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12.12.2024

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Anche la scienza ha la ‘fede’
31 Gennaio 2014

Anche la scienza ha la ‘fede’




Molti scienziati e scientisti disprezzano la fede. Dimenticando che gli esseri umani fanno continuamente atti di fede. Anche chi si dedica alla scienza

È almeno dalla Rivoluzione scientifica (passando per l’Illuminismo, per il positivismo e il neopositivismo, e arrivando allo scientismo contemporaneo) che con minore o maggiore virulenza (pensiamo ai vari Odifreddi, Dennett, Dawkins, Hack, ecc.) c’è chi afferma l’incompatibilità tra scienza e fede. Lo sviluppo della scienza – così si dice – porta alla scomparsa della fede, perché la prima comporta l’adesione solo a ciò che si esperisce, a ciò che è verificabile empiricamente, mentre la seconda sarebbe un atteggiamento infantile, perché comporterebbe un cieco e irrazionale affidamento a ciò che è inverificabile, un salto nel buio che l’uomo intelligente moderno dovrebbe smettere di compiere. Così, per esempio, Piergiorgio Odifreddi ha scritto che il cristianesimo è «una religione per letterali cretini», è «indegno della razionalità e dell’intelligenza dell’uomo» e che «l’uomo religioso […] si situa a metà tra l’animale bruto e l’animale razionale».

A Dio con la ragione
Sono affermazioni sprezzanti a cui si può Anche la scienza ha la “fede” Molti scienziati e scientisti disprezzano la fede. Dimenticando che gli esseri umani fanno continuamente atti di fede. Anche chi si dedica alla scienza rispondere in molti modi.
Anzitutto, come ho scritto sul Timone in diversi articoli divulgativi, diverse affermazioni cristiane (per esempio l’esistenza di Dio, cfr. il mio L’esistenza di Dio, Quaderni del Timone, 2004, e diversi suoi attributi – creatore, perfetto, onnipotente, eterno, provvidente, ecc. – cfr. il mio La filosofia e la natura di Dio, reperibile su www.iltimone. org) sono dimostrabili con la filosofia. Altre affermazioni (per esempio la Trinità), pur non essendo dimostrabili, sono però in parte intuibili, sempre con la filosofia.

L’uomo fa continuamente atti di fede

Inoltre, agli scientisti si può anche ribattere che l’essere umano fa continuamente atti di fede tutte le volte che considera vere cose che non ha sperimentato di persona (la stragrande maggioranza delle cose che apprende dai media, dai libri di storia, di economia, di sociologia, di diritto, ecc, ma anche dagli amici, dai parenti, ecc.: cfr. il mio Chi disprezza la fede disprezza se stesso, cfr. www.iltimone.org) e che senza af-fidarci noi esseri umani non potremmo quasi fare un solo passo (cfr. il mio La necessità della fiducia, cfr. www.iltimone.org).

Lo scientismo si squalifica da solo
In più, l’affermazione scientista: «solo ciò che dice la scienza è sensato» (più o meno ciò che affermava il cosiddetto «principio di verificazione» del neopositivismo logico del primo ’900) si autosqualifica (cfr. il mio Lo scientismo? Non sta in piedi, sul Timone del mese scorso).
Di queste cose ho già parlato negli articoli citati, a cui rinvio (come rinvio al mio La Chiesa vera amica della scienza, cfr. www.iltimone.org per una rassegna delle idee cristiane che hanno dato uno slancio cruciale alla sviluppo della scienza): qui è utile solo ricapitolarle. In questo articolo intendo allora soffermarmi su un altro aspetto della questione. Il punto è che la stessa scienza fa molteplici atti di fede. Ci aiuta a metterli in luce un libro di Roberto Timossi (cfr. bibliografia) da cui attingiamo largamente.

