Al contrario di quanto comunemente si dice e si insegna, la storia della Chiesa è grandiosa e bella. Ma viene infangata ampliando enormemente le colpe degli ecclesiastici, per nascondere la perversione dilagante nella nostra società
Quando la Chiesa precipitò nello scisma protestante, non pochi ecclesiastici si resero conto che bisognava cambiare. Che troppe cose non andavano bene. Che troppi sacerdoti, vescovi, cardinali e forse papi, davano scandalo con il loro comportamento libertino, incoerente, peccaminoso.
Talora con la loro ignoranza e la loro arroganza. Alcuni ecclesiastici parlarono apertamente, consapevoli che la Chiesa è fatta di uomini, che devono sempre riformarsi, richiamarsi ed essere richiamati. Eppure nessuno di loro disse che, sì, Lutero aveva ragione. No, Lutero utilizzava delle buone ragioni, come pretesti, non per riformare ma per rivoluzionare e distruggere.
Come hanno sempre fatto nei secoli eretici e settari. Anche san Francesco d’Assisi, ancora nel Medioevo, vide la sua Chiesa in grave crisi. E capì che coloro che la avversavano, ad esempio i catari (che erano nemici della vita e della famiglia), potevano fare leva, ancora una volta, sulle colpe di molti credenti. Si rimboccò le maniche e costruì l’ordine francescano. Senza ribellioni alla Chiesa, senza negare che essa fosse la sposa, per quanto velata, di Cristo.
Contrirsi delle proprie colpe è importante
Chiedere scusa, dunque, è importante. Lo ha fatto Benedetto XVI, riguardo ai sacerdoti pedofili. Anche se questo può aver dato la stura a molti per suonare la grancassa; per procedere in un’opera di strumentalizzazione volta a denigrare la Chiesa in quanto tale; per ampliare enormemente le colpe di ecclesiastici, nascondendo nello stesso tempo le ragioni più profonde di una perversione dilagante in vari settori della nostra società.
Bene fanno i cristiani a chiedere scusa. Non tanto a parole, però; non tanto in modo retorico, ufficiale, un po’ farisaico; non tanto per le colpe vere o presunte di altri, in passato; quanto nel loro cuore, perché capaci di riconoscersi sempre indegni del divino Maestro. Essere in colpa, come cristiani, è facile, tanto sono alte, difficili, per quanto splendide, le beatitudini evangeliche. Siamo veri e, nello stesso tempo, caritatevoli? Miti, umili e nello stesso tempo forti, coraggiosi? Dovremmo chiedercelo sempre, non come un esercizio formale; neppure per compiacere al mondo, come fanno tanti che guardano alla storia passata della Chiesa e degli altri cristiani con un certo senso di disprezzo e di superiorità.
Una storia luminosa
La storia della Chiesa ha duemila anni: più di qualsiasi altra istituzione terrena. Ed è storia di santi, di costruttori di ospedali, di missionari, di educatori, di martiri… è storia di cultura, di università, di arte, di cattedrali, di scienza, di poesia. Una storia che spesso non ci viene raccontata; che neppure i cristiani conoscono, e che anzi, con colpevole superficialità, buttano a mare in troppe occasioni. Una storia anche calunniata, dal tempo in cui Cristo fu presentato come un impostore, e i suoi discepoli come falsari, imbroglioni, incestuosi, adoratori di un asino, colpevoli persino degli incendi o dei terremoti. Nell’antica Roma, come nel Novecento sotto nazismo e comunismo, e oggi in India, in Africa, in Asia, i cristiani vengono accusati delle peggiori cose, falsamente. Di blasfemia, come Asia Bibi, di infanticidio, di tramare contro lo Stato. E vengono uccisi.
L’apologetica nacque per questo. Per spiegare ai pagani disposti ad ascoltare la verità su Cristo e sui fatti della Chiesa. Cristo stesso, in verità, avrebbe potuto fare una apologia di se stesso, davanti a Pilato, ma preferì tacere e farsi condannare. Così anche i cristiani, chiamati personalmente in causa, hanno spesso preferito tacere, di fronte alle accuse; hanno preferito, come molti martiri, “vincere soccombendo”; vincere sopportando in silenzio il peso delle calunnie e degli sputi, come Cristo.
Ma altri cristiani hanno preso sempre, in ogni tempo, la penna, per difendere non se stessi, ma le loro comunità, e soprattutto la bellezza del Vangelo. Per difendere dalle calunnie che allontanano tanti ingenui o semplici dalla Chiesa.
