Sondaggio choc del Giornale: troppi cattolici ignorano l’abc della fede.
Più del 40 per cento non sa che cosa sia la Trinità, il 23% non riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, 6 su 10 ignorano la resurrezione della carne.
È ora di ricominciare. Tornando al catechismo.
Domenica 8 aprile 2007, il Giornale ha pubblicato i risultati di un’inchiesta tra gli italiani adulti e battezzati che dichiarano di essere religiosi. Primo risultato: quasi un quarto di loro (23,2%) non sapeva che quel giorno si celebrava la Pasqua di resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
“Perché non possiamo dirci cattolici” ha titolato benedettocrocianamente in prima pagina il quotidiano milanese, lanciando un’inchiesta che rivela vere e proprie voragini dottrinali in gente che, magari, era appena uscita da Messa.
Che razza di fede è una fede che non conosce il suo oggetto? Ma questa è solo la prima riflessione, la più istintiva, che sorge davanti a una situazione del genere. Perché poi uno considera che la fede è una virtù soprannaturale, infusa da Dio nell’anima umana per la quale l’uomo crede essere vero tutto quello che il Creatore ha rivelato. Poi considera che, proprio per questo, la fede è conoscenza. E allora sospetta fortemente che, se non c’è conoscenza, la fede sia poca. Qualcuno obietterà che la fede è amore. Ammettiamo pure per un momento un simile strafalcione da posta del cuore, ma persino Donna Letizia spiegherebbe che non si può amare qualcuno o qualche cosa che non si conosce.
Ma questa potrebbe già essere la conclusione. La vicenda comincia alla fine del 2006, quando Maurizio Belpietro, direttore del Giornale, chiese a due suoi collaboratori, Mario Palmaro e il sottoscritto, di preparare una cinquantina di domande per sondare la conoscenza religiosa degli italiani. Senza attribuirci doti divinatorie, oltre alle domande, avremmo anche potuto fornire la percentuale delle risposte. Cosa che sarebbe in grado di fare chiunque abbia la ventura di girare parrocchie, oratori e associazioni varie per conferenze e corsi di diverso genere.
A qualche mese di distanza dalla pubblicazione dei risultati, conviene approfondire la questione aggiungendo come ulteriore elemento i dati di ascolto della Via Crucis televisiva del Venerdì Santo usciti sui quotidiani lo stesso giorno dell’inchiesta del Giornale: con 5.072.000 spettatori, pari al 22,63% di share, la Via Crucis è stata il programma più visto della serata.
L’aggiunta di questo dato consente di tentare un esperimento: invece di analizzare il sondaggio con i criteri del maestrino in punta di dominustecum, proviamo a farlo usando quelli del venditore di spazi pubblicitari. Del resto, sondaggi e ascolti si addicono di più al pubblicitario che all’esperto di dottrina.
Attirato da una platea di cinque milioni di persone, il nostro venditore va subito a studiarne la composizione. Vuole capire con chi ha a che fare. Cerca di sapere se si tratta di persone in grado di comprendere i messaggi pubblicitari omogenei al programma, se sono interessate al prodotto che deve piazzare e se hanno effettivo potere d’acquisto. Con un nota bene: non è detto che una platea vasta sia sempre appetibile e può capitare di avere davanti milioni di persone, pubblicitariamente parlando, inerti.
Sondaggio del Giornale alla mano, il venditore avrebbe subito la conferma del nota bene. Quali sono i due misteri principali della fede? Chiunque abbia un minimo di pratica del Catechismo di San Pio X risponderebbe: «Unità e Trinità di Dio. Incarnazione, passione, morte e resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo». Purtroppo, il 43,1% degli intervistati ha sbagliato nettamente la definizione di Trinità o ha detto di non saper rispondere. Per quanto riguarda Gesù, il 24% non ha saputo dire che è Dio stesso fattosi uomo.
Per essere più precisi, un quarto degli italiani battezzati che si dicono religiosi non sa chi è Gesù Cristo. Detto ancora più chiaramente: su quattro persone che potenzialmente vanno a Messa, una, per bene che vada, considera Gesù l’ormai classico uomo da ammirare. Non c’è da stupirsene se il 59% degli intervistati non sa che la dottrina cattolica è definita nel Credo. Ecco dunque, che il povero pubblicitario si lascia prendere dal dubbio: se siamo a questo punto, ci sarà interesse per il “prodotto”? Dipende, caro pubblicitario. Perché, se lei parla di resurrezione della carne, troverà interesse solo tra uno smilzo 37,2% dei battezzati italiani che si dicono religiosi. Mentre il 62,8% attende solo la resurrezione dello spirito o, addirittura, non sa che pesci pigliare. Il che dimostra quanto sia inutile prendersela con l’attacco del New Age e degli orientalismi vari quando convinzioni del genere sono già dentro il mondo cattolico.
In un panorama del genere, secondo il linguaggio pubblicitario, la Chiesa diventa un prodotto di nicchia: non a caso, solo il 29,6% ne conosce la natura. Il Papa stesso è il Vicario di Cristo in terra, successore di San Pietro alla guida della Chiesa solo per il 43,1%. D’altra parte, quando va bene, i dieci comandamenti vengono ridotti a tre anche se continuano a essere chiamati “Dieci Comandamenti”.
A questo punto, è persino inutile indagare sulla capacità d’acquisto del pubblico. Ma, per completezza d’informa-zione, vale la pena di fornire un dato riassuntivo sulla dimestichezza del campione intervistato con la religione cattolica: l’8,8% ha un’alta conoscenza, il 37,4% sufficiente, il 36,5% scarsa e il 17,3% pessima. La scarsa alfabetizzazione pubblicitaria è sempre sintomo di scarso potere d’acquisto.
Per concludere l’esperimento, bisogna cambiare pelle e passare da quella del venditore pubblicitario a quella di un responsabile di marketing che voglia diffondere il più possibile il prodotto della sua azienda. Che cosa farà in una situazione del genere? Semplice: comunicazione. Una campagna che faccia conoscere il prodotto nei suoi minimi dettagli al maggior numero possibile di potenziali acquirenti.
Fuor di metafora, e tornando alla situazione del mondo cattolico descritta dal sondaggio del Giornale: catechismo. Una campagna che faccia conoscere la dottrina cattolica al maggior numero possibile di anime da salvare.
Molti cattolici, buttata via la dottrina, oggi sostengono che ci si salva con il cuore e non con il cervello. Invece servono entrambi: Lutero iniziò proprio con la scissione tra cuore e cervello, tra fede e ragione, la riforma attraverso cui distrusse la cristianità. E a chi sostiene che nell’ultimo film di Ermanno Olmi, “Centochiodi”, è molto bello il passaggio in cui si dice che “un caffé con un amico vale più di tutta la teologia” viene da rispondere che dipende dal caffé, dipende dalla teologia e dipende dall’amico. Forse sarebbe meglio prendere un buon caffé con un buon teologo. Il fatto è che di buoni teologi ce ne sono pochi e Olmi non li ha incontrati o non li ha riconosciuti. Diciamo che ha sbagliato bar.
DATI DEL SONDAGGIO
Universo: popolazione italiana adulta battezzata.
Campione rappresentativo: 600 casi.
Committente: Il Giornale, Milano.
Realizzazione: Ferrari Nasi & Grisantelli, Milano.
Rilevazione: 5-6 aprile 2007.
IL TIMONE – N.64 – ANNO IX – Giugno 2007 pag. 14-15