Conoscere i fatti. Per cominciare a capire come si è svolto il Vaticano II. Prescindendo da polemiche e ricostruzioni ideologiche.
In un anno poco anteriore al 50 gli Apostoli si riunirono a Gerusalemme per risolvere un grave problema. Da una parte c’era la tesi di Giacomo il Minore, parente di Gesù, che sosteneva la necessità di accettare nella sua interezza la legge mosaica e che perciò tutti i cristiani dovevano essere ebrei-cristiani. Dall’altra la tesi di Paolo di Tarso, che nel corso dei suoi viaggi aveva sperimentato con quanta facilità i gentili potevano accedere al cristianesimo, ma resistevano all’idea di sottoporsi alla legge mosaica diventando ebrei. Sarebbe cosa assurda che noi, oggi, definissimo di destra o conservatrice la tesi di Giacomo e di sinistra o progressista la tesi di Paolo. Potremmo al massimo impiegare il termine di “maggioranza” per la tesi di Paolo e di “minoranza” per quella di Giacomo, sempre ricordando che la tesi di maggioranza fu fatta propria da Pietro e perciò fu promulgata con le famose parole «Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso…». Il racconto degli Atti degli Apostoli è molto stringato: non sappiamo se Paolo abbia messo in moto gruppi di pressione; se si sia impadronito dei mezzi di comunicazione; se abbia convocato conferenze stampa per gli apostoli esitanti o incerti: se queste operazioni ci sono state, il trascorrere del tempo le ha rese increspature trascurabili nella navigazione della Chiesa.
Finora la storia del Concilio Vaticano II è stata raccontata da Giuseppe Alberigo, storico della Chiesa e direttore del Centro di documentazione di Bologna, fondato nel 1953 dal cardinal Giacomo Lercaro. La sua opera in cinque volumi, con esuberanza di particolari, ha monopolizzato il racconto delle vicende di quel Concilio, avendo ricevuto la traduzione nelle principali lingue estere. Quei volumi furono approntati con la tempestività che richiama alla memoria il Catechismo olandese, redatto a tamburo battente, senza permettere la decantazione delle acque conciliari. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato nel 1992 in occasione del trentesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, ha raccolto molti materiali trascurati dai redattori del Catechismo olandese, che perciò si è rivelato frutto dei convincimenti di un gruppo ristretto di studiosi.
Recentemente il cardinal Camillo Ruini ha paragonato la Storia curata da Alberigo e numerosi collaboratori alla Historia del Concilio Tridentino di Paolo Sarpi. Sappiamo che Sarpi, insieme con Giordano Bruno e Galileo Galilei, fu assunto come elemento di spicco per contestare l’assetto assunto dalla Chiesa dopo il Concilio di Trento, non gradito alla cultura illuminista e liberale. La Historia del Sarpi è fortemente ideologica, ossia costruita su una tesi che egli intende confermare con il ricorso a fonti non ufficiali, per esempio le memorie del segretario del cardinale Ercole Gonzaga o le relazioni degli ambasciatori veneti che, notoriamente, non prendono in considerazione, quando valutano eventi ecclesiastici, alcuna causa che non sia di carattere politico. Aggiungo che se il lettore vuole conoscere una storia del Concilio di Trento basata su fonti autentiche, deve rivolgersi ai cinque volumi scritti dallo storico della Chiesa Hubert Jedin, redatti con il rigore e l’acribia della migliore filologia germanica.
Il cardinal Ruini ha fatto quell’apprezzamento presentando il volume di preziose recensioni scritte da Agostino Marchetto sul Concilio Ecumenico Vaticano II. Mons. Marchetto ha esaminato le opere più importanti dedicate a quel Concilio, spiegando i motivi di accordo e disaccordo con le tesi sostenute in quelle opere. Ha potuto farlo alla luce delle fonti autentiche per la storia di quel concilio, giunte al 62° volume. Le altre fonti, come i diari dei Padri conciliari e dei periti, gli articoli dei giornali, le confidenze di prima o seconda mano di questo o quel Padre conciliare, possono essere utilizzate per dare colore alla narrazione, ma non possono sorreggere l’idea di epiche battaglie sostenute nel corso di una guerra combattuta tra progressisti e conservatori, o tra sinistra e destra, o tra vescovi del mondo intero contro i prelati di Curia. La critica di fondo di mons. Marchetto è che Alberigo e collaboratori hanno scritto una storia ideologica, paragonabile a quella del Sarpi, ossia escludente la dimensione soprannaturale di assistenza dello Spirito Santo.