Necessità dell’apologetica
Oggi di una apologetica cristiana c’è estremo bisogno. Questo giornale è nato per questo. Non per dire che i cristiani sono tutti bravi; non per lodarsi. No, solo per ricordare a molti, affinché non cadano in inganno, che la storia della Chiesa cui appartengono non è l’insieme di nequizie inenarrabili che alcuni raccontano, ma una storia, per quanto nei limiti di ciò che è anche umano, grandiosa e bella. Perché la Chiesa è una istituzione divina, a cui Dio ha dato i mezzi, l’assistenza dello Spirito Santo e i Sacramenti per santificare la vita di innumerevoli persone. La Chiesa ha diffuso nel mondo idee totalmente nuove: la vera dignità dell’uomo, in quanto figlio di Dio; la vera libertà, nella verità; il rispetto per i bambini e la vita, la santità della famiglia, l’amore per i poveri e i derelitti. Da duemila anni questa istituzione, unica tra tutte, sopravvive, nonostante ci siano in essa persone che ne fanno parte solo nominalmente; persone che, come Giuda, tradiscono e danno scandalo. Anche questa è vera apologetica: ammettere senza paura che la miseria umana alberga ovunque, anche in tanti cattolici laici o ecclesiastici.
Quanti sono i santi che sono stati perseguitati da uomini di Chiesa? Che sono stati magari sospesi dall’Ordine che avevano fondato, da qualche Papa, per ignoranza o per cattiveria? Proprio quei santi ci dicono la santità della Chiesa: non solo la loro santità precedente alle ingiustizie, ma anche la loro umiltà, il loro piegare la testa sopportando ingiuste accuse e punizioni, per amore e nel sacrificio, sono frutti della Chiesa.
Cristo infatti ci chiede la Fede, tra le altre cose, proprio nella sua Chiesa. Quando era nell’orto degli Ulivi, o sulla Croce, certo qualche apostolo avrà dubitato: dove è, o Cristo, la tua divinità? Quando la barca era scossa dalla tempesta: dove è, o Cristo, la tua onnipotenza? Quando i figli della Chiesa vedono lo scandalo, il tradimento, la malizia di altri credenti, di uomini del clero, non solo devono ricordarsi di guardare anche alla propria miseria, ma devono anche ricordare che lo stesso Pietro, scelto da Cristo come fondamento della sua Chiesa, lo ha tradito tre volte. Devono ricordare che Tommaso non credette, prima di aver visto e che Giuda disperò.
Anche alle origini la Chiesa fu scossa, al suo interno, dallo scandalo, dal tradimento, dalla paura.
L’Onnipotenza ha scelto la debolezza degli uomini
Il fatto è che le sue vie non sono le nostre vie. L’Onnipotenza ha scelto la debolezza; la Divinità ha scelto di abitare un corpo carnale, sofferente, mortale; Cristo ha voluto che la santità della sua Chiesa stesse insieme alla miseria, talora immensa, incomprensibile, paradossale, dei suoi discepoli: «Santa e composta di peccatori» (Benedetto XVI). Spesso ci facciamo una domanda: dove è la mia fede, ora che soffro? Questa domanda vale anche per la Chiesa: dove è la tua fede nella Chiesa, ora che il tuo parroco ti si svela per ciò che è, un povero uomo e non un santo? Dove è la tua fede quando si viene a sapere che un vescovo è pedofilo? Dove è la tua fede quando ti raccontano che nel passato abbiamo avuto anche papi con le amanti, i figli e quant’altro? Una mistica francese del Novecento, Madelaine Delbrel, ha scritto: «Poiché sognavamo un Cristo-Chiesa trionfante agli occhi degli uomini, non sappiamo sempre ricordarci che il mistero di Cristo è il mistero della Chiesa, che sino alla fine dei tempi egli sarà il Salvatore umiliato, camuffato sotto uomini limitati e peccatori, e che dovremo riconoscerlo in essi». L’uomo di fede vede anche dove non si vede, spera
anche quando sembra che sperare sia impossibile; aspetta, attende con paziente fiducia, perché sa che il timone della storia, e ancora più, se possibile, quello della Chiesa, è nelle sue mani. Anche se ciò non toglie nulla al fatto che il peccato e lo scandalo dato dai pastori sia sempre grave di fronte a Dio e agli uomini. Infine è cruciale ricordare che quando la Chiesa chiede scusa non ammette una sua colpa, ma chiede perdono perché alcuni uomini di Chiesa hanno tralignato, tradendo proprio e per prima la Chiesa stessa ed il suo messaggio morale. â–
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«Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce». (Proverbio attribuito a Lao Tse)
Per saperne di più…
Vittorio Messori, Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana, Sugarco, 2006.
Francesco Agnoli, Indagine sul cristianesimo. Come si è costruito il meglio della civiltà, La
Fontana di Siloe, 2014.
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