Il miracolo è un atto d’amore gratuito di Dio, che interviene nella storia dell’uomo per aiutarlo, sollevarlo, confortarlo, per assicurarlo del suo amore di Padre.
Intervista al cardinal José Saraiva Martins.
Anzitutto, Eminenza, dal suo punto di vista privilegiato: in quest’epoca a volte scettica e razionalista, i miracoli sono in aumento oppure diminuiscono? Dove si manifestano più spesso: al Nord o al Sud del mondo?
«Dall’osservatorio nel quale mi trovo, posso affermare che il miracolo è una costante che ci assicura della presenza amorosa di Dio nella storia. Sia nei casi clamorosi come le guarigioni inspiegabili, sia nei più ordinari interventi di Dio nel cuore dell’uomo, il miracolo è sempre un atto d’amore di Dio nella storia umana. Quantificare questa presenza amorosa tra Nord e Sud del mondo mi sembra piuttosto improprio, a meno che non si voglia accennare all’atteggiamento di pre-comprensione dell’intervento di Dio percepito da varie e articolate sensibilità nelle diverse aree geografiche del mondo. Ma, anche in questo secondo caso, la domanda è di natura sociologica in quanto tende a collocare nel Sud del mondo una facile credenza al meraviglioso, mentre al Nord una più razionale impostazione. Il miracolo non è un fenomeno analizzabile con queste categorie o comprensibile con questi criteri».
Dopo decenni in cui si sono sottoposti a una critica storicistica e distruttiva tutti i miracoli, compresi quelli di Cristo, adesso comunque la mentalità comune sembra più disposta ad accogliere la possibilità di un’irruzione straordinaria di Dio nella vita degli uomini. È d’accordo? Non c’è il pericolo di cadere nell’eccesso opposto, ovvero nel sensazionalismo fideista, nel credere ai miracoli come a una «magia»?
«Il miracolo non si definisce a priori come una breccia nelle leggi della natura, o come il prodotto di una mentalità primitiva, o come un genere letterario comune a tutte le religioni. Il miracolo ha senso soltanto nell’economia assolutamente gratuita della salvezza in Gesù Cristo, nella quale Dio si è rivelato all’uomo. Se si accoglie la persona di Cristo, si accettano i suoi miracoli. Orbene, l’accoglienza di Cristo e dei suoi miracoli come realtà storiche presuppone una serie di azioni, di atteggiamenti, di disposizioni interiori che in teologia si chiamano “precomprensioni della fede”. La critica storicistica e distruttiva di tutti i miracoli ha esaurito la sua potenza con la presunzione scientista di spiegare tutto. In un clima di riappropriazione delle radici stesse della fede, il popolo di Dio ha ripreso a stupirsi dinanzi alle meraviglie che Dio nel suo amore opera nella storia. È la vita stessa che viene celebrata come miracolo di Dio, la sua stessa presenza nella storia degli uomini, tanta è la sua potenza e il suo amore per noi. Nessun sensazionalismo fideista né trionfalismo magico in questa nuova coscienza, bensì una più matura sensibilità verso la presenza di Dio, Signore della storia».
I miracoli sono spesso additati come un ostacolo all’ecumenismo o comunque al dialogo con i cosiddetti «laici»; in ogni caso, nemmeno i preti li citano più volentieri. Forse inconsciamente crediamo che una fede «adulta» e «consapevole» potrebbe farne a meno… Che ne pensa?
