Un grande Papa, non solo per la dottrina, ma anche per l’umanità che seppe mostrare. La strana parabola di un Pontefice amato in vita e subito dopo la morte, poi calunniato o dimenticato. Intervista ad Andrea Tornielli.
«Il linciaggio contro Pio XII? È una porcheria».
Parola di Paolo Mieli, direttore del Corriere della sera, una volta che presentò in pubblico il libro di Andrea Tornielli Pio XII, il Papa degli Ebrei (Piemme). Proprio Tornielli, vaticanista de il Giornale e autore di numerosi libri (tra cui, con Matteo Luigi Napolitano e sempre per Piemme, Il Papa che salvò gli ebrei. Dagli archivi segreti del Vaticano tutta la verità su Pio XII), è stato uno dei protagonisti della recente polemica infuriata intorno a Papa Pacelli: è toccato a lui, infatti, rendere noto il testo completo del documento già imputato al Pontefice come «antisemita» nonché «agghiacciante», contribuendo così a ripristinare la vera storia contro una diffamazione che continua ormai da decenni e nonostante tutte le evidenze contrarie.
«Il Papa di Hitler», i «silenzi» di Pio XII: Tornielli, dove e quando nasce la «leggenda nera» dell’antisemitismo di Pacelli?
«t..:accusa di essere stato silenzioso di fronte all’Olocausto perché vicino alle idee di chi lo compiva è precocissima e nasce in ambito sovietico, già nel 1945. Ma non prende piede, perché nel dopoguerra e ancora al momento della morte di Pio XII, nel 1958, ciò che emerge è l’unanime ringraziamento delle autorità ebraiche per quanto la Chiesa aveva fatto soccorrendo i perseguitati. A dare il via alla “leggenda nera”, cioè all’accusa rivolta a Pacelli di essere stato complice della Shoah col suo silenzio nella convinzione che un appello o una scomunica lanciata ad Hitler avrebbe fermato lo sterminio degli ebrei, è il dramma” Vicario, scritto nel 1963 da un autore mediocre, Rolf Hochhuth, che aveva peraltro aderito alla gioventù hitleriana. Quel dramma non ha basi storiche, è soltanto un’opera teatrale. Ma ha sancito la svolta nel modo di considerare Pio XII».
Aver taciuto davanti ai crimini nazisti, addirittura affossando un’enciclica anti-nazista già pronta. Non essersi pronunciato contro l’Olocausto. Aver scritto cose antisemite al tempo in cui era Nunzio in Germania… Sono questi i punti più discussi dell’azione di Pio XII, ma tu li hai smontati a uno a uno. Come?
«Premetto che io non ho smontato niente. La verità è ben nota e disponibile per chiunque non si accontenti delle invettive o dei pamphlet accusatori del Goldhagen o del Cornwell di turno. L’enciclica antinazista è stata pubblicata nel 1937 da Pio XI e Pacelli ha avuto una parte fondamentale nella sua stesura. Quella che doveva uscire, invece, era un’enciclica anti-razzista. Pio XII fece benissimo a non pubblicarla, perché il testo che era stato preparato, allontanandosi dalle intenzioni iniziali, conteneva dei passaggi antigiudaici. Invece il nucleo, l’idea portante di quel documento, e cioè l’unità del genere umano al di là di qualsiasi divisione di razza o di etnia, è assunto da Pio XII nella sua prima enciclica, la Summi Pontificatus, dove si parla dell’«uguaglianza di tutti gli uomini, a qualsiasi popolo appartengano». Quanto alla mancata denuncia dell’Olocausto, va detto che Papa Pacelli nel radiomessaggio del dicembre 1942 parlò di «centinaia di migliaia di persone» che senza colpa propria e soltanto per ragioni di «stirpe» sono portati a morte nei campi di concentramento. Ma poi scelse di non dire di più, perché aveva avuto prova che le invettive non servivano a fermare i carnefici ma, anzi, ne acuivano l’azione sterminatrice. La prudenza delle prese di posizione pubbliche ha permesso, anche attraverso le nunziature, di mettere in campo una grande opera di carità verso i perseguitati. Quanto al documento “antisemita” dei tempi della nunziatura di Monaco di Baviera, in realtà quella descrizione non è di Pacelli ma del suo assistente, monsignor Schioppa».
«Quella contro Pio XII – disse ancora Mieli – è una campagna diffamatoria che ha tutta l’aria di essere un alibi. Se il Papa non ha condannato pubblicamente le atrocità naziste, allora condivide questa responsabilità con la comunità internazionale dell’epoca, nessuno escluso. Nemmeno gli antifascisti fecero nulla in difesa degli ebrei… La Chiesa invece mobilitò le sue strutture per dare rifugio alla gente». Sei d’accordo?
«Assolutamente sì. Con un nota bene: la tremenda esperienza della Shoah, un vero e proprio buco nero nella coscienza dell’Europa cristiana, va approfondita, studiata e soprattutto mai dimenticata. Ci furono tanti cristiani che si comportarono secondo il Vangelo, ce ne furono altri che non lo fecero. Ed è giusto dibattere anche sulle scelte del Papa, chiedersi se si poteva fare diversamente. Ma ragionando sempre sulla base dei documenti e dei fatti acclarati, non dei pregiudizi o degli schematismi ideologici. È totalmente assurdo e infondato fare di Pio XII I’unico capro espiatorio di una generazione di capi di Stato che assistettero senza battere ciglio allo sterminio degli ebrei. Proprio lui che fu quello a capo dell’istituzione che fece di più per gli israeliti, salvandone un numero considerevole, che il console onorario d’Israele a Milano Pinchas Lapide, in un libro del 1967, calcolò tra i 750mila e gli 850mila».
L’ultimo capitolo della vicenda è recente: si tratta dei bambini ebrei battezzati per sfuggire alle persecuzioni naziste e sui quali cadde il divieto di restituirli alle famiglie dopo la guerra. Fu davvero così?
«Anche in questo caso, si tratta di una vicenda complessa, che merita una lettura non ideologica, fatta magari per contrapporre un Pio XII “cattivo” a un Giovanni XXIII – all’epoca nunzio a Parigi – “buono”. Si è trattato di una vicenda dolorosa, nella quale la Chiesa di Roma ha saputo dosare la dottrina canonica sul battesimo con il buon senso, lasciando di fatto mano libera ai vescovi francesi perché i casi controversi fossero risolti».
Perché tanto accanimento contro Pio XII? Si può davvero pensare a una manovra per impedire la beatificazione del Papa che scomunicò i comunisti?
«Non credo alle dietrologie. È vero che ci sono ambienti che non vogliono Pio XII sugli altari (una richiesta esplicita in questo senso venne qualche anno fa dall’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede), ma ritengo che non ci siano elementi precisi per parlare di manovre orchestrate».
LA PRIMA ENCICLICA
«Affievolitasi la fede in Dio e in Gesù Cristo, e oscuratasi negli animi la luce dei principi morali, venne scalzato l’unico e insostituibile fondamento di quella stabilità e tranquillità, di quell’ordine interno ed esterno, privato o pubblico, che solo può generare e salvaguardare la prosperità degli Stati».
(Enciclica Summi pontificatus, del 20 ottobre 1939).
Dossier: Pio XII. Un Papa per la Chiesa di sempre
IL TIMONE – N. 42 – ANNO VII – Aprile 2005 pag. 42- 43