, a Loreto, Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato. Il giovane ingegnere riminese, vissuto nella prima metà del secolo appena trascorso, è vissuto a pieno nel mondo ma non per il mondo.
Nato a Ferrara nel 1918, secondo di sei figli, Alberto riceve da subito un'esemplare formazione cristiana, dovuta all'attiva pratica religiosa e caritativa dei suoi genitori. Trasferitasi la famiglia a Rimini nel 1930, là Alberto cresce attraverso tante esperienze di servizio alla Chiesa e agli uomini. Costante e impegnata è la sua appartenenza alla vita del laicato cattolico, soprattutto dell'Azione Cattolica. Seria e rigorosa la sua attività di innamorato della cultura, che lo porta non solo a conseguire prestissimo la laurea in ingegneria, ma anche a impegnarsi con passione in letture di carattere teologico e filosofico. È senza indugi e senza paure la sua intensa attività di «operaio della carità» al tempo dei terribili bombardamenti che durante la seconda guerra mondiale ridussero Rimini a un cumulo di macerie: corre in soccorso dei feriti, dà ai poveri ciò che ha, salva molti giovani dalla deportazione dei tedeschi, apre una mensa per i poveri. Infine, permanente è il servizio reso alla sua città attraverso l'azione politica. Nel 1944, a soli 26 anni, è Assessore con la Giunta Comunale appena formatasi, e a lui viene affidato uno tra i compiti più difficili e delicati, quello della commissione alloggi (che deve disciplinare la loro assegnazione ai cittadini), poi quello dei Lavori pubblici e altri ancora. L'ingegner Marvelli è insomma un protagonista del dopoguerra cittadino. Muore investito da un camion militare quando, al termine di un'intensa giornata di lavoro, a sera, si sta recando in bicicletta a tenere un comizio elettorale: è l'ottobre 1946, e Alberto ha appena 28 anni!
La sua appare certamente una vita ricca di impegni: manifesta in ogni cosa una eccezionale vitalità. Lo si potrebbe definire un innamorato della vita. Scrive nel suo Diario intense pagine di stupefatta ammirazione per la bellezza del mondo e si impegna con dedizione nella pratica delle attività sportive, tanto che diverse testimonianze di quelli che lo hanno conosciuto si soffermano sulla sua notevole prestanza fisica. Una vita spesa nel mondo, insomma, ma non per il mondo: è ciò che la tradizione cristiana ha insegnato con la parola laicità. Di questa purtroppo è frequente, soprattutto in Italia, che si avverta la totale incomprensione: alcuni pensano addirittura che possa essere utilizzata per dire qualcosa di diverso e persino di opposto a "cattolico"! "Laos" è parola greca che significa "popolo», e che nella storia del cristianesimo indica i fedeli che non sono chierici. È insomma l'attestazione di come Cristo (non a caso Lui stesso il primo laico) chiami chiunque a essere suo seguace, anche se non investito ufficialmente e pubblicamente di questo compito. Semplicemente, si tratta di una vocazione diversa da quella clericale: che cosa fanno i laici? dove vivono? in mezzo a chi operano? Ebbene, nelle loro proprie condizioni di vita, nella specificità della loro esperienza, è là che essi sono chiamati a servire il Signore, e di conseguenza a svolgere un servizio per l'uomo. Questo insegna la cosiddetta «teologia del laicato» che in particolare il Concilio Vaticano Il e il Magistero recente hanno approfondito, ma che da sempre appartiene all'identità del cristiano, come testimonia l'esperienza pre-conciliare di Marvelli.
Si badi, quanto ho appena raccontato dell'esperienza di Marvelli è fortemente connesso a ciò che ho invece detto dell'identità cristiana che dà origine all'idea di laicità. Ho parlato difatti di un uomo che ha svolto la propria vocazione di seguace di Cristo attraverso l'impegno costante e assiduo nelle cose del mondo. E prima avevo anche specificato che tale impegno si è realizzato sì nel mondo ma non per il mondo. Questo lo ha insegnato la Rivelazione cristiana: il Signore ha donato Sé stesso per il mondo, mostrando così di amari o senza limiti e svelando all'uomo dove sta il vero amore, quello al quale egli tende incessantemente, non nel mondo, appunto, ma per esso, ossia attraverso la storia che in esso si svolge, oltre esso. Basterebbe in tal senso riportare appena qualche testimonianza dal Diario di Marvelli per comprendere immediatamente che la sua eccezionale esperienza è stata dovuta a una quotidiana tensione ad Altro, alla compagnia di Cristo, per comprendere insomma che le cose del mondo possono essere amate tanto più quanto maggiore è l'amore per Colui che ce le ha donate, e che ciò consente al tempo stesso di non amarle mai oltre il dovuto, al punto cioè da esserne asserviti. Leggiamo dunque nelle parole di Alberto qual è stata la fonte della sua straordinaria testimonianza umana, civile e politica: «Alzarsi alla mattina il più presto possibile e all'ora che ho stabilito. Fare ogni mattina mezz'ora di me-ditazione senza mai tralasciarla, salvo casi imprevedibili. Mezz'ora al giorno di lettura spirituale e possibilmente anche più. Ascoltare ogni mattina la S. Messa ed accostarmi ai SS. Sacramenti, senza defezioni, salvo anche qui motivi di forza maggiore. Confessarmi usualmente una volta la settimana e recarmi dal Direttore spirituale molto spesso. Recitare giornalmente il Santo Rosario e dire l'Angelus al suono del mezzogiorno e dell'Ave Maria. Questo in breve il programma della mia vita, a cui voglio attenermi da oggi, 22 settembre 1938. Prego il Signore con tutta l'anima che mi voglia aiutare a metterlo in pratica continuamente. Se dovessi mancare, Dio voglia che mi riprenda subito onde poter migliorare e dimostrare in tal modo a Dio la mia riconoscenza per quanto Egli fa per me continuamente, per il bene che mi ha voluto, per il dolore che ha sofferto per me. Morire, ma non peccare».
RICORDA
"La vita è azione, è movimento, ed anche la mia vita deve essere azione, movimento continuo, senza soste: movimento e azione tendenti all'unico fine dell'uomo: salvarsi e salvare. A questa vita spirituale, motorizzata direi, a questo anelito ardente di Dio, di anime, di bene, si armonizza in me una medesima tendenza della vita fisica, vita che sento sempre più fatta e nata per il movimento. Lo controllo quasi ogni momento, e specie nei momenti in cui sono costretto a fermarmi, per lo studio, dei giorni interi. Ho bisogno di aria, di spazio, di orizzonti sconfinati, di cieli luminosi e stellati, di mari e oceani immensi".
(Alberto Marvelli, Diario e lettere, San Paolo 1998, p. 82).
BIBLIOGRAFIA
Roberto Di Ceglie – Natalino Valentini (a cura di), Alberto Marvelli, Fedeltà a Dio e fedeltà alla storia, Edizioni Messaggero 2004.
Fausto Lanfranchi, Alberto Marvelli. Ingegnere manovale della carità, San Paolo 1996.
Alberto Marvelli, Diario e lettere, a cura di Fausto Lanfranchi, San Paolo 1998.
IL TIMONE N. 38 – ANNO VI – Dicembre 2004 – pag. 28 – 29