«L’ecumenismo riguarda il dialogo tra i cristiani e in questa comune esperienza di fede gli altri fratelli cristiani esprimono lo stesso stupore della Chiesa cattolica dinanzi alle meraviglie di Dio. Basterebbe ricordare le grandi teofanie e i miracoli dei santi celebrati nelle Chiese orientali, in quella russa in particolare. Anzi, vi sono aspetti anche più partecipati che ci raccolgono intorno al culto di alcuni santi, noti per la loro taumaturgia. Quanto poi al miracolo come frattura nel dialogo con i laici, il segno di Dio può essere percepito unicamente all’interno di quella “precomprensione della fede” dove o si accettano Cristo e i suoi segni oppure lo si rifiuta, perché il miracolo è sempre e solo un evento ordinato alla salvezza dell’uomo. Che anche nei preti talvolta faccia difetto l’annuncio del miracolo, ritenuto espressione di una fede non adulta, non c’è da meravigliarsi. Basti solo ricordare la graduale e differenziata comprensione di Gesù che ebbero gli apostoli e i primi discepoli. E poi non mi risulta tutta questa diffidenza del clero intorno ai miracoli.
Alcune impennate teologiche possono sembrare dominanti, ma solo apparentemente. I sacerdoti che vivono quotidianamente a contatto con il mistero dell’Eucaristia sanno bene a quali profondità amorose si collocano i miracoli nella storia degli uomini. Soprattutto chi si dedica al ministero della riconciliazione e scende nelle profondità della miseria umana, conosce bene i miracoli delle conversioni.
Nel miracolo non tutto è fenomeno ed esteriorità. Spesso è l’interiore quello che conta».
Tutto sommato, i miracoli non sono strettamente «necessari» alla fede cattolica. Perché però, secondo lei, sono importanti?
«Anche qui vorrei ricordare quella “precomprensione della fede” a cui ho accennato. Il miracolo è un atto d’amore gratuito di Dio, che interviene nella storia dell’uomo per aiutarlo, sollevarlo, confortarlo, insomma per assicurarlo del suo amore di Padre. Percepire questa presenza amorosa di Dio è sommamente importante perché ti dona la certezza che il Signore governa e indirizza la tua storia.
Ma questo una mentalità razionalista non lo può accettare, anzi le sembra persino offensivo. Per un cristiano invece è la scoperta più sorprendente, più affascinante della sua vita».
Nei santuari si vedono sempre meno «ex voto», quei quadretti o cuori d’argento con cui i devoti ringraziavano «per grazia ricevuta». Come mai: perché non si chiedono più queste grazie o perché la gente è meno riconoscente di una volta?
«Non mi sembra che le cose stiano proprio così. O forse io sono venuto a contatto con moltissime realtà dove si continuano a vedere proprio le cose che talvolta sembrano essere messe in dubbio. Il santuario della Madonna del Soccorso nelle Filippine, per esempio, la Vergine di Guadalupe in Messico e altri santuari dell’America Latina, così come Lourdes e Fatima, Pompei, Assisi, Padova, la Madonna Nera in Polonia sono espressioni viventi di una riconoscenza altissima non soltanto per favori, grazie o miracoli ma anche e soprattutto per la rinascita della speranza che si osserva intorno a questi luoghi mariani. Quanto agli ex voto, forse essi sono da considerarsi espressioni di culture semplici e immediate. Oggi si sono convertiti in una preghiera più intensa, nelle gradualità della pacificazione e del perdono, nell’elemosina e nell’aiuto dei poveri; sono cioè cambiate le espressioni, ma la riconoscenza è sempre la stessa, anzi oggi appare persino più intensa».
I miracoli non esistono solo nel cattolicesimo. Come considerare questi eventi in altre religioni?
«Sì, i miracoli come segno dell’amore di Dio non esistono solo nel cristianesimo. Se ne raccontano numerosi anche nell’esperienza del popolo ebraico nell’Antico Testamento, ma pure in altri contesti religiosi estranei al giudeo-cristianesimo. Il
miracolo ha una sua fenomenologia e una sua funzione salvifica o sapienziale.
In ogni modo, solo nel Verbo incarnato appare in tutta la sua pienezza e in tutta la sua gloria il sigillo dell’opera di Dio».
Dossier: Il Miracolo
IL TIMONE – N.49 – ANNO VIII – Gennaio 2006 – pag. 42-43
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