Quali potrebbero essere i capisaldi per una più serena storia del Concilio Vaticano II? Due furono i papi del Concilio, Giovanni XXIII (1958-1963) e Paolo VI (1963-1978). Tra loro non ci fu opposizione o disparità di intenti. Pur dotati di temperamento diverso, furono entrambi buoni e santi. Il primo con incantevole semplicità convocò il Concilio, sperando di poterlo concludere nel corso di un paio d’anni. Per le fasi preparatorie ne occorsero almeno tre e gli Schemi da sottoporre all’analisi dei Padri conciliari risentirono della fretta con cui furono redatti. Il Concilio Vaticano I ebbe, al contrario, una preparazione durata sei anni. Giovanni XXIII poté inaugurare il primo periodo del Concilio, durato dall’11 ottobre all’8 dicembre 1962. Fu tempo di entusiasmi, ma anche di difficile rodaggio per elaborare regolamenti interni, durata degli interventi e altri aspetti pratici. Gli schemi furono respinti per essere riscritti nei tempi di intersessione da apposite Commissioni nominate a questo scopo. Il 3 giugno 1963, Giovanni XXIII morì al termine di un’agonia che commosse il mondo intero. Fu eletto Paolo VI che dovette fare i conti con un’opinione pubblica eccitata da ciò che leggeva sui giornali o ascoltava alla radio e alla TV. Fu una specie di trionfo dei media che riservavano uno spazio inedito ad avvenimenti ecclesiali, esposti peraltro a modo loro.
Il secondo periodo, dall’ottobre al dicembre 1963, fu più costruttivo e vide l’approvazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia (Sacrosanctum Concilium) e del Decreto sugli strumenti della comunicazione sociale (Inter mirifica).
Il terzo periodo, tra l’ottobre e il dicembre 1964, vide l’approvazione della Costituzione dogmatica sulla Chiesa (Lumen gentium); del Decreto sulle Chiese orientali cattoliche (Orientalium Ecclesiarum); del Decreto sull’ecumenismo (Unitatis redintegratio).
Il quarto e ultimo periodo, svolto come di consueto tra l’ottobre e il dicembre del 1965, vide l’approvazione del Decreto sull’ufficio pastorale dei vescovi della Chiesa (Christus Dominus); del Decreto sul rinnovamento della vita religiosa adatta alle circostanze odierne (Perfectae caritatis); del Decreto sulla formazione sacerdotale (Optatam totius); della Dichiarazione sull’educazione cristiana (Gravissimum educationis); della Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane (Nostra aetate); della Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione (Dei Verbum); del Decreto sull’apostolato dei laici (Apostolicam actuositatem); della Dichiarazione sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae); del Decreto sull’attività missionaria della Chiesa (Ad gentes); del Decreto sul ministero e la vita sacerdotale (Presbyterorum ordinis); della Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et Spes).
Appare evidente il fatto che nel corso del Concilio si siano formati due gruppi, uno di maggioranza e uno di minoranza, e che per ogni decreto, costituzione, dichiarazione da approvare i primi presentassero proposte molto avanzate, giudicate dagli altri talvolta come pericolose, perché non fondate sulla tradizione ecclesiale. Ci furono dure discussioni sulle parole, perché maggioranza e minoranza le impiegassero con lo stesso significato. Appare altresì evidente che il papa Paolo VI, che di fronte a Dio e alla Chiesa aveva la responsabilità di dare valore ai decreti del Concilio rendendoli esecutivi, abbia cercato di far convergere le esigenze giuste della maggioranza con quelle della minoranza conciliare, lasciando ciascuno libero di parlare, ma esigendo il rispetto delle convinzioni di tutti. Se giunse ad affermare di avere la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio» (29 giugno 1972) significa – tra l’altro – che in certi momenti le proposte apparivano divergenti. Perciò non è opportuno ripetere che alcuni tra i documenti conciliari sono avanzati perché hanno accolto le tesi progressiste, mentre altri sarebbero mediocri perché frutto di compromessi. I Padri conciliari sono stati coraggiosi accettando un rinnovamento che andava in profondità, ma in consonanza con la tradizione, ossia col criterio di verifica della bontà di qualunque tesi, essere cioè compatibile con quanto la Chiesa ha affermato fin dagli inizi (Nova et vetera).
