Scrivo queste righe alla vigilia della messa in scena di uno spettacolo (?) teatrale che, a detta di molti, è gravemente offensivo nei confronti di Gesù Cristo e quindi blasfemo. Un a me del tutto ignoto regista si sta guadagnando l’onore della cronaca e un fuggevole momento di celebrità per una piece che prevede, tra altre scene, anche quella del lancio di oggetti e quant’altro contro un famoso dipinto del volto di Cristo, inequivocabile manifestazione della volontà di colpire il Figlio di Dio, checché ne smentisca l’autore. Una salutare risposta dei cattolici è annunciata in molte città italiane, reazione che – come si conviene a dei credenti – si concretizza soprattutto nella celebrazione di SS Messe e nella recita del Rosario per riparare l’offesa fatta a Dio. La quale, essendo pubblica, necessita, appunto, di una riparazione pubblica.
Così stanno le cose mentre scrivo.
Quando invece leggerete queste righe, il regista e il suo spettacolo (?) saranno molto probabilmente già stati seppelliti nel dimenticatoio da cui sono emersi. Nessuno, o quasi, si ricorderà di loro e – non è difficile immaginarlo – la storia che conta, l’autentica “maestra di vita”, non si degnerà di dedicare loro nemmeno un rigo delle sue pagine.
Perché scriverne, allora? Per una ragione elementare, che è questa: l’episodio in questione è l’ennesimo tassello – tassello, in verità, di modestissime dimensioni – di un puzzle ben più grande e complesso, che nel suo insieme illustra e richiama il vero senso della storia. Che altro non è – in soldoni – se non lo svolgersi di una guerra nella quale si fronteggiano una Donna e la sua stirpe, da una parte, e il Serpente con la sua, dall’altra. In quale schieramento si debbano collocare il regista con il suo spettacolo (?) è fuor di dubbio.
Una verità dimenticata, talvolta addirittura negata, ma che ogni cattolico desideroso di capire il senso della sua esistenza deve tener presente, perché egli stesso è coinvolto inevitabilmente – anche se molti, ahimè, lo sono in modo del tutto inconsapevole – in questo conflitto. Come è rivelato nella Genesi e come insegna da sempre la Chiesa.
Dio, l’Onnipotente, tollera che lo si offenda e lo si bestemmi, come avviene nello spettacolo (?) suddetto.
La reazione dei cattolici, con la preghiera di riparazione e come esige il bene comune, misura anche la consistenza del loro amore a Dio, a suo Figlio, alla Chiesa.
La tolleranza di Dio è prova di un amore sconfinato, inimitabile e della infinita misericordia che Egli riversa anche nei confronti di chi lo bestemmia, lo offende e oltraggia, in attesa con divina pazienza della sua conversione.
La fine di tutto è però già annunciata. A quanti amano il Signore, è destinato il Cielo. A quanti lo offendono, l’Inferno. Non si scappa.
I soli applausi che veramente contano non sono, qui, quelli consueti, previsti al termine di ogni spettacolo (quando è piaciuto), ma quelli che sentiremo scrosciare fragorosi come esplosione di gioia per gli eletti, nell’ultimo giorno, quando – per dirla popolarmente – si aggiusteranno i conti.
Chi avrà offeso Dio, e non si sarà pentito, i suoi applausi li ha già presi nel “mondo”. Come quelli che, tanti o pochi, si sentiranno probabilmente alla fine di quello spettacolo (?) blasfemo. Solo che all’Inferno saranno ricordati amaramente…
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