Atti di fede degli scienziati
1. Un primo atto di fede dello scienziato è quello nei riguardi di quegli scienziati precedenti, di quei maestri che egli segue (perlomeno nei periodi di «scienza ordinaria » – secondo la denominazione del filosofo della scienza Thomas Kuhn –, cioè quelli in cui gli scienziati lavorano all’interno di un paradigma scientifico consolidato): uno studente di fisica considera vera la legge di Galileo della caduta libera senza mettersi a verificarla salendo su una torre e facendo cadere dei corpi di differente massa.
Certo, in ambito scientifico non deve vigere il principio di autorità, ma nello stesso tempo la scienza potrebbe progredire ben poco se ogni scienziato nel momento in cui studia i rudimenti della scienza si mettesse a verificare da zero ogni legge della fisica, dell’astronomia, della chimica, ecc.
2. Un secondo tipo di atto fede della scienza è quello nei confronti della validità dei postulati teorici più generali. Ad esempio, Timossi dice (a p. 451) che il cosiddetto «principio cosmologico» postula la validità in tutte le regioni dell’Universo delle stesse leggi fisiche e delle stesse proprietà della materia osservate sulla terra, quando invece «nei lontanissimi spazi cosmici si potrebbero benissimo verificare condizioni di densità, di temperatura e di azione gravitazionale decisamente distanti dalle esperienze terrestri». Nessuno potrà mai verificare la validità di queste leggi in tutto l’universo, perché nessuno potrà mai conoscere tutto l’universo e men che meno conoscerlo in tutti i suoi dettagli.
3. Un terzo tipo di atto di fede dello scienziato è quello con il quale egli ritiene che un fenomeno particolare, che avviene qui e ora, possa servire d’esempio per arrivare a formulare delle leggi scientifiche generali. Ciò equivale alla fede-convinzione che i fenomeni avvengano con leggi che non cambiano, alla fede che le loro leggi restino costanti e non mutino, equivale alla fede nella razionalità del cosmo. Il che vuol dire, per dirla col fisico Paul Davies (cit. in ibi, p. 452) che «l’assunto di base della scienza, che [cioè] vi sia nella natura un ordine intelligibile agli uomini, è un immenso atto di fede». (Tra l’altro, come Benedetto XVI ha sottolineato varie volte, la razionalità del mondo rinvia ad una Ragione Creatrice che abbia pensato il mondo stesso).
4. Un quarto tipo di atto di fede dello scienziato è quello relativo alle cosiddette «entità inosservabili»: per esempio, «risultano non direttamente osservabili le particelle della fisica atomica e subatomica, di cui al massimo si conoscono manifestazioni empiriche indirette» (ibi, p. 452), che ne fanno presumere ai fisici l’esistenza e le caratteristiche: dunque i fisici risalgono da alcuni effetti alle loro presumibili cause. Un po’ quel che avviene con le prove filosofiche dell’esistenza di Dio, che risalgono da alcune caratteristiche del mondo (per esempio il divenire, il cominciare ad essere, la generabilità delle cose, il finalismo, ecc.) cercandone la possibile causa, e argomentando che solo un Essere Perfetto (che solitamente chiamiamo Dio) può essere la causa di simili effetti nel mondo (l’invalidità – affermata da Kant – dell’applicazione del principio di causalità al di fuori dell’ambito empirico è da rigettare per vari motivi su cui cfr. S. Vanni Rovighi, Elementi di filosofia, La Scuola, varie edizioni, vol. II).
5. Un quinto tipo di atti di fede degli scienziati è la credenza di non pochi di loro «in teorie fortemente speculative come quelle – per citarne soltanto due fra le più dibattute – del Multiverso e delle “stringhe”» (ibi, p. 455). Ad esempio, come ha scritto l’astrofisico Italo Mazzitelli (cit. in ibidem) «Può la scienza provare l’esistenza o la non esistenza di un mondo materiale parallelo, intendendo il parallelismo» nel senso di «impossibilità di interagire con il nostro mondo sensibile? […]. No, la scienza non può. Punto e basta!».

Ricorda

«È pur sempre una fede metafisica quella su cui riposa la nostra fede nella scienza». (Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, § 344).

Per saperne di più…

Roberto Timossi, L’illusione dell’ateismo. Perché la scienza non nega Dio, San Paolo, 2009, pp. 450-468.
Francesco Agnoli, Scienziati, dunque credenti. Coma la Bibbia e la Chiesa hanno creato la scienza sperimentale, Cantagalli, Siena, 2012.


IL TIMONE N. 117 – ANNO XIV – Novembre 2012 – pag. 30 – 31

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