Ritengo che ciascuno possa dire, appena ultimata la lettura dei documenti conciliari, che lì si trova raccolto il meglio di maggioranza e minoranza e che i Padri possano a buon diritto ripetere «Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso…» (At 15, 28).
PERCHE’ UN CONCILIO ECUMENICO
«La Chiesa oggi assiste ad una crisi In atto della società. Mentre l’umanità è alla svolta di un’era nuova, compiti di una gravità e ampiezza immensa attendono la Chiesa, come nelle epoche più tragiche della sua storia. Si tratta, infatti, di mettere a contatto con le energie vivificatrici e perenni dell’Evangelo il mondo moderno: mondo che si esalta delle sue conquiste nel campo tecnico e scientifico, ma che porta anche le conseguenze di un ordine temporale, che da taluni si è voluto riorganizzare prescindendo da Dio. Per cui la società moderna si contraddistingue per un grande progresso materiale, a cui non corrisponde un uguale avanzamento incampo morale. Di qui, l’affievolito anelito verso i valori dello spirito; di qui, la spinta verso la ricerca quasi esclusiva del godimenti terreni, che il progresso tecnico mette con tanta facilità a portata di tutti. E di qui anche un fatto del tutto nuovo e sconcertante: l’esistenza di un ateismo militante, operante su piano mondiale».
(Beato Giovanni XXIII, Costituzione apostolica Humanae salutis del 25 dicembre 1961 con cui indice il Concilio per l’anno successivo).
I Concili ecumenici nella storia della Chiesa
1 – Nicea 325 Contro Ario
2 – Costantinopoli I 381 Sullo Spirito Santo
3 – Efeso 431 Contro Nestorio
4 – Calcedonia 451 Contro i monofisiti
5 – Costantinopoli II 553 Contro i nestoriani
6 – Costantinopoli III 680-681 Contro il monoteismo
7 – Nicea II 787 Contro gli iconoclasti
8 – Costantinopoli IV 869-870 Contro Fozio
9 – Laterano I 1123 Questione delle investiture
10 – Laterano II 1139 Scisma di Anacleto
11 – Laterano III 1179 Norme sull’elezione del Papa e sulla disciplina del clero
12 – Laterano IV 1215 Condanna dei catari. Statuto dei giudei. Comunione annuale obbligatoria
13 – Lione I 1245 Deposizione Federico II. Aiuto ai cristiani d’Oriente. Appello per la difesa della cristianità dai Tartari
14 – Lione II 1274 Tentativi di unione con i Greci
15 – Vienne 1311-1312 Soppressione dei Templari.
16 – Costanza 1414-1418 Soluzione del “grande scisma”
17 – Basilea-Ferrara-Firenze 1431-1442 Concilio di unione con i Greci
18 – Laterano V 1512-1517 Contro il concilio scismatico di Pisa
19 – Trento 1545-1563 Di fronte alla Riforma, una nuova riforma della Chiesa
20 – Vaticano I 1869-1870 Costituzione dogmatica sulla fede. Infallibilità del Pontefice
21 – Vaticano II 1962-1965 “Aggiornamento” della Chiesa per evangelizzare il mondo moderno
Dossier: Quarant’anni dopo. Il Concilio Ecumenico Vaticano II
IL TIMONE – N. 48 – ANNO VII – Dicembre 2005 – pag. 36 – 38